Print Friendly, PDF & Email

kriticaeconomica

Il sistema pensionistico è sostenibile se lo è anche il mercato del lavoro

di Alessandro Guerriero

Vi proponiamo un resoconto dell’evento “Mercato del lavoro e sistema pensionistico: criticità e prospettive” organizzato dall’Università degli studi Roma Tre, facoltà di Economia. L’intervento integrale è disponibile sulla pagina YouTube della facoltà

Nel dibattito economico mainstream sembra che la questione dell’insostenibilità del sistema pensionistico italiano si possa risolvere soltanto tagliando le pensioni a chi ha lavorato per anni e anni. Spesso economisti e politici hanno risollevato lo scontro generazionale tra giovani e anziani, affermando che bisognerebbe togliere ai secondi per dare ai primi.

Per fortuna esiste una risposta differente rispetto a questa: una risposta nella quale piuttosto lo scontro diventa di classe. Secondo questa differente visione, se il sistema pensionistico è in affanno, è perché da anni in Italia esiste la convivenza dannosa di salari bassi e disoccupazione alta.

Una possibile spiegazione dell’insostenibilità delle pensioni che va in questo senso è stata affrontata dal Presidente dell’Inps Pasquale Tridico in una conferenza presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tre, dal titolo “Mercato del lavoro e sistema pensionistico: criticità e prospettive”.

Il proposito di Tridico è stato proprio quello di approfondire il tema della sostenibilità del sistema pensionistico italiano, mostrando che essa non potrà sussistere senza la sostenibilità del mercato del lavoro, soprattutto in Italia dove vige il sistema contributivo per tutti i lavoratori a partire dalla riforma Fornero.

In primo luogo, il professore ha evidenziato che da un’analisi dei bilanci tecnici delle gestioni dell’Inps, sulla base di ipotesi condivise con il Ministero dell’economia e finanza (MEF), da un avanzo di 12,5 miliardi di euro prima della pandemia, si arriverà ad un patrimonio netto negativo di oltre 90 miliardi di euro nel 2029.

Il risultato di esercizio dell’Inps tra il 2020 e il 2021 era infatti già in negativo, proprio perché con l’avvento della pandemia l’Inps ha dovuto erogare la cassa integrazione straordinaria e altre misure assistenzialistiche.

Ci sono poi numerose cause degli squilibri del sistema pensionistico italiano. La prima è la dinamica demografica e l’allungamento della speranza di vita. In Italia ci sono 179,3 anziani ogni 100 giovani. Di conseguenza, una popolazione già tra le più anziane d’Europa e che diventa ancora più anziana per la bassa natalità, crea problemi alla sostenibilità delle pensioni. Fa riflettere il fatto che nel 1951 la fascia d’età 0-29 rappresentava il 51,6% della popolazione, mentre nel 2019 quasi la metà, ovvero il 28,5%. L’aumento della speranza di vita è da associare anche al miglioramento del welfare in Italia in prospettiva storica.

Un altro problema in Italia è l’elevato livello di spesa pensionistica, dovuta alle regole di accesso di calcolo più generose in passato rispetto ad ora. Inoltre, una bassa crescita economica negli anni non ha portato adeguate entrate contributive per bilanciare questa situazione.

Al di là delle solite spiegazioni sulle problematiche pensionistiche, Tridico ne aggiunge altre meno note, ma di grande rilievo. Infatti, la tesi sostenuta da Tridico è che molto dipende dalla situazione del mercato del lavoro: la flessibilizzazione e la precarizzazione dei lavoratori, insieme al passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ha penalizzato quei soggetti che hanno carriere discontinue (aumentandone anche il numero), come le donne, i giovani e i lavoratori del Sud. Pertanto, gli squilibri devono essere cercati a monte (mercato del lavoro) e non a valle (pensioni).

È da considerare poi che gli squilibri demografici e le riforme del mercato del lavoro porteranno ad un aumento della domanda di welfare, proprio perché una popolazione più anziana ha bisogno di una maggiore assistenza sanitaria. Anche la spesa assistenziale aumenterà, perché servirà maggiore protezione per quelle persone colpite dagli effetti negativi della flessibilizzazione del mercato del lavoro, come il lavoro precario e la maggiore facilità di licenziamento. Le disuguaglianze già esistenti tra Nord e Sud, tra uomini e donne, si riprodurranno poi in quelle pensionistiche.

Infatti, solo il 18% degli uomini ha un lavoro part-time, contro il 45% delle donne, spesso involontario. Anche il lavoro con contratto a tempo determinato è aumentato negli anni, e le donne ne hanno sofferto di più, con un’incidenza del 20%.

Infine, i salari in Italia rimangono “da fame”, oltre a non crescere più dagli anni ’90. Aumentano i cosiddetti working poor, cioè le persone che, pur lavorando, sono in una condizione di povertà.

