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mutanteassoluto

La svolta della guerra e il diritto internazionale

di Nicola Licciardello

Alcuni giorni fa la Finlandia ha chiesto di entrare nella Nato, e il ministro degli Esteri russo Lavrov ha asciuttamente constatato che si tratta ormai dell’aggressione alla Russia di tutto l’occidente. Di un’aggressione quindi con l’intento di cancellazione del nemico.

Che tale fosse l’intenzione degli Usa dall’inizio non è dubitabile, visto lo scatto di propaganda e provvedimenti (sanzioni economiche ed esilio culturale) che hanno coinvolto immediatamente gli Europei, il voto all’Onu etc – in coerenza con l’addestramento di truppe, l’incremento di armi e intelligence Nato in Ukraina già negli ultimi anni. Questa è una guerra ben programmata, la mossa di Putin era attesa e inclusa nel progetto. Il progetto è la cancellazione della Russia, prima di dedicarsi interamente all’ultimo ostacolo per il dominio mondiale, la ‘difesa’ di Taiwan contro la Cina. Anche questo lo davano le previsioni già del secolo scorso.

In questo schema, l’Europa è solo il vecchio fastidio, però facilmente aggirabile, data l’incertezza del nuovo Cancelliere tedesco, l’eccessiva ambizione del Presidente francese, lo status coloniale italiano e, d’altra parte, la voglia di menar le mani del premier britannico.

Dopo quasi tre mesi, i bombardamenti russi sono neutralizzati dalle armi occidentali, hanno però finalmente stanato fuori dall’acciaieria Azovsthal gli “angeli” resistenti ukraini. L’Ukraina vince coi suoi film e canzoni.

Ma vince già ‘moralmente’, per l’accumularsi dei “crimini di guerra” russi. Come se gli ukraini non ne commettessero. L’America è sempre così pronta a rilevare quelli degli altri, come se gli Usa ne fossero esenti: in effetti gli Usa, assieme a Russia, Cina, India e Israele, non riconoscono la Corte Penale Internazionale[1], per cui i loro effettivi non possono venir processati, mentre come Stati potrebbero venir giudicati dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu (sempre all’Aja), che si guarda bene dal farlo. Tra i pochi crimini di guerra considerati dal (problematico) “Diritto bellico” sono l’uso di armi a grappolo, chimiche e batteriologiche, mentre vengono classificati “crimini contro l’umanità” le torture ai prigionieri, ai civili e al personale medico, e l’interruzione di forniture alimentari.

Si tratta di azioni presenti da sempre in ogni guerra. Certo, sarebbe interessante segno di evoluzione antropologica che tali eventi fossero condannati non da uno speciale (e fumoso) diritto bellico, ma da leggi e consuetudini comuni, così come sono state abolite alcune prerogative del pater familias: ma non dappertutto e non simultaneamente. E quindi l’appello alla Legge quale Potere superiore o divino a poter giudicare gli eventi bellici è istanza profondamente ipocrita, proprio perché è la guerra stessa l’atto immediatamente extra lege in quanto tale. Gli Stati Uniti, ad esempio, sono stati e sono tecnicamente dei fuorilegge per il 90% della loro storia: prima che nel contesto internazionale, già nel loro ordinamento interno, che prevede possesso e uso di armi da guerra ai singoli cittadini (con gli esiti “terroristici” stigmatizzati persino da un Biden).

E’ vero, argomenta Carl Schmitt nel Nomos della Terra, che lo jus publicum Europaeum intendeva superare la “guerra giusta”, tipica delle guerre di religione e della guerra civile, con un ordinamento del diritto internazionale puramente laico e statale, quasi un duello privato tra personae morales[2] (oltre il quale si estendeva il “grande spazio” del mare libero). Così “in particolare divenne possibile vedere nei prigionieri di guerra e nei vinti non più l’oggetto di una punizione, di una vendetta o di una cattura di ostaggi, trattare inoltre la proprietà privata non più direttamente come bottino di guerra, e concludere infine trattati di pace con ovvie clausole di amnistia.”[3] Parole di buon auspicio dopo l’odierna liberazione, o meglio resa, degli asserragliati nell’acciaieria di Mariupol. Putin non ha ancora perso la sua scommessa.

