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Deindustrializzazione della Germania: così gli USA vogliono usare l'Ucraina per disinnescare Berlino

di Fabrizio Verde

La Germania post Merkel vive una fase decisamente turbolenta. Crescono le pressioni dell'opposizione tedesca e di alcuni membri della sua stessa coalizione sul cancelliere tedesco Olaf Scholz, per quella che viene percepita come una mancanza di leadership di fronte alla crisi ucraina e per il suo ostinato rifiuto di inviare armi pesanti al regime di Kiev. Questo passaggio però possiamo ormai considerarlo superato, con una netta sconfessione della linea di Scholz, visto che il Bundestag (Parlamento tedesco) ha approvato il sostegno militare all’Ucraina.

Il Parlamento tedesco con 586 voti a favore, 100 contrari e sette astenuti, ha infatti approvato la fornitura di armi pesanti all’Ucraina, grazie al sostegno della coalizione di governo e del principale blocco di opposizione CDU/CSU guidato da Friedrich Merz, esponente del partito storicamente ostile all’ex cancelliera Angela Merkel.

Non tutte le forze politiche parlamentari hanno condiviso la scellerata decisione di armare l’Ucraina fino ai denti e quindi avvicinare la terza guerra mondiale.

I membri del partito di sinistra Die Linke e dell'estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) hanno annunciato il loro rigetto della mozione. La proposta legislativa prevede di portare avanti gli aiuti militari destinati a Kiev, accelerando il processo ove possibile.

La Germania inizialmente ha rifiutato di inviare armi pesanti in Ucraina e successivamente ha negato la fornitura di attrezzature pesanti come i veicoli blindati. Tuttavia, di recente il governo di Olaf Scholz ha accettato che l'Ucraina acquistasse armi tedesche e ha sostenuto gli scambi di armi con gli alleati che hanno inviato attrezzature pesanti a Kiev.

La Germania ha già inviato in Ucraina circa 2.500 missili antiaerei, 900 bazooka con 3.000 proiettili, 100 mitragliatrici, 15 armi anticarro Bunkerfaust con 50 razzi, 100.000 bombe a mano, 2.000 mine, circa 5.300 cariche esplosive e più di 16 milioni di proiettili di vario calibro per armi leggere, dai fucili d'assalto alle mitragliatrici pesanti, secondo quanto rivelato dall'agenzia tedesca Dpa.

Ora prevede di inviare veicoli corazzati in Slovenia per sostituire i carri armati di epoca sovietica che Lubiana sta inviando in Ucraina, oltre a fornire mortai direttamente all'Ucraina e lasciare che Kiev acquisti cannoni corazzati antiaerei semoventi obsoleti dalla Germania.

Anche le compagnie tedesche hanno chiesto il permesso di spedire armi in Ucraina, sebbene non abbiano ancora l'approvazione del governo. Il consorzio delle armi Rheinmetall vuole inviare 100 veicoli da combattimento di fanteria Marder e 88 Leopard 1A5, mentre il gruppo KMW vuole consegnare 100 obici semoventi Panzerhaubitze 2000 (PzH 2000) a Kiev.

 

I ‘falchi’ contro Scholz

Nonostante con il voto del 28 aprile il Bundestag abbia praticamente decretato l’entrata in guerra anche della Germania con il beneplacito della SPD (partito del Cancelliere) i falchi alzano il tiro contro Scholz.

Diversi legislatori, tra cui il leader della CDU Friedrich Merz, hanno criticato aspramente Scholz per aver disertato la votazione a causa di una concomitante visita diplomatica in Giappone proprio mentre il Bundestag stava discutendo del conflitto in Ucraina. Merz ha accusato il Cancelliere di "esitazione e timidezza".

Il rappresentante dell'SPD Nils Schmid ha difeso il viaggio di Scholz a Tokyo sottolineando l'importanza del Giappone come partner più importante della Germania in Asia.

Ma la svolta guerrafondaia non dovrebbe aiutare Scholz a scrollarsi di dosso le accuse di essere indeciso sull'Ucraina. Un nuovo sondaggio DPA/YouGov suggerisce che circa il 45% dei tedeschi non è soddisfatto del suo corso nella crisi, rispetto al 37% che approva la sua reazione alla guerra.

Possiamo affermare che la politica estera tedesca sta vivendo tempi difficili. Prima della votazione i media affermavano che il Cancelliere rischiava di essere costretto alle dimissioni a della sua “indecisione” nel sostenere l’Ucraina contro la Russia. Insomma, di difendere la cauta posizione di ragionevolezza assunta in seno europeo al pari della Francia di Macron.

Scholz aveva in precedenza dato prova di prudenza. Ad esempio, gli atlantisti più radicali chiedono di vietare quanto prima tutte le forniture di gas e petrolio dalla Russia, ma il Cancelliere ha ribattuto affermando che dopo una decisione del genere non regnerà la pace in Ucraina, ma in compenso la Germania cadrà in una grave crisi economica. "Il punto è che vogliamo evitare una drammatica crisi economica, la perdita di milioni di posti di lavoro e di fabbriche che non potranno più riaprire. Ciò avrebbe gravi conseguenze per il nostro Paese, per tutta l'Europa, e danneggerebbe gravemente la capacità di finanziare la ripresa dell'Ucraina", ha spiegato il leader tedesco.

