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Oh, mon Dieu!

di Pierluigi Fagan

Nella foto, Mrs Europa rimane colpita da qualcosa che i nuovi dioscuri ucraini a difesa dei valori della civiltà occidentale hanno voluto mostrarle, il succo della antica civiltà a cui apparteniamo è tutta nella foto qui sotto. 

Allarghiamo il frame. S. Karaganov intervistato dal Corsera (capo del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca) ha detto che quella contro l’Ucraina è una guerra in buona parte anche contro l’Europa. Ma il tono dell’articolo risente molto delle contingenze tematiche che ha voluto dargli in Corsera secondo le scansioni concettuali della propaganda odierna. Ripulendo queste parti di nessun vero interesse, proviamo a ridire quello che ha detto Karaganov in altra maniera.

L’Europa è al contempo una definizione geografica ed una definizione politica. Quella geografica arriva sino agli Urali ed include quindi la Bielorussia, il grosso del popolo russo ed un pezzetto di Kazakistan, più Armenia, Georgia e Azerbaijan al confine sud-est caucasico. Una cinquantina di stati, un quarto di quelli del mondo, sebbene la popolazione sia solo un decimo.

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La definizione politica invece riguarda solo 27 Paesi per un misero 5,4% della popolazione mondiale. L’attuale conflitto, oltre ai contenziosi specifici russo-ucraini, a quelli storici di potenza militare tra USA e Russia e quelli del “gioco di tutti i giochi” tra Stati Uniti e Resto del mondo, se prendiamo il solo punto di vista russo, è anche se non soprattutto un conflitto tra la definizione geografica e quella politica di Europa.

Europa è il problema da cui scaturì una Prima ed una Seconda guerra mondiale, nonché i quattro decenni di Guerra fredda, così come oggi è lì dove minaccia di potersi palesare il prima impensabile “non c’è due senza tre”. Due i problemi di Europa: 1) l’estremo frazionamento che ha portato in una storia di almeno cinque secoli a produrre una pletora di staterelli corrispondenti o meno ad una più vasta pletora di etnie -vere o presunte- quali non si ritrova in nessuna altra parte del mondo per densità di un piccolo spazio; 2) tale ricchezza varietale, come sempre avviene in questi casi di complessità, è stata la causa di una invidiabile ricchezza storico-culturale, che ha anche un corrispettivo economico, ma non davvero politico. Quella che chiamiamo “Unione” è una semplice confederazione economica, un’area di libero scambio che ora anela anche di dotarsi di una forza armata, una area di libero scambio armata, un assurdo storico che poteva venire in mente solo ai liberali.

Dal 1991, Europa va letta nei suoi Stati rispetto al problema russo, visto che UE non è mai stata, né mai sarà un soggetto geopolitico. L’intera Europa balto-orientale è stata, comprensibilmente, una area profondamente anti-russa. Qui si deve certo considerare l’esperienza Patto di Varsavia, ma anche la paranoia di vivere accanto ad un Paese immenso, militarmente praticamente invincibile, con 6000 testate nucleari. Non si sottovaluti questa condizione, è obiettiva. Forse questa parte di Europa esagera a volte, ma pone anche un problema reale: quale convivenza con uno Stato immenso, demograficamente da solo un terzo del resto del sub-continente, nucleare e con -storicamente-, talvolta, una propensione ad esondare dai suoi confini? A questa domanda, l’Unione ha fatto fatica a rispondere.

Ci hanno provato gli Stati di seconda fascia lungo l’asse longitudinale est-ovest. La Germania ha intrattenuto con la Russia, negli ultimi trenta anni, rapporti di interdipendenza. Storica poiché risalente al XVIII secolo, la relazione culturale GeRussia, alla base poi come logica geopolitica anche del patto Molotov-Ribbentrop sostenuto da tutti i geopolitici tedeschi del tempo ed infranto dal solo Hitler che di geopolitica capiva niente e ne ha pagato le conseguenze. Nel tempo recente, i sedici anni di Merkel, hanno fruttato discrete relazioni ufficiali e calde relazioni ufficiose, tra cui il primo ed il secondo North Stream al cui capo sedeva addirittura un ex-Cancelliere, G. Schroeder. Lo schema, ad un certo punto, prevedeva un South Stream, a cui capo doveva sedere Prodi, ma la forte contrarietà americana e dell’Europa nordica mossa da Berlino, ha cassato il South Stream in favore del raddoppio del North Stream.

Europa ha anche questa condanna, nessuna delle sue parti ragione come sistema, ma solo come parte che se ha convenienza si comporta come parte di un sistema, se non ce l’ha ritira fuori l’egoismo strategico nazionale.

I buoni rapporti tra Italia e Russia erano la seconda declinazione di questa seconda fascia longitudinale, inclusa la oggi censurata vendita di armi italiane ai russi fatta da Renzi. La Francia lo stesso, fino alla temeraria dichiarazione euroasiatica di Macron del 2019 su una Europa da Lisbona a Vladivostok. Ci sono poi altre declinazioni tra OSCE, G8 e tentativo di normalizzare le relazioni strategiche coi russi e molto altro ma saltiamo per sintesi.

