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lantidiplomatico

La galleria degli orrori: il razzismo occidentale nelle parole e nei fatti

di Francesco Corrado

Siamo alle solite, le vicende del conflitto in Ucraina stanno mostrando al mondo quale sia il corrente stato della cultura, della politica e del giornalismo occidentale. I cittadini ridotti ad un livello adolescenziale di manicheismo: il bene (noi), contro il male (chiunque sia l’attuale nemico).

La semplificazione infantile delle vicende: Putin il sanguinario eccetera. Ma la cosa più usata per spingere i popoli europei verso il bellicismo ed il coinvolgimento in quella che viene definita la “nostra” guerra, è di rimarcare che sia in Europa: la prima guerra in Europa dal 1945.

Così vuole Biden, così ha ribadito Kamala Harris e così, per ubbidienza, si è espresso il nostro Mattarella, forse volendo far dimenticare che quando bombardavamo la Jugoslavia coi proiettili all’uranio impoverito lui era vice primo ministro.

I giornalisti hanno ubbidito e per far capire a quegli zucconi dei cittadini che la guerra è in Europa ci si è lasciati andare ad una narrazione che ha svelato l'animo suprematista occidentale.

Così nell’occidente che considera razzista chiunque non faccia ammenda per i propri privilegi bianchi (boh?), che considera razzista Calimero, o il formato di pasta “le Abissine” della Molisana o che considera Trump razzista solo perché voleva che gli elettori si presentassero al seggio con un documento d’identità, stiamo assistendo ad uno sfoggio di un sentimento, questo si davvero razzista, che ci sta allontanando dal resto del mondo.

Partiamo con il The Telegraph che scrive: “La mostruosa invasione di Putin è un attacco alla civiltà stessa. Sembrano così simili a noi (gli ucraini nda) e questo rende il tutto così scioccante. L’Ucraina è un paese europeo, la sua popolazione guarda Netflix ed ha account Instagram, vota in libere elezioni e legge giornali non censurati, la guerra non è più qualcosa che riguarda popolazioni remote e povere.” Certo a beneficio di quelli del Telegraph si potrebbe ricordare che nella nazista Ucraina per fare delle “libere” elezioni sono stati messi fuori legge una decina di partiti politici e sono state chiuse decine di mezzi di comunicazione e che quindi, evidentemente, non c’è bisogno anche della censura preventiva.

Continuiamo la galleria degli orrori con la BBC ed il servizio di David Sakvarelidze “E’ triste per me, perché vedo degli europei, con i capelli biondi e gli occhi blu essere uccisi, bambini essere uccisi, ogni giorno, dai missili di Putin.”

Continuiamo con Al Jazeera; il presentatore Peter Dobbie dice: “basta guardarli, il modo in cui sono vestiti, queste sono persone benestanti, di classe media, questi non sono dei rifugiati che cercano di scappare dal Medio Oriente o che cercano di scappare dal Nordafrica, hanno l’aspetto di ogni famiglia europea, potrebbero essere i nostri vicini”.

Spettacolare è anche il servizio dalla Polonia di Kelly Cobiella della NBC: “Questi non sono rifugiati siriani, questi sono rifugiati della vicina Ucraina, e questo onestamente è parte di tutto questo, questi sono cristiani, sono bianchi, sono simili a noi”. Simili eh? Mica sono come noi, solo simili, vero Kelly? Poi se uno volesse essere pignolo potrebbe aggiungere che anche i siriani sono cristiani, non in maggioranza ma si, anzi la Siria è una delle culle del cristianesimo, ma crediamo che anche la cara Kelly Cobiella, come molti altri, abbia studiato la storia sul Corriere dei Piccoli.

Poi c’è Lucy Watson inviata sul campo per ITV news che dice testualmente: “Ed ora l’impensabile sta accadendo loro, questo non è un paese in via di sviluppo del terzo mondo, questa è Europa.”

Ma il peggio lo fa la CBS con l’inviato Charlie d’Agata le cui affermazioni molto ci dicono non solo sui sentimenti razzisti ma soprattutto sul livello culturale di questa gente. Parlando dei profughi di Kiev: “Decine di migliaia di persone stanno cercando di uscire dalla città, e ce ne saranno molte di più. Ma questo non è un posto, con tutto il dovuto rispetto, come l’Iraq o l’Afghanistan, che hanno visto conflitti per decenni, queste sono città relativamente civilizzate, relativamente europee, e devo scegliere queste parole attentamente, in cui non ti aspetteresti che succedano certe cose.” Dici bene Charlie, Iraq, Afghanistan e noi aggiungiamo Siria, Libia eccetera sono in guerra per una loro libera scelta, vero? Da notare come, se per Kelly Cobiella gli europei dell’est sono “simili” a noi, per d’Agata gli ucraini sono “relativamente civilizzati” e “relativamente europei”, dimostrando come entrambi abbiano fatto proprie la categorie del razzismo scientifico: una cosa sono i bianchi ariani, quelli dell'ovest sicuramente civilizzati, altra cosa ed inferiore sono i bianchi dell’est Europa, simili a noi e relativamente civilizzati in quanto un po’ troppo slavi, poi ovviamente, in fondo alla classifica, ci sono quelli scuri di carnagione.

