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"Gli Usa temono un asse Russia-Cina e un mondo multipolare”

Luciana Borsatti intervista Alberto Bradanini

Parla l’ex ambasciatore, autore di “Cina. L’irresistibile ascesa”

“Pur non concordando sulla decisione di Putin di invadere l’Ucraina, poiché qualsiasi conflitto anche lontano genera insidiose turbolenze, la dirigenza cinese condivide nella sostanza il giudizio di Mosca: che la genesi del conflitto vada attribuita alla strategia americana di destrutturare la Russia con una guerra per procura (combattuta dagli ucraini con armi e finanziamenti Nato-Usa), provocarne un cambiamento di regime e se possibile causarne persino la frantumazione, rendendola facile preda degli avvoltoi di Wall Street”. A dirlo in una conversazione con chi scrive è Alberto Bradanini, Ambasciatore a Pechino dal 2013 al 2015, dopo esservi stato consigliere commerciale e console generale a Hong Kong. L’ex diplomatico, che ora presiede il Centro Studi sulla Cina Contemporanea, ha appena pubblicato “Cina. L’irresistibile ascesa” (Sandro Teti Editore), che fa seguito a “Oltre la Grande Muraglia. Uno sguardo sulla Cina che non ti aspetti” (Università Bocconi, 2018) e “Cina, lo sguardi di Nenni e le sfide di oggi” (Anteo, 2021).

“Nel giudizio di Pechino – prosegue Bradanini – gli Usa mirano poi a impedire la saldatura Russia-Cina e a provocare un’analoga guerra per procura anticinese, questa volta combattuta fino all’ultimo taiwanese”. A suo avviso, gli Usa non accettano l’emergere di un mondo multipolare che fiorisce intorno all’alleanza russo-cinese, cui si aggiungerebbero “l’India e altre nazioni cosiddette emergenti che, infatti, non intendono seguire Washington nella politica sanzionatoria contro Mosca”.

Di tale ultimo sviluppo costituisce un’evidenza il voto dell’Assemblea generale dell’Onu, dove la risoluzione americana di condanna dell'invasione russa è passata con 141 voti a favore e 5 contrari (Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del nord e Siria), ma anche con 35 astenuti, tra cui Cina, India, Pakistan, Egitto, Sud Africa, Mongolia, tutte le ex-repubbliche sovietiche e diversi Paesi dell’America centrale e meridionale e africani. Altri, pur avendo votato contro Mosca, non si sono poi associati alle sanzioni Usa-Ue.

Ora, osserva l’ex ambasciatore a Pechino, non sarebbe razionale catalogare tali paesi, che insieme rappresentano oltre quattro miliardi di abitanti del pianeta, tra i sostenitori della Russia. Essi però “danno corpo in tal modo a un forte malcontento nei riguardi degli Stati Uniti, ritenuti responsabili delle radici di un conflitto iniziato nei primi anni 2000, aggravatosi poi nel Donbass nel 2014 con oltre 15mila vittime ed estesosi ora a una guerra vera e propria”.

 

Le angosce di Washington davanti alla complementarità Europa-Russia

L’eterno incubo americano, sempre secondo Bradanini, è costituito dalla possibile saldatura Russia-Europa, “le quali condividono un’oggettiva complementarità: stessa civiltà, profonda interazione storica, medesima religione e stesso colore di pelle. Sul piano economico, l’Europa ha bisogno di energia, la Russia di capitali, macchinari e beni finiti di qualità: due calamite in naturale reciproca attrazione. Se tale saldatura dovesse materializzarsi, gli Stati Uniti si troverebbero in posizione marginale oltre Atlantico, lontani dall’heartland, quella regione irrinunciabile per chi mira a dominare il mondo. Se poi si aggiungesse la Cina, che con la Belt and Road Initiative mira proprio ad accorciare le distanze tra le due estremità dell’Eurasia attraverso la connettività nei territori intermedi, le trepidazioni dell’impero giungerebbero al parossismo perché, in quel caso, lo scettro del mondo passerebbe di mano”.

“L’espansionismo Nato/Washington verso Est ha dunque l’obiettivo strategico di impedire quel percorso di pacificazione/integrazione euroasiatica che era emerso quale promessa di pace e sviluppo alla caduta dell’Unione Sovietica”. Una svolta che aveva determinato “una nuova convergenza tra Cina e Russia”, non più accomunate dall’ideologia anticapitalista come ai tempi di Mao e Stalin, ma da comuni interessi economici e strategici, e dalla medesima necessità di contenere l’espansionismo americano.

Del resto, rileva ancora Bradanini, “anche in una discutibile strategia imperiale, il Paese in grado di sfidare l’egemonia americana è la Cina, non certo la Russia, la quale andrebbe reclutata nel campo euro-atlantico e non sospinta verso Pechino”.