Fino a qui, l’allargamento della NATO ad est non era di per sé un grande problema. Si ricordi che i baltici NATO confinano per due terzi con la stessa Russia da ben diciotto anni e nei fatti non gli è mai fregato niente a nessuno, russi compresi.

Problemi sono nati proprio con la questione ucraina, quella che risale almeno al 2014 se non prima. Anche qui abbiamo un comportamento ondivago della Germania e di altri paesi europei pupazzi degli americani, ma alla fine, i russi volevano salvaguardare la strategia della relazione coi “partner europei” come ostinatamente ha continuato a chiamarli Putin fino ad un mese e mezzo fa. Tant’è che quando s’è provato a diplomatizzare la questione coi famosi “Accordi di Minsk I e II”, i due garanti super-partes scelti da ucraini e russi, furono proprio Francia e Germania. Fermiamoci un attimo sul punto.

Saprete forse che tali accordi non furono rispettati si dice da entrambe le parti. Non entriamo nel merito, non ci interessa, ci interessa un altro aspetto, anzi due. Il primo è che se leggete gli accordi capirete perché non sono stati rispettati, sono redatti in alcuni punti essenziali in modo così vago ed ambiguo che era ovvio portassero a due diverse interpretazioni laddove le intenzioni reali non erano sincere. Il secondo è che non rispettato l’accordo non è successo nulla da parte dei garanti. Ora, se vi ponete come garante di un accordo, avreste voi per primi dovuti spingere ad una sua più chiara definizione altrimenti garantite cosa? Poi, se non lo rispettano, avreste dovuto sanzionare pesantemente le parti, se fate l’arbitro dovete fare l’arbitro sanzionatore altrimenti che ci state a fare in campo?

Da allora, l’atteggiamento europeo è stato una lenta discesa impotente verso la minorità di fatto verso il protagonismo strategico americano che ha investito uomini, mezzi, azioni dirette ed indirette per creare l’anti-Russia a Kiev. In Ucraina, in questi anni, si è formata una dorsale di liberali, filo-anglosassoni, filo-fascio-nazi-nazionalisti come al solito arruolati come manovalanza per i lavori sporchi, con l’intento di provocare i russi e non solo. Oggi questa banda di golpisti soft che ci viene presentata come punta avanzata e militante della “democrazia occidentale”, è diventata improvvisamente il nostro fronte avanzato da sostenere addirittura militarmente, un vero e proprio scandalo politico e geopolitico che però non si può denunciare pena l’ostracismo più o meno violento dei liberali in momentanea sospensione della stessa liberalità. Del resto, è teorizzato alle origini del pensiero liberale, in Locke, il fatto che ciò che vale dentro il sistema liberale, non vale quando il sistema liberale combatte con il proprio esterno. Il liberale in conflitto esterno è previsto a livello teorico diventi illiberale per cause di forza maggiore.

I russi hanno provato negli ultimi mesi a giocare l’ultima carta rivelatrice per stanare gli europei vs gli americani, la famosa piattaforma che doveva portare ad una conferenza internazionale di chiarimento per una pace rifondata. Ma gli europei sono rimasti in impotente silenzio ed i russi ne hanno tratto le conseguenze. Alcuni leader europei hanno fatto telefonate, hanno fatto colloqui, hanno provato a tenere in piedi trattative, ma il fatto è che gli europei non hanno alcun peso negoziale, non possono decidere loro cosa avviene e non avviene in Ucraina o nell'ambito NATO. Gli europei singolarmente presi e se non ci sono americani nei paraggi, fanno e dicono certe cose, ma se ci sono gli americani fanno e dicono quello che gli americani dicono loro di fare e dire.

A questo punto, i russi ne hanno tratto dolorosa conseguenza. Che gli europei a questo punto si dibattano nelle loro contraddizioni per cui finanziano ed armano gli ucraini con un decimo di quanto pagano ai russi per il gas. Si prendano il peso delle sanzioni che faranno male loro almeno quanto ai russi se non di più. Si prendano gli aspettati milioni e milioni di profughi da gestire con la solita imbarazzata ritrosia. Per non parlare dei riflessi deflattivi e depressivi dei prezzi delle materie prime alimentari e minerali. Si rendano conto che sono solo pupazzi in mano al puparo anglosassone, versione americana o britannica, già proprio i britannici che li hanno lasciati senza rimpianti con la Brexit.

Gli europei non esistono, per questo non riescono a gestire la contraddizione tra la loro definizione geografica e quella politica che poi politica non è essendo un mercato da domani pure armato, stante che il dominio del mercato e delle armi è comunque anglosassone.

Cinque secoli di protagonismo storico e culturale europeo, naufragano in questo triste spettacolo di una signora dell’élite cosmo-tedesca con la bella “mise en plis” di ordinanza ben pensante che prova orrore per ciò che una banda di farabutti ucraini le mostra per indurre sdegno, riprovazione e armi, armi, armi.

Nel 1795, Kant provò a tratteggiare qualche ragionamento a base di ciò che potesse promettere una “Pace perpetua”, poteva esser una base da attualizzare e da precisare a condizioni di un mondo oggi ben diverso da quello di fine XVIII secolo. Ma oggi Kant lo leggono solo quelli del Battaglione d’Azov, “oh, mon dieu!”.

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