L’AMEJA, cioè l’associazione dei giornalisti arabi e del Medio Oriente ha pubblicato una dichiarazione a proposito della copertura mediatica razzista della guerra in Ucraina fatta dai media euro-atlantici: “Questo tipo di affermazioni riflette la mentalità del giornalismo occidentale consistente nel normalizzare tragedie in zone del mondo come il Medio Oriente, l’Africa, l’Asia meridionale ed il Sud America.” Esattamente così è, questo è il loro lavoro.

Ma l’altro aspetto che bisogna prendere in considerazione in questa nefasta manifestazione di razzismo che è davanti agli occhi del resto mondo, che ne è pienamente consapevole, ci critica e prova rabbia, è quello relativo al trattamento dei profughi provenienti dall’Ucraina. Due sono i fenomeni che il mondo osserva con disgusto.

Il primo consiste nella differenza tra la corsa alla solidarietà (sempre benvenuta ovviamente) nei confronti di un popolo bianco messa a confronto con in trattamento riservato ai profughi di altre guerre, nella quasi totalità dei casi, peraltro, causate da noi occidentali. Siriani, iracheni, afgani, yemeniti, libici, somali, sudanesi hanno problemi seri a scappare dalle guerre che noi stessi abbiamo portato a casa loro, vengono respinti, sono sospettati di essere terroristi o in generale dei poco di buono per usare le parole del primo ministro bulgaro Kiril Petkov: “Queste persone sono intelligenti, sono educate (gli ucraini nda). Questa non è un’ondata di rifugiati come quelle a cui siamo abituati, composta di gente della cui identità non siamo sicuri, persone con un passato poco chiaro, che possono essere stati anche terroristi.” Amen.

Il secondo consiste nel trattamento differenziale che stanno subendo le persone di colore rispetto ai bianchi ucraini. In Ucraina erano e sono presenti decine di migliaia di studenti africani, provenienti da oltre dieci paesi. I soli Marocco, Egitto e Nigeria hanno 16.000 cittadini in quel paese in forza di progetti di cooperazione internazionale, concentrati soprattutto su studi di ingegneria, medicina e militari. Ma non solo africani: all’inizio del conflitto c’erano almeno 10.000 studenti indiani in Ucraina.

Le televisioni di tutto il mondo stanno trasmettendo le discriminazioni che questi individui stanno subendo quando cercano di mettersi in salvo e questo sia in Ucraina che ai confini con l’Europa. A persone di colore, in Ucraina, è stato impedito di salire sui mezzi pubblici per dare precedenza ai bianchi, così come all’ingresso nella civile Europa, soprattutto in Polonia, le persone di colore sono state rispedite indietro o fatte retrocedere in fondo alle code per dare la precedenza ai bianchi.

L’Unione degli Stati Africani in una dichiarazione ufficiale ha definito scioccante il modo in cui sono stati trattati in Ucraina i cittadini africani. “I neri africani vengono trattati con razzismo e disprezzo in Ucraina e Polonia. L’occidente non può chiedere alle nazioni africane di esprimere solidarietà a chi non riesce a manifestare nessuna forma di rispetto nei nostri confronti nemmeno in tempo di guerra”, questo scrive Ayoade Alakija e si fa interprete dei sentimenti di un continente che dal primo all’ultimo stato ha rifiutato di seguire l’occidente, nella politica delle sanzioni contro Mosca.

E’ di dominio pubblico e non lo inventiamo noi, che la comunità internazionale ha isolato il cosiddetto occidente: nella guerra commerciale alla Russia ci sono solo i paesi europei, due paesi americani (USA e Canada), tre paesi asiatici (Singapore, Corea del Sud e Giappone) con l’aggiunta di Australia e Nuova Zelanda.

Negli ultimi 15 anni i cosiddetti paesi del terzo mondo hanno assistito alla distruzione, con vari mezzi, da parte delle potenze occidentali, di decine di nazioni tra cui, solo per citare i fatti più gravi, abbiamo Siria, Iraq, Somalia, Sudan, Afghanistan, Costa d’Avorio, Mali (ed altri paesi dell’Africa occidentale), Libia, Bolivia, Venezuela, Cuba, Iran, tutti attaccati militarmente o con politiche di regime change o con sanzioni del tutto arbitrarie, che hanno impoverito le popolazioni locali causando milioni di morti.

La sintesi del trogloditismo di chi si arroga il diritto di definirsi civile è l’affermazione di Madeleine Albright, morta di recente, che alla domanda di un giornalista che le chiedeva se la morte di 500.000 bambini iracheni (1996), a causa delle sanzioni, fosse stata una cosa di cui pentirsi, rispose: “E’ stata una scelta dura ma ne è valsa la pena”. Certamente.

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