Print Friendly, PDF & Email

marx xxi

Per contribuire alla lotta contro la guerra sul terreno dell’informazione

di Aginform

Il torrente in piena della propaganda di guerra senza ritegno che si riversa in queste settimane sulle popolazioni dei paesi occidentali rende evidente quello che almeno i meno giovani tra noi avevano appreso già nei decenni scorsi dalle guerre americane e NATO dopo il crollo dell’URSS, dalle vicende delle torri gemelle di New York e dalla ‘guerra contro il terrorismo’. Nell’occidente imperialista domina “la fabbrica del falso” (vedi Giacchè, Imprimatur 2016 ma anche, per es., Webster G. Tarpley, La fabbrica del terrore, in italiano, Arianna, 2007).

La menzogna non è semplicemente il portato dell’ideologia (e della realtà sottostante) delle classi dominanti, le cui idee per ciò stesso sono anche le idee dominanti, ma è ormai, in un crescendo esponenziale, un processo consapevole e organizzato di fabbricazione di una realtà artificiale, la fabbricazione su scala industriale di un prodotto destinato al consumo di massa e imposto al largo pubblico attraverso i media addomesticati che ne sono gli agenti pubblicitari e i venditori.

La menzogna è un’arma e come le altre armi, viene progettata e fabbricata per essere poi adottata da strutture predisposte e addestrate per utilizzarla (non solo i media ma reparti militari per le operazioni psicologiche – psyop). Non solo, ma per raggio di azione e rilevanza strategica è paragonabile ai missili intercontinentali e alle testate nucleari.

Il terreno dell’informazione, e con questa del recupero di una capacità di percezione razionale degli avvenimenti a livello di massa, diventa perciò un terreno decisivo di lotta su cui è necessario organizzarsi nel modo migliore e darsi una strategia per rendere più efficaci e moltiplicare le forze.

Se prendiamo sul serio la situazione di guerra in cui le elites dominanti stanno portando il nostro paese e le possibilità, tutt’altro che remote, che si entri in dinamiche anche più gravi, non possiamo limitarci all’azione – in alcuni casi, va detto, puntuale ed efficace o persino eroica – con cui strutture di varia capacità e consistenza organizzativa o spesso anche singoli militanti si battono in ordine sparso contro le menzogne dei rappresentanti istituzionali e dei media. E’ necessario anche dar vita a uno sforzo collettivo per sfruttare al massimo i punti di eccellenza che esistono, accrescere il livello di quelli meno sviluppati e assumere nei limiti del possibile, ma con tenacia e lungimiranza, iniziative non solo di difesa, ma anche di attacco, che portino un contributo efficace alla lotta contro la guerra che si dovrà sviluppare su vari terreni e con varie articolazioni.

Nel convocare un primo incontro tra realtà diverse, ma relativamente affini sul piano dell’orientamento politico, ci proponiamo di dare un contributo alla lotta contro la guerra sul terreno dell’informazione.

Una considerazione preliminare è necessaria. Non abbiamo nessuna pretesa di rappresentare in nessun senso un nucleo attorno al quale chiamare a stringersi tutti coloro che si stanno muovendo concretamente per far fronte alla propaganda di guerra. Siamo anzi ben consapevoli non solo dei limiti nostri ma anche del ruolo positivo che stanno svolgendo – e guai se così non fosse – singole persone e realtà variamente organizzate che coprono un arco assai ampio nell’orientamento politico e ideale così come nell’esperienza professionale e lavorativa. La spinta che ci muove è dunque solo la volontà di dare al meglio un nostro contributo al lavoro.

Quali possono essere i punti su cui concentrare il lavoro?

 

1. Prendere sul serio la guerra

Lacronaca quotidiana e la necessità di contrastare la propaganda di guerra e le sue fake news non ci deve distrarre dallo sforzo di comprendere in profondità quello che sta succedendo, inquadrando gli avvenimenti in una visione storica ampia e documentandola in modo convincente. Siamo tutti consapevoli della rimozione del passato che viene fatta dai mass media contro tutti i tentativi di spiegare gli antefatti. Tutto deve partire dal 24 febbraio e dal binomio aggressore-aggredito, guai a parlare di antefatti che non siano l’ordinaria demonizzazione dei russi e di Putin. Ma ormai la lotta contro la cancellazione del passato, caratteristica dell’ideologia dominante (Pierluigi Fagan, il VAR cognitivo), non è più necessaria solo per spiegare che la guerra in Ucraina è iniziata nel 2014, se non prima. Anche questo livello, pur necessario, non basta più perchè in primo piano è venuta la strategia USA che punta all’obiettivo grosso: non solo indebolire ma fare a pezzi, letteralmente, cancellare come superpotenza la Russia, ripetendo l’operazione fatta con successo con l’URSS.

Non possiamo sottovalutare questa strategia, e utilizzare i suoi punti deboli, che pure si possono intravedere, in modo consolatorio. Quelle stesse debolezze diventano facilmente altrettanti motivi per gli americani per giocare il tutto per tutto, tanto più se si valuta che in futuro sarà anche peggio. Noi non possiamo però fare le Cassandre e nemmeno gli oracoli. Quello che possiamo e dobbiamo fare è prendere sul serio le minacce e insieme la storia che conosciamo o che dovremmo sforzarci collettivamente di conoscere e far conoscere.

