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Ti armo

di Enrico Euli

L’Occidente parla di negoziati e di pace ma arma gli ucraini e si riarma. Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla. Questo è purtroppo è il pacifismo dei bellicisti. Ma se fossimo non violenti solo verso chi è pacifico, chiede con coraggiosa lucidità Enrico Euli, dove starebbe la nonviolenza? Intanto, “in continuità con il totalitarismo ideologico mostrato nella pandemia, si procede – sul fronte interno – a criminalizzare tutti coloro che non stanno apertamente dalla nostra parte…”

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Mentre blatera di negoziati e invoca la pace, l’Occidente arma gli ucraini e si riarma. La Germania stanzia 100 miliardi per rafforzare il suo esercito (ce ne ricorderemo quando sorgerà un nuovo Hitler?). L’Europa non si scompone nell’utilizzare i suoi “Fondi per la Pace” per fornire “armi letali” ai difensori di Kiev. Volodymyr Zelenski invita a costituire una Coalizione contro la Guerra, per proseguire a farla. Orwell realizza compiutamente il suo incubo neolinguistico.

Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla, contano solo le azioni e i fatti (compiuti).

Lo sa bene Vladimir Putin, che non si fermerà prima di aver occupato tutta la fascia che confina con la Russia, di aver ricongiunto la Crimea alle repubbliche separatiste, di aver preso il Palazzo di Kiev. Le trattative, al momento, sono ancora una volta solo apparenti, inutile illudersi. La logica della guerra, quando è avviata, non si ferma: né per pietà né per calcolo. Putin otterrà tutto quel che vuole. Tutto quel che avrebbe ottenuto comunque, ma senza spargimenti di sangue, se i nazionalisti ucraini non si fossero opposti militarmente.

La visione più deprimente per me è scorgere il nostro nuovo tifo per ucraini che combattono per interposta persona – noi li armiamo, loro stanno al fronte – che si arrabattano a costruire trincee e produrre molotov (che produrranno soltanto un ulteriore bagno di sangue quando i russi avanzeranno ineluttabilmente tra le strade e dentro le case). Questo è purtroppo il “pacifismo”: il “si vis pacem” dei bellicisti che corre insieme alla giustificazione della guerra e della violenza per chi si difende contro chi aggredisce. Ma se fossimo non violenti solo verso chi è pacifico, dove starebbe la nonviolenza?

In continuità con il totalitarismo ideologico mostrato nella pandemia, si procede infine – sul fronte interno – a criminalizzare tutti coloro che non stanno apertamente dalla nostra parte, che non si dissociano dal mostro-nemico di turno, che non si pentono di averlo sostenuto (ma quanti dovrebbero finire sul banco degli imputati, allora? Tra parentesi, molti di coloro che accusano coll’indice puntato sono gli stessi che stavano dietro alla Russia sino a pochi mesi fa…). Il caso di Valerij Abisalovič Gergiev alla Scala è sintomatico: un grande direttore d’orchestra viene cacciato perché è un nazionalista russo filo-putiniano. E cosa c’entra con la sua arte? E noi allora, non siamo divenuti (quasi) tutti “Fratelli d’Italia”? Allora dovremmo non far scrivere o suonare nessun sostenitore del fascismo o della violenza, non leggere i loro libri, non ascoltare le loro musiche? Il politicamente corretto, che nasconde scorrettezze ben più profonde e condivise, trova qui il suo assurdo apice anti-storico, anti-ideologico (e massimamente ideologico). Anche questa si chiama guerra, violenza, terrore.

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