 

Germania potenza geo-economica

La prudenza di Scholz, ritenuta da alcuni eccessiva, alla luce del clima bellico che si vive in tutta Europa fomentato ad arte da Washington per i propri interessi strategici e geopolitici - ossia tenere divise Russia ed Europa - non deve sorprendere vista la natura della Germania. Dal dopoguerra in poi la parola così come il concetto di geopolitica in Germania, sono stati quasi banditi. Il rifiuto di una prospettiva geopolitica è stato a lungo alla base dell’approccio ultra-economicista di Berlino. Insomma, la Germania è essenzialmente, anche per i comprensibili motivi storici, una potenza geoeconomica.

La Germania è stata tradizionalmente intesa come una "potenza civile", cioè quella che, a differenza di altre grandi potenze, utilizza le istituzioni multilaterali e la leva economica piuttosto che la forza militare per raggiungere i suoi obiettivi di politica estera.

In seguito all’avvio dell’operazione militare speciale della Russia per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, si verificano spinte interne ed esterne che portano Berlino a compiere una svolta epocale nella propria politica. La Germania ha infatti annunciato un piano per dare priorità alle spese militari, e a tal proposito sarà istituito un "fondo speciale" per equipaggiare meglio la Bundeswehr, le ormai obsolete forze armate tedesche.

Il piano annunciato dal Cancelliere Olaf Scholz prevede l’impegno di ben 100 miliardi di euro (112,7 miliardi di dollari) del bilancio 2022 per le forze armate e conferma l’obiettivo di raggiungere il 2% della spesa del prodotto interno lordo per la difesa in linea con le richieste della NATO.

"È chiaro che dobbiamo investire molto di più nella sicurezza del nostro Paese per proteggere la nostra libertà e la nostra democrazia", ??ha affermato Scholz a commento della storica decisione tedesca riguardo il riarmo.

La Germania ha registrato un record di spesa per la difesa della NATO per il 2021, presentando un budget di 53 miliardi di euro per l'anno in corso.

Questa cifra segna un aumento del 3,2% rispetto all'anno precedente. Nel 2020, la spesa è stata limitata a circa 51,4 miliardi di euro.

I 100 miliardi di euro che Scholz ha detto che sarebbero stati dedicati alle forze armate quest'anno rappresentano una spinta di un anno, anche se la mossa è significativa, poiché la Germania è stata spesso criticata dagli Stati Uniti e da altri alleati della NATO per non aver investito abbastanza nella difesa.

La decisione di intensificare e raggiungere l'obiettivo della Nato per la spesa per la difesa del 2% del PIL è stata accolta con scetticismo da alcuni legislatori.

In Germania c’è infatti qualcuno che ha annusato quali potrebbero essere i piani ideati in quel di Washington e in ambienti NATO per ‘disinnescare’ la Germania e renderla più docile, maggiormente propensa a scendere a più miti consigli, secondo la prospettiva atlantica.

Per una potenza geoeconomica come la Germania il combinato disposto delle esorbitanti spese per riarmarsi e il dover forzatamente rinunciare al gas fornito (a basso costo) dalla Russia potrebbe avere effetti letali. L’ha dichiarato senza mezzi termini il Ceo della Basf: “Senza gas russo, l’economia collasserà”.

Intervistato dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung ha contrapposto alla retorica bellicista di USA, NATO e megafoni del mainstream, la dura realtà: “Mettendo la questione in termini brutali, un eventuale stop alle forniture di Mosca trascinerebbe l’economia tedesca nella peggior crisi dal secondo dopoguerra e distruggerebbe la nostra prosperità. Soprattutto per molte piccole e medie aziende, questo potrebbe rappresentare la fine, Non possiamo prendere un rischio simile!”.

Questo è il punto: la Germania rischia la de-industrializzazione. Ed è con ogni probabilità l’obiettivo anche di Washington che disinnescando la locomotiva europea proverebbe a scongiurare ogni ipotesi di avvicinamento eurasiatico che ridimensionerebbe in maniera considerevole la cosiddetta anglosfera.

Un’ipotesi del genere non dispiacerebbe nemmeno troppo alla Francia che guida insieme alla Germania l’Unione Europea. Ma le visioni strategiche e le finalità geopolitiche del progetto europeo secondo i due paesi guida dell’Unione divergono profondamente. Con il suicidio di Berlino, Parigi avrebbe l’opportunità di rimodellare il blocco secondo la visione transalpina e superare l’accordo del 2018 tra i due paesi ritenuto precario e sbilanciato a favore di Berlino.

Infine, una riflessione simile possiamo farla anche per l’Italia: già l’ingresso nell’euro aveva dato un primo colpo alla manifattura nostrana. Adesso le sanzioni e l’embargo verso gas e petrolio della Russia darebbero il colpo finale. Roma e Berlino questa volta viaggiano sulla stessa barca, trasportate da Washington che naviga a vista nella ricerca dei propri interessi immediati a livello economico, geopolitico e strategico.

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