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sinistra

Pensare i nichilismi

di Salvatore Bravo

Il nichilismo non è un destino, ma una condizione storica, tale precisazione è banale, ma necessaria per pensare l’attuale assetto filosofico dell’Occidente. Pensare il nichilismo significa rintracciarne le cause strutturali per poter uscire indenni dal fatalismo. Senza un’operazione archeologica e filosofica il nichilismo si naturalizza, fino a diventare la normalità del male. Ciò che è giudicato “normale” non è pensato, per cui può continuare a produrre i suoi guasti e le sue tragedie antropologiche, sociali ed ambientali. Il grande successo dei movimenti verdi con a capo l’adolescente svedese “Greta Thunberg” applaudita per essere volgarmente usata dai poteri forti e dai padroni con i loro servi è la verità-falsa del nostro tempo: si inneggia a ciò che consente al nichilismo di perpetuarsi, lo si ammanta di verde e di ambientalismo, ma resta nichilismo. Si vogliono curare i sintomi senza toccare le cause con il filtro del logos e della prassi. Si usano le nuove generazioni, e non solo, come un nuovo esercito che, mentre contesta, riafferma la sopravvivenza del consumo totale in salsa ambientale.

La verità del nichilismo deve restare schermata, in modo che nessuno la veda con gli occhi della mente e la concettualizzi. L'ápeiron è il nichilismo non riconosciuto, l’illimitatezza è la verità abissale del modo di produzione capitalistico, deve abbattere ogni limite razionale ed etico per poter affermare la logica del profitto. Il plusvalore non ha legge etica, è il capitale che tutto mercifica e assimila in una tensione volta al guadagno e alla colonizzazione delle menti che si ribalta in distruzione reificata di ciò che è assimilato:

L’illimitatezza del capitale, negata in generale dai marxisti, e l’auto-potenziamento della tecnica, negato dai razionalisti laici amici del cosiddetto “pensiero scientifico”, sono entrambi inscindibilmente il fondamento storico-materiale del nichilismo, e pertanto ogni virtuosa confutazione puramente “teorica” del nichilismo lascia sempre le cose come stanno, in particolare quando questa confutazione viene da parte di cosiddetti “laici” e “marxisti” che vogliono testardamente “ripetere” il laicismo e il marxismo, in una coazione a ripetere il freudiano gioco del rocchetto che dovrebbe essere oggetto di terapia psicoanalitica piuttosto che di confutazione specificatamente filosofica1”.

 

Coscienza infelice e capitalismo assoluto

La grande vittoria del nichilismo crematistico è stata lo smantellamento della coscienza infelice. Costanzo Preve coglie nella sua ben tonda verità il fine ultimo del nichilismo nichilistico: l’esteriorità è la valorizzazione di ogni esperienza umana e di ogni essere umano, tutto è mezzo, non ci sono fini, ma ciò che è nascosto nel capitalismo assoluto, la sua verità abissale è l’eliminazione programmata della coscienza infelice. Senza di essa il capitalismo non ha limiti, la coscienza infelice ha mosso Hegel come Marx a ipotizzare un’uscita dalla violenza del capitalismo. Schiere di giovani borghesi hanno contestato il sistema, alcuni si sono responsabilmente impegnati a trascendere contraddizioni e forme di alienazione sociale, ciò che li ha mossi è stata la coscienza infelice. La consapevolezza delle intollerabili contraddizioni di un sistema che afferma l’uguaglianza, ma pratica le disuguaglianze, li ha indotti ad un impegno etico e politico la cui somma è la prassi filosofica. Il capitalismo assoluto ha aziendalizzato vite e istituzioni, in tal modo ha assimilato la coscienza infelice rendendola presenza puramente scenografica. Si tratta dell’attuale congiuntura storica, i cui effetti li stiamo saggiando con gli ultimi provvedimenti tecnocratrici. La verità si svela a noi nella sua brutalità assoluta, ma necessita di pensiero per essere decodificata e concettualizzata per essere fondata su un piano logico e ontologico. Senza una nuova metafisica non c’è uscita dalla violenza del nichilismo nelle sue forme plurali. La verità non può essere consumata, essa è possibilità che aspetta di essere tratta in atto, per cui non dobbiamo cadere nella trappola del nichilismo debole alla Vattimo che ha il volto mite della tolleranza, ma consente al male (modo di produzione capitalistico) di proliferare in modo indeterminato:

Ciò che il nichilismo debole ha consumato non è la “metafisica”, e tanto meno la fondazione ontologica della verità, che non può essere “consumata” per sua natura. Ciò che ha consumato è semplicemente la coscienza infelice precedentemente coltivata2”.

Il nichilismo di sistema vuole la nostra passività, è il governo delle passioni tristi, dalla corrente fredda dell’illimitato con i suoi amici colti e non si può uscire rimettendo al centro la verità, bisogna riorientarsi sul sentiero della verità, rischiare il nuovo traendo dalla tradizione filosofica gli strumenti concettuali e metodologici per superare l’attuale nodo storico. Il nichilismo non è stato trasceso dal materialismo marxista, in quanto deduceva la verità dalle condizioni storiche e materiali. La verità non deve ammiccare all’esattezza scientifica, da dei dati storici non si può trarre in modo necessario la verità, si cade informe di deresponsabilizzazione, in cui il fato si sostituisce alla prassi.

 

Verità logica e ontologica

La verità si svela nella storia con la riflessione logica e dialogica, la determina filtrando il contingente dall’eterno. La logica e l’ontologia formano un felice connubio, poiché la verità logicamente argomentata diviene il paradigma pubblico con il quale riorientare il presente storico. Il carattere eversivo della verità è nell’essere umano che si sottrae al determinismo economicistico per riaffermare il primato della prassi sul deprimente nichilismo del politicamente corretto della sinistra arcobaleno e dei soli diritti civili:

Il carattere veritativo della conoscenza filosofica infatti non può essere tale se non si consente al fatto che la verità ha uno statuto logico ontologico, che non può essere dedotto né dalle leggi scientifiche, né dall’effettualità storica, né dalla volontà di potenza, sia pure concepita nel modo più simpatico possibile3”.

Il ritorno al modo di pensare di Hegel non è nostalgia, in quanto Costanzo Preve ha sempre ribadito una verità lapalissiana, ma difficile da accettare, il passato non ritorna, per cui si tratta di trasformare l’esperienza filosofica, rigorosamente veritativa, socratica e idealistica, in strumento virtuoso per rifondare la verità nella continuità con la tradizione filosofica e nell’impegno ad elaborare in modo comunitario nuove soluzioni per il presente:

Si tratta invece, non nascondiamocelo per opportunismo, di un ritorno al modo di pensare di pensare di Hegel, non nel senso di un ritorno del metodo contro il sistema, quanto del ritorno ad un approccio filosofico che fa passare la storia attraverso il “filtro” dell’identità di logica e di ontologia4.

Filtrare il passato per rigenerarlo nel presente è il percorso che ha testimoniato Costanzo Preve, sta a noi continuare il cammino in tempi terribili nella consapevolezza che solo la verità filosofica può trasformarsi in nuova struttura economica e in comunità partecipata con le quali porre un limite critico nella teoria e nella prassi all’illimitatezza del capitale e alle sue distruzioni sempre più letali e totali.


Note
1 Costanzo Preve, Le stagioni del nichilismo Un’analisi filosofica ed una prognosi storica, Petite Plaisance Pistoia, 2021 pag. 17
2 Ibidem pag. 51
3 Ibidem pp. 34 35
4 Ibidem pag. 59

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