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Verso un grande disincanto?

di Pierluigi Fagan

Il grande sociologo Max Weber condensò nel concetto di “disincanto” il cambio di atteggiamento tra uomini e mondo che segnò il passaggio dal medioevo al moderno. Col termine s’intendeva il “superamento di un’illusione”, nella fattispecie il superamento di un complesso di credenze magiche e subordinanti in favore di un più attivo ruolo dell'intenzionalità umana potenziato da razionalità e conoscenza.

Trasformando l’espressione di Lenin “un passo avanti e due indietro”, potremo provare a pensare queste rotture di bolle incantanti ed incatenanti, come “un passo avanti, uno indietro ed uno di lato”. Il passo avanti è la rottura dell’incantamento precedente. Il passo indietro è il venirsi a formare un nuovo incantamento come se questa posizione “magica” dell’essere umani prescindesse dal contenuto specifico, si può diventar soggetti ad incantamento anche di ciò che ha disincantato dal precedente incantamento. Ad esempio, dalla sostituzione della fede nella mano di Dio alla fede nella mano invisibile che riassume il passaggio tra medioevo e moderno, si finisce col ripristinare un incantamento per quanto si credesse di essersi disincantati.

La foto allegata è di un fast food in Cina che offre un servizio cyclette dimagrante mentre ti rimpinzi con il loro cibo chimico saturo di ingrassanti. Cos’altro spiegherebbe questa fine da pollo in batteria che condensa l’irrazionalità del moderno che pure ci aveva disincantato da spiriti e magie? Il passo di lato però, è quello che sposta il binario e quindi porta in nuove direzioni come accadde quando l’ordinatore medioevale religioso transitò a quello economico tipico del moderno, si apre una diversa strada. Ci si domanderà quindi nel post se e come l’effetto pandemia può rappresentare uno di questi passi di lato sotto uno specifico aspetto, quello della credenza nel nostro ordinamento “lavora-consuma-crepa”.

Un professore americano di una università texana ha di recente coniato l’etichetta “Great Resignation” (“resignation” sta per “dimissioni”, quando ti licenzi dal lavoro) che nel nostro mondo affollato di informazioni, fa “concetto” o forse solo “etichetta”. Si tratta di un fenomeno in formazione, forse ambiguo, senz’altro contradditorio e complesso, passibile però di un ipotetico passo di lato. Si tratta di una strana impennata nelle dimissioni volontarie dal lavoro occorsa negli Stati Uniti all’inizio di quest’anno. Allego qualche link per farsene un’idea. Soprattutto le generazioni di mezzo (millennials e Z), sarebbero state colpite da una “disconnessione sentimentale” con l’incantamento moderno partendo dal lavoro, ma forse anche dal consumo stante che comunque alla fine crepiamo comunque tutti.

Il fenomeno, si diceva, è ambiguo e complesso. Si contano come compresenti: disoccupazione, domanda di lavoro che non riscontra offerta (si pensi alla ristorazione o all’alberghiero) e per chi se lo può permettere, volontario allontanamento dal lavoro. Quest’ultimo può esser una scelta di vita più minimale (spendo meno, consumo meno, debbo guadagnare quindi lavorare meno, mi soddisfo in altro modo e pure meglio) oppure in vista di un lavoro migliore ma su questo migliore c’è complessità. Può esser un semplice miglioramento di mansioni e status nonché retribuzione, ma pare più spesso una diversa organizzazione del tempo con alternanza tra presenza in ufficio e casa, minor tempo complessivo di lavoro, svalutazione del senso umano nel lavoro in favore di riallocazione di senso umano nella vita non retribuita da denaro in cambio di prestazioni. Magari retribuita con prestigio, considerazione, affetto, amore, stima, reputazione sociale o altro.

Se di fenomeno si tratta, sembra possibile rinvenirne tracce in US, non meno che in Cina, Giappone, Europa, sia quanto ad indicatori statistici generali, sia quanto ad indicatori statistici specifici di ricerche focalizzate sull’argomento. In breve, queste generazioni di mezzo, soprattutto quelle del medio/medio-alto sociale, sembrano defezionare dall’incantamento “lavora-consuma” sebbene con giudizio. L’articolo allegato (Bloomberg) cita un atteggiamento giapponese detto “satori” (i risvegliati buddisti dai richiami del mondo materiale), per il quale giovani professionisti nel campo delle nuove tecnologie, limitando il guardaroba a quattro T-shirt e quattro camicie a maniche lunghe, sabotano di fatto il lato consumo del meccanismo incantante.

