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Il Sud del mondo diffida della propaganda di guerra Usa

di Piccole Note

L’Occidente stenta a coinvolgere nella campagna anti-russa i Paesi asiatici e africani, al netto dei suoi più stretti alleati. Lo tematizza Trita Parsi sul network americano MSNBC in un articolo alquanto interessante, nel quale spiega che, sebbene tali Paesi sappiano distinguere tra aggredito e aggressore, nondimeno non hanno intenzione di saltare sul glorioso carro della Nato.

Tra questi si annovera l’India, legata alla Russia sin dai tempi della Guerra Fredda e governata da un partito che ricorda bene i tempi nefasti del colonialismo britannico, e i Paesi del Golfo guidati da Arabia Saudita ed Emirati Arabi, che si sono allontanati nettamente da Washington in favore di Mosca.

Secondo la cronista di MSNBC ciò sarebbe dovuto alla ritrosia Usa ad abbracciare la loro vis anti-iraniana, spiegazione fallace data la nota prossimità di Mosca a Teheran, così che occorre trovare ragioni altrove e più precisamente nella diffidenza di questi Paesi per la propensione ai regime-change degli Stati Uniti, che potrebbe interessarli molto da vicino in un prossimo futuro.

Per inciso, da quando i sauditi si sono smarcati da Washington hanno dato vita a una distensione effettiva in Yemen, dove al primo reale cessate il fuoco dall’inizio delle ostilità, sette anni ormai, hanno fatto seguito le dimissioni del presidente filo-saudita Abd Rabbo Mansour Hadi, che ha passato i poteri a un Consiglio presidenziale incaricato di negoziare con i ribelli houti un prolungamento della tregua (insomma, da quando gli americani sono stati cacciati dal Golfo, è fiorita una debole speranza di pace in questo martoriato Paese… lo segnaliamo per evidenziare l’ipocrisia che Washington sta dispiegando per le sofferenze del popolo ucraino).

Non solo l’India e i Paesi del Golfo, anche una moltitudine di stati africani e asiatici hanno espresso la loro riluttanza a intrupparsi nella campagna di contrasto alla Russia.

Secondo la cronista della MSNBC, la diffidenza di tali Paesi ha una motivazione profonda e nasce dalla vera natura della guerra in atto, infatti, scrive la Parsi, “questa guerra in definitiva non riguarda l’Ucraina, ma la sopravvivenza dell'”ordine internazionale basato sulle regole'”, come ha dichiarato più volte Biden e come affermano un po’ tutti gli analisti. Un ordine che sarebbe stato sfidato dalla Russia (e dalla Cina).

“E qui sta la disconnessione con gran parte del Sud del mondo”. infatti, “la richiesta di fare enormi sacrifici per staccarsi da Mosca”, da cui comprano alimenti, energia e altro, per sostenere l’ordine basato sulle regole “ha generato una reazione allergica [in molti Paesi]. Quell’ordine, infatti, non è stato mai basato sulle regole, ha piuttosto permesso agli Stati Uniti di violare impunemente il diritto internazionale”.

In questa occasione, annota la Paesi, l’Occidente hanno incontrato una “sordità° nei propri interlocutori mai sperimentata in precedenza e difficilmente otterranno “il sostegno dei paesi che troppo spesso hanno sperimentato i lati peggiori dell’ordine internazionale”.

“[…] Molti di questi stati vedono una flagrante ipocrisia nell’inquadrare la guerra in Ucraina nei termini della sopravvivenza dell’ordine basato sulle regole. Dal loro punto di vista, nessun altro paese o blocco ha minato il diritto internazionale, le norme o l’ordine basato sulle regole più degli Stati Uniti e dell’Occidente”.

“Non c’è scarsità di esempi in tal senso. Negli ultimi anni l’America ha violato l’ordine basato sulle regole quando Donald Trump si è ritirato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite perché aveva criticato il trattamento riservato da Israele ai palestinesi; inoltre si è ritirato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità durante la pandemia Covid e ha sanzionato i responsabili della Corte penale internazionale perché tentavano di indagare sui crimini di guerra americani in Afghanistan. (l’amministrazione Biden ora chiede alla Corte di indagare sui crimini di guerra russi in Ucraina…)”.

“C’è anche la palese illegalità dell’invasione dell’Iraq da parte di George W. Bush, Il regime-change di Obama in Libia , il continuo sostegno di Stati Uniti e Regno Unito alla guerra saudita in Yemen (che ha portato 13 milioni di persone alla fame): inoltre la celebrazione della resistenza armata ucraina contro gli invasori russi stride con la condanna della resistenza palestinese contro l’occupazione israeliana e con il contrasto dell’opposizione economica non violenta a quell’occupazione decennale. E poi c’è la ‘guerra globale al terrore’, che ha destabilizzato gran parte del Medio Oriente e del Nord Africa e ha fatto più del doppio delle vittime dagli attentati dell’11 settembre”.

“In realtà, anche se gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo determinante nello stabilire le regole e le norme dell’ordine stabilitosi nel secondo dopoguerra, hanno iniziato quasi immediatamente a infrangerle . Durante i suoi due mandati, il presidente Dwight D. Eisenhower ha autorizzato non meno di 104 operazioni segrete volte a rovesciare governi e ad armare rivolte”.

“Ma ora gli Stati Uniti chiedono che i paesi del Sud del mondo facciano sacrifici enormi e costosi – con poco riguardo verso le loro vulnerabilità e la loro sicurezza – per salvare un ordine che gli stessi Stati Uniti hanno eroso per primi. Tornare a un ordine in cui gli Stati Uniti possono continuare ad agire al di fuori del diritto internazionale equivale a chiedere al Sud del mondo di fare sacrifici insopportabili per sostenere l’eccezionalismo americano“.

Questo il modo con cui il Sud del mondo vede non tanto il conflitto ucraino, quanto l’ingaggio Usa e Nato nello stesso. Tali resistenze stanno irritando l’Occidente e in genere tale irritazione non porta bene agli interessati. Così, per porre fine alle sofferenze del popolo ucraino, c’è il rischio che altro sangue sia sparso altrove.

A tale scopo si cercherà di usare una leva potente, cioè la fame, dal momento che le sanzioni anti-russe stanno creando povertà e carestia globale, come da allarme delle Nazioni Unite. Non è un esempio casuale, dal momento che la primavera araba egiziana iniziò proprio così. È solo una delle tante sfaccettature dell’attuale guerra mondiale.

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