Perchè non è una storia di pace, ma di guerra senza quartiere, senza soluzione di continuità, dall’intervento di 21 eserciti dell’Intesa con più di un milione di uomini (tra cui 40.000 italiani) all’indomani del 1917, all’invasione tedesca (nuovamente con gli italiani) che costringe i sovietici a fronteggiare per quattro anni i tre quarti delle forze del Reich, alla minaccia di annientamento nucleare dopo l’avvertimento di Hiroshima e Nagasaki (Filippo Gaja, Il secolo corto, Maquis Editore), alla “cortina di ferro” e alla guerra fredda, fino al grande crollo dell’URSS con la terribile crisi che ha travolto istituzioni e popoli facendo credere agli americani di avere ormai il mondo ai loro piedi, quando in Russia non governava un autocrate pazzo, ma un sincero democratico che tra gli applausi generali bombardava il parlamento.

Questa storia noi la dobbiamo attualizzare se vogliamo far luce sulla guerra attuale e sui pericoli che ci attendono, se vogliamo capire perchè gli USA hanno investito in Ucraina risorse enormi per poter muovere all’assalto della Russia, se vogliamo capire le radici dei nazisti ucraini, dagli eserciti inquadrati dal terzo Reich, passando per le formazioni coltivate dai servizi americani dopo il 1945 grazie ai servigi di Gehlen e rientrate in forze in Ucraina dopo il 1991, se vogliamo capire l’utilizzo moderno della propaganda antisovietica del Terzo Reich (Katyn in Polonia, Holodomor in Ucraina) divenuta ormai luogo comune indiscutibile dei media, degli storici di regime e perfino del parlamento europeo.

Un primo interrogativo dunque è come organizzare un lavoro efficace su questo, soprattutto con le riviste e come farlo vivere nel lavoro quotidiano dei siti di informazione. Naturalmente non si tratta qui di fare centri studi, anche se servirebbero, ma di raccogliere i materiali esistenti e farne buon uso. Soprattutto farne un uso sistematico e mirato alla comprensione degli avvenimenti.

 

2 Lasciar parlare i documenti americani

Gli americani sono così convinti del loro eccezionalismo e del destino manifesto che li vuole padroni del mondo che non si fanno problemi a dirlo apertamente. E’ molto utile perciò, come ci ha insegnato Nino Pasti negli anni ’80, leggere, tradurre sistematicamente e lasciar parlare i documenti americani, le formulazioni di strategia militare, le leggi che vengono promulgate su questo o quel paese da sottomettere, le dichiarazioni dei responsabili politici (es. Nuland sull’Ucraina 2014), le formulazioni dei think tank (raccomandazioni della Rand Corrporation, Dinucci censurato dal Manifesto).

 

3 Uno sforzo particolare sulla realtà dell’Ucraina

“La Russia agisce perchè ha paura del contagio della democrazia” (Conte, intervistato da Giletti). La angelizzazione dell’Ucraina che imperversa a reti unificate va contrastata con i dati di fatto sulle vere caratteristiche di un regime fascista eterodiretto. Non mancano le informazioni al riguardo ma vanno raccolte, sistematizzate e proposte in modo adeguato per essere di aiuto a comitati e singoli attivisti nella lotta contro la guerra. (L’esempio del libro di Fracassi).

Una delle questioni che va presa di petto è il consenso di massa di cui il fascismo ucraino gode in una parte consistente della popolazione e che ritroviamo anche tra gli immigrati. Bisogna capirne le origini e le dimensioni ed entrare nel merito di un’opera ventennale di istigazione all’odio e costruzione di una identità immaginaria di cui i giovani ucraini sono stati oggetto e che viene oggi portata a conseguenze estreme.

 

4. Come organizzare il lavoro

Siamo in grado, partendo da quello che già è stato fatto, di mettere al lavoro un gruppo non piccolo di compagni esperti e attrezzati per sintetizzare e mettere a disposizione di tutti un volume significativo e crescente di materiali utili e necessari per rafforzare l’opera sistematica di confutazione della propaganda di guerra e passare all’offensiva? O siamo troppo dispersi e in parte anche confusi per dar vita a un lavoro significativo?

 

5. La potenza di fuoco dei nostri mezzi

Sono spesso note dolenti, anche se bisogna tener conto delle specificità e finalità diverse delle singole esperienze. Anche sul piano della diffusione esistono però esperienze significative. In particolare spicca l’attività dell’Antidiplomatico che raggiunge livelli rispettabili grazie a una formula che unisce una chiara impostazione antimperialista all’estrema flessibilità nel raccogliere i contributi più diversi attraverso la formula dei numerosi blog interni al sito. I più di 66.000 iscritti in poco tempo al canale Telegram aperto in seguito alle censure di FB sono al riguardo un dato molto significativo.

E’ chiaro dunque che questo costituisce un punto di forza per tutti. E’ anche un fatto incoraggiante che ci sia una tendenza marcata a rilanciare i contenuti più significativi espressi dai diversi siti o dai singoli (es. Fagan, Zhok e altri) sui rispettivi canali di diffusione (FB, Telegram, siti). E’ incoraggiante soprattutto perchè dà il senso di una battaglia comune e non di concorrenzialità tra gruppi e testate.

Anche su questo terreno tuttavia è possibile fare di più e in modo più sistematico e organizzato in modo da moltiplicare il pubblico che si riesce a raggiungere. Su questo, senza vagheggiare su “bestie” e influencer, va discusso e impostato un lavoro che non lasci niente al caso.

Add comment

Submit