La disoccupazione, la disuguaglianza, la precarizzazione e i salari bassi, il frutto delle scelte economiche degli ultimi trent’anni, incidono molto sulla sostenibilità delle pensioni. Se i lavoratori che finanziano le pensioni sono pochi, con contratti determinati e con salari bassi, allora il sistema pensionistico pian piano andrà al collasso. È per questo che si deve intervenire con delle politiche economiche espansive. Tridico propone un esempio: se ci fosse un aumento del 4% annuo della forza lavoro pubblica nei prossimi 15 anni, si potrebbe invertire la tendenza del disavanzo strutturale futuro dell’Inps, aumentare i dipendenti pubblici in relazione alla popolazione (questo dato in Italia è più basso, a dispetto di quanto si pensi, rispetto a quasi tutti i Paesi avanzati, compresa Francia, Regno Unito e Stati Uniti). Oltre a contrastare gli effetti negativi del turnover dei prossimi anni.

Tridico ha poi spiegato che spesso sono i poveri a pagare le pensioni ai ricchi. Infatti, dividendo l’aspettativa di vita per quintili di reddito pensionistico è possibile notare una differenza di quattro anni. Lo stesso vale suddividendo la popolazione in operai, impiegati e dirigenti: infatti, l’aspettativa di vita sale all’aumentare del reddito e della posizione lavorativa. Proprio per questo, secondo Tridico, si dovrebbe pensare ad avere dei coefficienti diversi per calcolare l’anno in cui si potrà andare in pensione, differenziati per livello di inquadramento di lavoro o per reddito.

La proposta di maggior rilievo del Presidente Tridico è quella del salario minimo, che secondo la Commissione Europea deve essere stabilito tra il 50% del salario medio e il 60% del salario mediano, ovvero i 9 euro che sono stati indicati in una recente proposta di legge da parte di Nunzia Catalfo, ex ministro del lavoro. Il salario minimo, come mostrano l’esperienza tedesca e gli studi del Nobel David Card, non ha un effetto significativo sull’occupazione. In compenso, garantirebbe una vita più dignitosa a tanti lavoratori (il 26% secondo i dati Inps illustrati da Tridico).

Tridico ha illustrato altre otto proposte di policy:

  1. Invertire la scarsa dinamica demografica, sostenendo anche economicamente famiglie con figli, incrementando la disponibilità e l’accessibilità degli asili nido, e favorendo la conciliazione lavoro-famiglia (ad es.: smart working). Rafforzare lo sconto contributivo per l’accesso a pensione, pari a 4 mesi per ogni figlio nel contributivo, portandolo ad 1 anno.
  2. Rafforzare e prolungare il congedo di paternità obbligatorio e introdurre uno sgravio contributivo di 3 anni per le donne madri che rientrano in azienda dopo il parto, combattendo così il cosiddetto fenomeno delle “dimissioni in bianco” e anzi incentivando così le assunzioni di donne.
  3. Rafforzare il pubblico impiego, che sconta 10 anni di blocco del turnover, con una forte ripresa delle assunzioni, costante per i prossimi 10 anni, rivedendo, dove possibile, anche i meccanismi che consentono ancora situazioni differenziate e privilegiate di accesso a pensione per i dipendenti pubblici.
  4. Rivedere le regole relative ai lavoratori autonomi, costantemente in uscita, con pochi ingressi nel mercato del lavoro, con accompagnamenti anticipati a pensione che durano anche 10 anni rispetto all’età pensionabile di 67 anni.
  5. Introdurre sgravi contributivi selettivi per le aziende e politiche di incoraggiamento verso i giovani, quali il riscatto gratuito della laurea e dei periodi di formazione.
  6. Pensione di garanzia, come pensione di base che nel regime contributivo, in assenza dell’integrazione al minimo, possa evitare di ridurre in povertà soggetti con carriere discontinue e lavori precari e, quindi, con un montante contributivo insufficiente.
  7. Politiche del lavoro volte a favorire l’incremento della base imponibile con una più incisiva lotta alla evasione e all’elusione contributiva, attraverso la costruzione di indicatori di affidabilità contributiva, il rafforzamento della vigilanza documentale e la penetrazione dei dati che possono essere oggi costruiti attraverso sofisticate analisi e intelligenza artificiale, contemperando il rispetto della privacy con la lotta alle frodi e all’evasione.
  8. Valutare altre fonti di contribuzione da applicare alle aziende e alle corporation digitali, con bassa intensità di lavoro ed alta intensità di capitale e utilizzo di nuove tecnologie.

E l’Europa? Rispondendo a una domanda di chi scrive questo articolo, Tridico ha affermato che di certo le regole fiscali europee, così come sono, non permettono la realizzazione delle proposte illustrate nella conferenza. Tuttavia, ha evidenziato che durante la pandemia c’è stato un allentamento dell’austerità con la sospensione delle regole fiscali europee che probabilmente non torneranno più in vigore, almeno nella forma che conosciamo oggi.


Nota: I dati presentati provengono dalle parole del Presidente Tridico e quindi dallo stesso istituto che presiede, ovvero l’Inps.

Add comment

Submit