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volerelaluna

Armi all’Ucraina?

di Tomaso Montanari

È purtroppo evidente che, di fronte all’invasione russa, ogni scelta sembra sbagliata: e quel che resta della coscienza democratica occidentale non sopporta di non fare nulla di fronte alle immagini delle città devastate dalla guerra.

Ma il problema è cosa fare: mentre le tanto annunciate sanzioni economiche avanzano con troppa lentezza, l’Occidente, e con lui l’Italia, decide il riarmo di Kiev. Il fantasma dell’Unione Europea, colpevolmente assente nella gestione politica della crisi che ha condotto alla guerra, si materializza così nel peggiore dei modi: nel ruolo, cioè, di fornitrice di armi. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell ha detto che armeremo le forze ucraine per sostenerle «nella loro eroica battaglia». Così, dopo essere stati incapaci di fare la pace, gli europei vogliono provare a fare la guerra, naturalmente attraverso i corpi dei soldati e dei civili ucraini.

Dal discorso di Draghi a un Parlamento come al solito di fatto esautorato, alla retorica bellica di Enrico Letta, all’editoriale del Corriere della sera che lamenta che «noi occidentali stiamo perdendo la potenza delle armi perché non sopportiamo più di subire perdite in una guerra convenzionale.

All’epoca dei nostri nonni un caduto in famiglia era motivo d’orgoglio, oggi è considerato inaccettabile»: ci stiamo mettendo l’elmetto, e spediamo migliaia di soldati al confine ucraino.

Se è giusto, oltre che compatibile con la nostra Costituzione, inviare in Ucraina «equipaggiamenti militari non letali di protezione», e cioè mezzi di difesa, è invece un grave azzardo aver deciso di mandare armi letali di offesa. Perché dall’Unione Europea, e dall’Italia, ci si aspetta ora che lavorino ventre a terra per la pace, non che alimentino anch’esse la guerra. Si dice che dobbiamo aiutare la resistenza ucraina: anche qua, è difficile e penoso provare ad articolare un pensiero a migliaia di chilometri di distanza e nelle nostre case (per ora) sicure. Ma siamo sicuri che, se riguardasse l’Italia, vorremmo armi per prolungare di qualche giorno l’ineluttabile resa a una potenza così più grande? I maschi paramilitari che da giorni gongolano in tv con la bava alla bocca (perché finalmente vedono una guerra vera da vicino) ci dicono che non è il momento del dialogo, perché bisogna rendere a Putin il boccone più indigesto, per poi strappare di più ai negoziati. Ma tacciono sul prezzo: migliaia (forse decine o centinaia di migliaia) di militari e civili ucraini straziati, con in mano le nostre armi: per guadagnare un po’ di tempo. Chiederemmo per noi stessi quel che stiamo offrendo agli ucraini che diciamo di voler aiutare? Non lo so, me lo chiedo: ma è davvero inquietante la ferrea sicurezza guerriera dei nostri politici di cartone.

Di sicuro c’è che dare armi all’Ucraina senza fare anche più diplomazia, senza dialogare subito, senza immaginare e compiere anche gesti clamorosi è contro lo spirito, se non contro la lettera, dell’articolo 11 della Costituzione: non possiamo abbracciare la guerra come unico rimedio alla guerra.

Lo stesso Governo con l’elmetto ha evacuato l’ambasciata italiana da Kiev a Leopoli: ma invece in quell’ambasciata doveva volare lo stesso ministro degli Esteri, con tutti i suoi colleghi europei. È lì che – oggi stesso – dovrebbe riunirsi la stessa Commissione Europea in carne ed ossa, con i capi di Stato e di governo: come segno potente di vicinanza e di interposizione simbolica. Ma i capi dell’Occidente pensano di cavarsela più a buon mercato, e senza rischiare direttamente: e senza terremotare più di tanto un’economia globale legata mani e piedi alla Russia di Putin, fino a ieri ottimo partner di affari.

Armare il popolo ucraino è un calcolo cinico travestito da solidarietà, un gesto irresponsabile che rischia di essere drammaticamente sbagliato: perché prolungare e aggravare una guerra dall’esito purtroppo scontato, può aprire la strada a esiti che non lo sono per nulla. Buttare benzina su questo fuoco, infatti, può condurre – quasi meccanicamente, senza che nessuno davvero si renda conto di ciò che sta innescando – a una terza guerra mondiale, e al conflitto nucleare. Cioè alla fine della vita sulla terra. Fino a mercoledì scorso i nostri onnipresenti esperti di geopolitica giuravano che l’invasione non ci sarebbe stata: ora gli stessi santoni giurano che non c’è rischio nucleare. Vorrei potermi fidare, di loro e del ceto politico occidentale: ma l’impressione è quella di essere guidati da ciechi che seguono altri ciechi. Tutti rigorosamente con l’elmetto.

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