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seminaredomande

No ai missili nucleari nel nostro Paese

L’Italia è un paese fuorilegge!

di Francesco Cappello

Nel '75 abbiamo ratificato, insieme ad altri paesi, il trattato di non proliferazione nucleare che ci vieterebbe di detenere sul territorio nazionale ordigni atomici. Ebbene, ad Aviano e Ghedi si trovano i B61, missili a testata nucleare che stanno per essere sostituiti, nel prossimo mese delle rose, con i più moderni e micidiali B61 12 (da 70 a 90 bombe), non inerziali, guidabili sull’obiettivo, in grado di distruggere i bunker dei centri di comando del “nemico”.

Quattro volte più potenti della bomba di Hiroshima, possono essere portati sull’obiettivo da aerei caccia F-35 Joint Strike Fighter, i cui piloti vengono oltretutto addestrati nelle nostre basi.

I B61 sono missili a gittata intermedia, appartenendo alla categoria dei cosiddetti euromissili, dapprima cruise e pershing, oggi B61 12, ossia a raggio intermedio (da 500 a 5500 km di gittata). Gli euromissili che erano stati proibiti grazie al trattato INF, nato dall’accordo tra Reagan e Gorbaciov nell’87, sono stati recentemente riabilitati in seguito al definitivo ritiro statunitense dall’accordo, il 2 agosto del 2019.

Se deteniamo, e anche illegalmente, armi nucleari, questo ha come conseguenza che, grazie alla testa calda di Draghi, siamo ora un paese oggetto di possibile RITORSIONE NUCLEARE!

Il 22 gennaio 2021, avendo raggiunto le 50 ratifiche – era entrato in vigore il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari TPNW (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons) che era stato votato all’ONU, a grande maggioranza, nel luglio del 2017. In Europa è stato ratificato solo da Austria, Irlanda, Santa Sede, Malta e San Marino. Un pò pochino…

L’Italia, formalmente non nucleare, avendo, in realtà concesso da decenni il proprio territorio per lo schieramento di armi nucleari Usa, ne ha rifiutato, già nel 2017, la ratifica (1). Una decisione presa evitando “prudentemente” di consultare il volere della popolazione. Il TPNW è stato, inoltre, coerentemente e significativamente boicottato da tutti e trenta i paesi della Nato e dai 27 dell’Unione europea, 21 dei quali sono paesi appartenenti alla “alleanza nucleare” NATO.

Fornire armi a paesi in guerra è espressamente vietato dalla Legge 185/1990: “Norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. che all’articolo 6a afferma che:

L'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite,fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri,da adottare previo parere delle Camere;

 

Warfighting – Pronti alla guerra…

Fornire armi e uomini, come sta facendo il nostro Paese, ci rende responsabili del prolungamento della guerra. Essi non possono cambiare le sorti della guerra ma ne incrementerebbero il costo in termini di danni e in perdite di vite umane.

Legionari e leva obbligatoria?

La guerra è l’occasione per rinnovare lo stato di emergenza. Il Consiglio dei Ministri ha adottato all’unanimità con il cosiddetto “decreto Ucraina” una serie di provvedimenti relativi alla crisi, finalizzati al dispiegamento di aiuti umanitari e militari autorizzando l’invio di soldati e mezzi militari.

Carmine Masiello, sottocapo di Stato Maggiore, nell’euforia generale, propone la “Verifica dei titoli di idoneità” per i nati dal 1990 al 2003, tenuti, secondo il generale, a presentarsi nel più vicino distretto militare in barba alla legge che stabilisce che “le chiamate per lo svolgimento del servizio obbligatorio di leva sono sospese a decorrere dal 1° gennaio 2005”.