Ripeto, qui si tenta solo di segnalare un possibile fenomeno da approfondire, colto nel mentre si sta formando poiché tutto questo, sebbene covato da un po’ di tempo, si sarebbe cominciato a manifestare con la pandemia. Poiché molti si dedicano ad osservare Grandi Reset e altri fenomeni inquietanti è però realistico ed utile anche osservare come reagisce o reagirà la società che è sempre più complessa dei disegni di ingegneria sociale che qualcuno sopra vi fa. L’eterogenesi dei fini (conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali ovvero il diavolo fa le pentole ma non i coperchi) vale come principio in questo argomento, in generale. La pandemia potrebbe svolgere, tra i tanti effetti, anche una funzione di disincanto?

Di base senz’altro possiamo dire che ha proposto un forte ritorno del principio di realtà, la pandemia è un “fatto” ed il fatto stesso che alcuni ne rifiutano nevroticamente la fattualità con contro-narrazioni “magiche”, inscalfibili in quanto magiche, ne conferma il portato ansiogeno difficile da gestire. È un fatto di per sé disincantante come sempre accade quando la realtà irrompe in una bolla incantata. Il tenore del fatto allude alla morte, alla malattia, all’imprevedibilità, all’incertezza, all’insicurezza, al senso dell’esistenza, alla non chiara razionalizzazione, alla sfiducia istituzionale, ad un sempre più ampio scetticismo generalizzato, al rischio continuo (non solo quello sanitario), ad una perdita di riferimenti esterni per resettarsi su quelli in nostro controllo che sono interni. Insomma, del canto esistenziale del moderno, batte forte sul tasto “crepa” così che le dolci melodie incantate ed incatenanti del “lavora e consuma” risultino meno suadenti.

Penso soprattutto al consumo, sarà interessante studiare ex post gli effetti sul consumismo non ovviamente quanto ai dati duri dato che le modifiche dei comportamenti (lockdown, mascherine, distanziamento etc.) ovviamente impattano, ma su quelli morbidi. Sappiamo tutti che la “brama di consumo” è una irrazionalità tardo moderna, una volta interrotta la potenza della bolla, la si potrà mai ripristinare o come quando ti disinnamori, sai che non tornerai mai ad incantarti di quella persona, la magia è persa per sempre?

Davvero si può far lavorare sempre di più pagando sempre di meno e senza diritti in un mondo che tra cataclismi sanitari, ecologici, climatici, geo-politici, migratori, tecnologici accompagnati dall’implosione del politico e dell’economico con relativa vociante suburra di disordine culturale, senza che alcuni individui comincino a far il fatidico “passo di lato” defezionando dall’incantamento? In genere, la storia risponde di “no”, non è possibile, non funziona così.

Questo è un esempio di quella “analisi sociale” che sembra oggi pochi si dedicano a fare. Anche perché, cifra dei tempi, è quel misto di imprevedibilità, rischio, velocità di fenomeno, pluralità ed intreccio dei fenomeni, non località che sovvertono le griglie analitiche ed interpretative. Stante che ovviamente i sacerdoti del tempio dell’Ordinatore negano e spingono a negare ogni previsione di “nuovo sostanziale”. Sintomatico, ad esempio, il caso di un settimanale del gruppo Dow Jones in cui una tizia giustifica il fenomeno americano delle tante dimissioni registrate di recente nel mercato del lavoro americano invocando l’insanità mentale da Long Covid. Quando manca offerta di lavoro, agli imprenditori non rimane che aumentare le paghe e questa è tragedia dal loro punto di vista.

Insomma, volevo solo fornire lo spunto ad osservare qualcosa che potrebbe essere o non essere o essere non così come appare, uscendo dalla noiosa lamentazione auto-castrante in cui va sempre tutto peggio in direzione certa di un destino distopico assoluto. Genere che in periodi confusi, va per la maggiore.

Nel flusso di realtà, oltretutto nelle transizioni storiche come quella in cui siamo incappati, ci sono sempre pieghe e nelle pieghe si nascondono contraddizioni che danno vita a contro-movimenti. Semmai qualcuno di peritasse di dargli luce, magari si riuscirebbe a portare il flusso di realtà da qualche parte diversa di dove qualcuno s’immagina di poterlo portare stante che nessun diavolo ha mai imparato a fare i coperchi.

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Spunti: https://en.wikipedia.org/wiki/Great_Resignation
Bloomberg: https://www.bloomberg.com/.../why-people-are-quitting...
Corsera: https://www.corriere.it/.../dalla-great-resignation-anti...
la voce.info: https://www.lavoce.info/.../la-ricerca-di-una-vita.../
poi potete anche digitare l'etichetta del fenomeno sul motore di ricerca ad approfondire a piacere. 

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