 

L’imbarazzo di Pechino di fronte alla guerra in Ucraina

Da parte sua “la dirigenza cinese non ama i conflitti, che giudica contrari alle sue priorità e interessi: pesanti ripercussioni economiche e blocco commerciale sarebbero le immediate conseguenze di un conflitto che la coinvolgesse”. Davanti alla crisi ucraina, “la Cina si trova dunque in forte imbarazzo”. Il Paese ha legami profondi sia con la Russia che con l’Occidente. Il commercio Russia-Cina – che nel 2021 ha sfiorato i 150 miliardi di dollari - crescerà ulteriormente nei prossimi anni con l’import cinese di altro gas siberiano. La Cina è già oggi il primo partner commerciale della Russia, che è a sua volta per Pechino il primo esportatore di energia (oltre che di tecnologia militare.)

Pechino ha però profondi legami anche con Usa e Ue, con i quali il commercio eccede di molto quello con la Russia (Usa-Cina 657 miliardi di dollari e Ue-Cina 695 mld di euro), oltre a investimenti reciproci per centinaia di miliardi di dollari. E poi, 70.000 imprese Usa operano in Cina, per un fatturato annuo di 700 miliardi di dollari” mentre la finanza di Wall Street “è oggi autorizzata a sui risparmi delle famiglie cinesi”.

“Alla luce di tali intrecci - sottolinea l’analista - la richiesta di mediazione americana è vista da Pechino come una trappola”, mentre per Washington “la riluttanza a intervenire sarebbe evidenza che la Cina approva la guerra di Putin. Un’accusa che - insieme a quella di vendere armi alla Russia”, di essere stata informata in anticipo dell'attacco russo e aver chiesto a Mosca di rinviarlo al termine delle Olimpiadi - preparerebbe il terreno per sanzioni anticinesi. Dal conflitto, gli Stati Uniti trarrebbero enormi benefici consolidando la subordinazione dell’Europa e favorendo il complesso militare-industriale, le corporazioni gas/petrolio e il corso del dollaro.

"Secondo i governi occidentali, quello italiano incluso – conclude Bradanini - occorre armare l’esercito ucraino. La Cina reputa invece che questo accresce pericolosamente il rischio di escalation, anche nucleare”. “Pechino suggerisce invece di investire su una diversa nozione di sicurezza, collettiva e indivisibile, abbandonando l’astratta etica dei principi a favore dell’etica della realtà, foriera di equilibrio tra Grandi Potenze, riduzione del danno e logica del compromesso”.

Comments

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Giuseppe Casamassima
Saturday, 14 May 2022 00:55
Ma l'Europa non è mai stata potenza geopolitica, né mai lo sarà. Sotto il velo unitario della Commissione europea, avviene in realtà la lotta fra i grandi capitali nazionali. Lenin fu profetico, sotto questo punto di vista.
Però, avendo un ruolo subordinato nell'ordine imperialistico euroatlantico, ora l'Europa è arrivata al punto di auto-castrarsi per servaggio agli Usa.
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Alfred*
Saturday, 14 May 2022 19:55
Certo, in europa avviene lotta tra grandi capitali nazionali e trans-nazionali, la cosa che mi stupisce e' che non tutti guadagneranno dalla guerra limitata o estesa, ma sembra che i capitali europei che perderanno non abbiano neanche spirito di sopravvivenza (ed e' cosa, secondo me, insolita), non si capisce come larga parte dei capitali investiti nel manufatturiere e/o nei servizi accettino di suicidarsi passivamente, senza neanche cercare di condizionare troppo le politiche dei singoli stati.
Ma sicuramente sono io che non ho strumenti per capire.
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Alfred*
Thursday, 12 May 2022 03:14
Fatemi capire ... da povero odiatore della geopolitica ...

"Sul piano economico, l’Europa ha bisogno di energia, la Russia di capitali, macchinari e beni finiti di qualità: due calamite in naturale reciproca attrazione. Se tale saldatura dovesse materializzarsi, gli Stati Uniti si troverebbero in posizione marginale oltre Atlantico, lontani dall’heartland, quella regione irrinunciabile per chi mira a dominare il mondo. "
"Dal conflitto, gli Stati Uniti trarrebbero enormi benefici consolidando la subordinazione dell’Europa e favorendo il complesso militare-industriale, le corporazioni gas/petrolio e il corso del dollaro."

L' ex ambasciatore italiano in Cina scrive questo segreto di pulcinella e noi e l' europa continiuamo ad avere politici, informazione e anche classe imprenditoriale che si conformano a questo bel progettino di paranoia suicida Usa (e anche Uk) ?
Viene anche da chiedersi come mai gli Usa e i cretini Uk considerano (dal loro punto di vista di merda geopolitica) meno problematica una saldatura Russia Cina rispetto a una Europa Russia.
Comunque sia quando l'Europa si svegliera' sara' troppo tardi.
Per evitare la marginalizzazione di Usa e Uk saremo diventati tutti colonie impoverite di questi due competitor che stanno giocando una sporca partita (con la pelle di troppi).
Non serve a niente, soprattutto a consolare, ma a ben vedere se l'Europa collassera' loro non ne godranno alcun frutto.
Se le considerazioni dell'ambasciatore hanno un fondo di realta' e' solo un suicidio dettato da ignobile arroganza.
Saluti
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