In una circolare dello Stato maggiore dell’Esercito del 9 marzo, in riferimento ai “noti eventi” e alle “evoluzioni sullo scacchiere internazionale” ci si propone di tenere pronti e addestrati i soldati alla guerra, valutare con attenzione i congedi anticipati, tenere i reparti in prontezza operativa “alimentati al 100%”, addestramento “orientato al warfighting“, “provvedere affinché siano raggiunti e mantenuti i massimi livelli di efficienza di tutti i mezzi cingolati, gli elicotteri e i sistemi d’arma dell’artiglieria“.

Recentemente all’aeroporto civile Galileo Galilei di Pisa un gruppo di lavoratori ha denunciato il gravissimo camuffamento di voli “umanitari” carichi di beni di prima necessità, per il soccorso della popolazione civile ucraina, con casse piene zeppe di armi, munizioni ed esplosivi che i lavoratori si sono giustamente e meritoriamente rifiutati di caricare. (vedi: https://www.usb.it/index.html)

Ecco le dichiarazioni e le richieste da parte dei lavoratori aeroportuali per tramite della loro Unione Sindacale di Base – Federazione di Pisa:

Denunciamo con forza questa vera e propria falsificazione, che usa cinicamente la copertura “umanitaria” per continuare ad alimentare la guerra in Ucraina

Chiediamo:

1) alle strutture di controllo del traffico aereo dell’aeroporto civile di bloccare immediatamente questi voli di morte mascherati da aiuti umanitari”;

2) ai lavoratori di continuare a rifiutarsi di caricare armi ed esplosivi che vanno ad alimentare una spirale di guerra, che potremo fermare solo con un immediato cessate il fuoco e il rilancio di dialoghi di pace;

3) alla cittadinanza di partecipare alla manifestazione di sabato 19 marzo di fronte all’aeroporto Galilei (ore 15) sulla parola d’ordine “Dalla Toscana ponti di pace, non voli di guerra!”.

Il risultato di un’Italia ed una Unione europea pienamente coinvolte nella comune dimensione bellica hanno indotto la Russia ad inserire il nostro paese e la Ue nell’elenco dei paesi ostili. Un bel risultato. L’Ue, per la prima volta, è entrata in una logica di scontro con una grande potenza nucleare. Tutto ciò sembra suggerire un rafforzamento della Ue sul versante militare verso la costruzione di un esercito comune europeo. Il progetto comporta un incremento delle spese militari secondo i voleri della NATO (più di 10 miliardi per l’Italia). In tale direzione sembra andare il programma di acquisti, firmato un anno fa per l’Italia da Guerini – l’Air Battle Decisive Munition – un patto fra 14 Paesi europei.

Un vero movimento contro il sistema di guerra dovrebbe opporsi, tutti i giorni, ai missili nucleari nel nostro Paese, infestato di basi militari straniene, USA-NATO. Invece di incitare alla guerra contro la Russia dovremmo, in osservanza dell’articolo 11 della Costituzione – secondo cui la guerra è possibile solo come strumento di difesa – dichiararci neutrali e mediare tra le parti, chiedendo piuttosto un congresso internazionale di pace.

Necessaria una mobilitazione permanente e crescente di un ampio fronte capace, in ciascun paese e a livello internazionale, di imporre scelte politiche per il passaggio dal warfare al welfare universale, per la denuclearizzazione e per l’uscita dal sistema di guerra, vicolo cieco evolutivo dell’umanità.

Fare presto e bene perché si muore, diceva Danilo Dolci.


Note
(1) NEL 2017 insieme al rigetto del Trattato Onu sulla abolizione delle armi nucleari, si è registrata la firma dell’Appello Ican – l’organizzazione premio Nobel per la pace nel 2017 – da parte di 240 parlamentari (molti PD e 5S tra cui l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio) che promuoveva l’adesione dell’Italia al Trattato Onu. L’appello firmato dopo demagogiche declamazioni è naturalmente rimasto lettera morta. Oggi più che mai si mostrano praticamente tutti concordi nel legare l’Italia alla sempre più pericolosa politica nucleare della Nato.

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