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I capponi di Renzo

di Nico Maccentelli

“Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.”

(Alessandro Manzoni, Promessi sposi, cap. 3, l’episodio dei capponi)

E’ da tempi immemorabili che nella sinistreria con velleità rivoluzionariste si marcia divisi per colpire… divisi. E’ dalla notte dei tempi che ci sono parrocchie litgiose tra loro, sempre pronte a beccarsi per misere egemonie. In altre parole, i classici capponi di Renzo, che si beccano l’un l’altro mentre stanno per finire in pentola. E stavolta la questione è proprio questa: la pentola che accomuna non solo i litigiosi pennuti (che evidentemente non hanno la minima cognizione della responsabilità che dovrebbero assumersi), ma l’intera umanità.

Basta solo vedere questo video: sono i 15 minuti più preoccupanti che personalmente abba mai visto.

Ora, mentre da una parte, nella summenzionata sinistreria, nascono comitati contro la guerra, sul fronte di quel che resta del movimento no green pass si organizzano manifestazioni molto partecipate che collegano la guerra al processo autoritario sviluppatosi con la gestione pandemica da parte del grande capitale e dei suoi apparati di Stato.

Ma ognuno marcia per conto suo. Anche in realtà politiche di sinistra no green pass sento ancora discorsi su quelli no perché rossobruni, quegli altri no chissà per quale altro motivo. Eppure è quella parte della sinistra di classe che ha superato i taboo dei gruppetti dirigenti riguardo le manifestazioni del sabato e avrebbe dovuto trarre insegnamento da questa esperienza. E invece si sta ancora a discutere sul pedigree dei partecipanti a questo movimento.

Vi dirò delle cose che forse vi faranno strabuzzare gli occhi, ma del resto sempre in questo blog mi ero già espresso su come mi sarei comportato al ballottaggio francese. Uno: a me non interessa più del pedigree di tizio, caio o sempronio. Laddove si esprimono movimenti di massa, ci si esprime come forza politica. Due: siamo sull’orlo del baratro di una guerra di vasta portata, con cancellerie europee totalmente supine alla politica bellicista e di escalation degli USA, ossia dell’anglosfera che domina la NATO. Tre: o si crea un vasto e inclusivo movimento contro la guerra e contro questa politica di armi, sanzioni, esperti militari sul campo, criminalizzazione del nemico esterno e interno, oppure tutto ciò che viene fatto è puro esercizio autoreferenziale, ovvero significa non fare un cazzo.

E ora mi si venga a dire che sdogano il rossobrunismo se dico che il Fronte del Dissenso ha avuto il merito di portare in piazza a Bologna contro la guerra e la NATO migliaia di persone. Il mio pedigree antifascista e comunista è piuttosto chiaro, ha una lunga storia e semmai si tratta di costruire una forza comunista (o un insieme di componenti comuniste) in grado di stare nelle situazioni concrete e non di fare i propri giochini di cortile. Io di certo non dico che il fronte che si è creato con il movimento no green pass sia l’unico interlocutore. Ci sono altre realtà come quelle del sindacalismo di base, per esempio, il mondo cattolico progressista, ecc.: tutte quelle che oggi si stanno manifestando. Ma occorre unirsi tutti, perché la situazione è grave e gravida di sviluppi catastrofici.

Unirsi per sfruttare il peggioramento delle condizioni di macelleria sociale in cui verserà sempre di più il paese per creare protesta, rivolta generalizzata e far cadere il governo Draghi. Questo è il “minimo sindacale” oggi.

Ci diamo una mossa?

Lottiamo uniti per non finire in pentola.

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