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Azovstal: il mistero dei bus spariti

di Piccole Note

Evacuazione con giallo quella avvenuta nelle acciaierie di Mariupol, dal momento che dei 14 bus partiti dalle Azovstal assediate dai russi, solo tre sono arrivati alla destinazione stabilita, mentre dei restanti undici non si sa nulla. A riferirlo sono le autorità ucraine, mentre i russi tacciono,

Tale silenzio è bizzarro, dal momento che avrebbe risolto il giallo in fretta e senza dare spazio a ulteriori polemiche. E però, stranamente, la scomparsa di questi undici bus, pur segnalata, non ha fatto granché notizia nonostante sia una vera enormità.

Proviamo, dunque, a dipanare la matassa riprendendo quanto avevamo scritto in una nota precedente, nella quale riferivamo che diversi indizi indicavano che era in corso una trattativa segreta per far esfiltrare i militari Nato nascosti, in incognito, nelle viscere delle acciaierie.

Rimandando alla nota pregressa per il dettagli su tali indizi, ci sembra che la sparizione di questi undici bus confermi la trattativa e indichi che l’accordo Nato – Russia è andato a buon fine, consentendo al personale militare occidentale (e forse di altri Paesi) di lasciare indenni le acciaierie.

Operazione avvolta nel segreto, da qui il mistero dei bus fantasma (sui quali forse verrà data una spiegazione più o meno banale in seguito), perché la presenza di militari Nato in incognito nelle Azovstal non doveva essere resa pubblica, sia per evitare che emergesse lo scontro diretto tra Nato e Russia, a rischio di escalation (retoriche e non solo), sia per evitare la pubblica umiliazione di tali forze, costrette a una fuga poco onorevole.

Un segreto che ha anche un motivo più meschino: l’opinione pubblica occidentale non doveva sapere che le autorità dei loro Paesi erano riuscite a mettere in salvo il loro personale militare infischiandosene dei civili rimasti prigionieri delle acciaierie.

Certo, alcuni civili sono stati salvati, ma serviva a dare ovvia copertura all’operazione. Resta che altri civili, sembra 150, sono rimasti nelle acciaierie, assediati dai russi, secondo le narrazioni occidentali, ostaggio dei neonazisti dell’Azov ancora asserragliati là sotto, secondo i russi (spiace, ma quest’ultima sembra la spiegazione più ragionevole).

Per avere un’idea dell’importanza di questa operazione basta ricordare che Zelensky aveva annunciato che se i russi avessero ucciso tutti i militari presenti nelle acciaierie avrebbe posto fine per sempre ai negoziati e che Putin in persona aveva dato ordine di non attaccare; ordine impartito de visu al ministro della Difesa Sergej Shoigu e reso pubblico attraverso un video, perché risultasse inequivocabile ai suoi taciti interlocutori.

Resta da capire cosa hanno chiesto in cambio i russi. Di certo avranno provato a chiedere l’evacuazione di tutti i civili, così da poter attaccare senza remore l’Azovstal, ma evidentemente la richiesta non e stata accolta, forse per le resistenze dei militari ucraini.

Si può ipotizzare che, in subordine o in combinato disposto, Mosca abbia chiesto di porre fine alla retorica sugli attacchi chimici russi in ucraina, che rischiava di innescare una false flag con conseguente ingaggio diretto della Nato nel conflitto.

Tale ipotesi sorge spontanea, dal momento che l’allarme su possibili attacchi chimici dei russi, che nelle scorse settimane ha dominato l’informazione occidentale, negli ultimi giorni si è stranamente placata. Ma, ovviamente, è solo un’ipotesi, e comunque gli accordi possono sempre essere rotti, soprattutto quelli segreti.

L’operazione di esfiltrazione dimostra che sottotraccia resta comunque un’interlocuzione tra Nato e Russia, seppure forse limitata al piano bellico. Buona notizia, dal momento che potrebbe evitare – dove il condizionale è d’obbligo – incidenti di percorso a rischio escalation e tenere la guerra all’interno di argini più o meno gestibili. Almeno, questa è la speranza.

Ps. Dopo l’evacuazione, Kiev ha perso i contatti con gli assediati delle acciaierie (Timesofisrael), che ora, non avendo più lo scudo internazionale, rischiano. Vedremo.

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