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Il braccino corto di Mario Draghi

di Leonardo Mazzei

Alla fine, com’era prevedibile, la montagna ha partorito il topolino. Il decreto “taglia-prezzi” di Draghi più che altro ha tagliato le residue speranze degli italiani. L’intervento sui prezzi dell’energia è micragnoso come colui che l’ha prodotto. C’era da aspettarsi qualcosa di diverso? Per quel che ci riguarda, ovviamente no!

Qualche giorno fa ci siamo occupati dell’attuale trionfo della speculazione sui prezzi dei prodotti energetici. Ed a proposito degli extraprofitti, ottenuti in quel modo dalle grandi compagnie, avevamo previsto che non ci sarebbe stato nessun significativo abbattimento di quell’autentica ruberia, che al massimo ci sarebbe stato qualche intervento emergenziale, più di facciata che di sostanza.

Eravamo stati facili profeti: le misure prese sono assolutamente modeste, la tassazione degli extraprofitti ridicola ed a tempo.

Per i carburanti l’ultimo decreto introduce un taglio delle accise di 25 centesimi. Una riduzione che per ora alla pompa non si è vista, ma che in ogni caso vedremo per poco, dato che la misura resterà in vigore solo fino al 30 aprile! Da notare che questi 25 centesimi sono stati il frutto di una lunga discussione, dato che l’omino dal braccino corto era entrato in Consiglio dei ministri con una proposta di riduzione di soli 10,3 centesimi!

Sull’energia elettrica e sul gas ci sono soltanto dei micro-interventi che non cambieranno di una virgola il problema. Tra questi, il più significativo è la possibilità concessa alle imprese di rateizzare le bollette di maggio-giugno in due anni. Per i consumi domestici non c’è invece nulla che vada ad attenuare l’impatto disastroso sui bilanci delle famiglie.

E la famosa “tassazione degli extraprofitti” di cui Draghi si è vantato? A questa roboante definizione corrisponde in realtà una miserrima tassazione del 10% di questi super-guadagni. Il tutto solo per l’ultimo semestre, che non ci si azzardi ad andare oltre. Insomma: rubi cento e restituisci dieci, mica male per l’attuale industria del ladrocinio energetico!

 

Italia e Francia, un confronto impietoso (ed una vicenda altamente istruttiva)

Ora qualcuno dirà che mica si può fare miracoli. In realtà, a parte il fatto che il “vile affarista” è stato a lungo osannato proprio come l’uomo dei “miracoli”, qui sarebbe bastato fare come in Francia. Paese nel quale governa peraltro un suo sodale, certo non migliore di lui.

Cosa si scopre, infatti, leggiucchiando la stampa francese? Si scopre che già nell’autunno scorso, quando i prezzi iniziavano a lievitare, il governo di Parigi aveva deciso uno “scudo tariffario”, bloccando per alcuni mesi il prezzo regolamentato del gas e stabilendo un aumento massimo del 4% per tutto il 2022 per l’energia elettrica (leggi QUI e QUI).

Naturalmente, questo radicale intervento ha avuto (ed avrà) dei costi considerevoli. Secondo Le Monde, Edf (Electricité de France), di gran lunga la principale compagnia elettrica del paese, subirà per questa misura una perdita di 8 miliardi di euro nel 2022. Un tracollo pesante, che ha portato alla necessità di una ricapitalizzazione da 3,1 miliardi di euro del gigante energetico. Un intervento sostenuto in gran parte dallo stato francese, che controlla l’84% delle azioni di Edf. Percentuale altissima (ben superiore al 23,6% col quale lo Stato italiano controlla Enel), ma che ancora non basta, visto che Macron sembrerebbe intenzionato ad una totale nazionalizzazione di Electricité de France.

Un fatterello, quest’ultimo, che dedichiamo ovviamente a quanti ci avvertono che nazionalizzare i settori strategici dell’economia sarebbe “irrealistico”.

A questo punto, prima di arrivare a delle sintetiche conclusioni, si impone una breve digressione. In realtà, la ricapitalizzazione di Edf si è resa necessaria anche per altri motivi. Alla perdita di 8 miliardi dovuta al taglio delle bollette, se ne aggiunge per il 2022 un’altra determinata dallo stop di diversi reattori nucleari, fermati per problemi di corrosione ai sistemi di sicurezza e di raffreddamento degli impianti. Una notiziola di cui non si parla sulla stampa italiana, ma che dovrebbe far riflettere sugli esiti reali di una follia nucleare che oggi qualcuno vorrebbe rilanciare anche in Italia, altro non fosse che per far dispetto a Putin!

 

Perché la Francia sì e l’Italia no?

Torniamo adesso al tema delle bollette e del caro energia. Perché l’Italia di “braccio corto” Draghi non ha voluto e potuto fare la stessa scelta di “gamba corta” Macron? Eppure, per molti aspetti, i due personaggi sono identici, entrambi rivoltante espressione delle oligarchie finanziarie dominanti. E allora? Allora c’è dell’altro.

Sicuramente, e la stampa francese ne parla in abbondanza, nelle scelte di Macron hanno pesato due cose: l’imminenza delle elezioni presidenziali ed il timore di risvegliare i Gilet Gialli. Tuttavia, le elezioni arriveranno anche in Italia, ed il conflitto sociale cova anche da noi. Ci sono dunque altre ragioni a monte di due scelte così diverse.

La prima di queste differenze è che, in barba alle stesse regole europee, la Francia (diversamente dall’Italia) non ha mai privatizzato e liberalizzato più di tanto il settore elettrico. La seconda è che nella prigione dell’euro, che la stritola da oltre vent’anni, l’Italia è ben più ingabbiata della Francia. E con il Pnrr ed il super-Mes denominato Recovery Fund il cappio al collo si è fatto ancor più stringente.

Quel cappio è stato sì predisposto a Bruxelles, ma colui che è lì dove si trova proprio per stringerlo in ogni atto della sua azione governativa si chiama Mario Draghi. Il cui braccino corto termina appunto con la longa manus dei suoi burattinai.

Non è vero dunque che sui prezzi dell’energia non si possa fare di più. E’ vero invece che per farlo bisogna liberarsi dalla gabbia europea. Gira e rigira si casca sempre lì, chissà perché.

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