Già con la Prima guerra mondiale l’ Ordnung del diritto europeo entrava in crisi, perché il dominio dell’aria (guerra nei cieli) e gli strumenti di annientamento superavano l’antica dialettica fra nomos di mare (esempio Inghilterra) e nomos di terra (esempio Germania). Non dimentichiamo che le armi chimiche e batteriologiche, cioè di “distruzione di massa”, si aggiunsero a una piattaforma pandemica, quella famosa “spagnola” mietitrice di un terzo della popolazione (circa dieci volte quella del covid). Si entrò comunque nel principio dell’annientamento del nemico, o della sua assoluta umiliazione (Pace di Versailles 1919), così efficace nei confronti della Germania di Weimar da provocare il revancismo hitleriano e la prosecuzione della prima nella Seconda guerra mondiale. Il principio dell’annientamento non si esaurì con la fine di questa, anzi ebbe un balzo con il ‘genocidio’ nucleare di Hiroshima e Nagasaki, e con la Guerra Fredda fra Usa e Urss, fondata appunto sulla reciproca deterrenza nucleare, cioè minaccia di reciproco annientamento. Il paradigma americano, adottato nelle guerre asiatiche del 900 (Vietnam, Iraq, Afghanistan, ma anche Libia) è tuttora operativo, dopo oltre un secolo.

Ciò che (ormai non) sorprende è la completa acquiescenza europea ad esso, e il fatto che non vi venga eccepito contro alcun principio di Diritto internazionale. Ancor oggi, ad esempio, non si giustifica da parte europea l’assenza di un principio di opportunità nella supina accettazione dell’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia (che chiuderebbe S. Pietroburgo in un lago Nato), come pure avvenne nel 2008 a Bucarest da parte di Italia, Germania e Francia contro l’adesione di Georgia e Ukraina[4]– quando persino nello statuto Nato vi sono precauzioni su un’entrata che possa compromettere l’equilibrio: precauzioni ben raccolte da Erdogan. Questa totale acquiescenza europea agli Usa, che calpesta non solo ogni istanza di pace, ma ogni ragionevole politica di equilibrio mondiale, certo risale alla necessaria accettazione delle sconfitte nazioni Italia e Germania, ma non dovrebbe considerarsi eterna. Purtroppo però, è stata riconfermata sin dalla nascita dell’Unione Europea, come brillantemente oggi ricostruisce su questo periodico Fosco Giannini, presidente di “Cumpanis”. Egli ricorda che in conclusione al summit dei Ministri della Difesa UE di Bratislava (2016) Stoltenberg dichiarò: “D’accordo per l’esercito europeo: ma importante sarà che il suo Comando venga posto nello stesso Quartier Generale della Nato, a Bruxelles.”[5] Dichiarazione senza repliche da parte dei presenti. Ma quando finirà tutto questo ?

La talpa del tempo, cioè del puro istinto di sopravvivenza fisica, scava sempre qualcosa: in barba a tutte le solenni dichiarazioni, non solo alcuni paesi europei stanno pagando l’energia russa in rubli, ma i famosi BRICS stanno rilanciando scambi commerciali in monete alternative al dollaro. E persino la tanto minacciata collaborazione in campo spaziale prosegue.

A proposito, che lingua si parla a bordo della Stazione Spaziale Internazionale ? Scommettiamo che è l’americano: perché, abbastanza banalmente, è forse questa una delle cause più rilevanti, pervasive e mondiali che imprigionano non solo l’occidente, ma almeno i poteri politici, economici e mediatici di ogni continente: la facilità della parola angloamericana, matrice di internet e dell’intera rete nervosa, commerciale e ludica del pianeta – insostituibile anche se traducibile.


 

Note
[1] L’Aja, operativa dal 2002 secondo il Trattato di Roma 1998.
[2] Fulminante la definizione di guerra di Rousseau ad apertura del suo Contrat social (1762): “La guerre est une relation d’État à État”, “una relazione da Stato a Stato”, dunque una situazione normale e impersonale, non morale.
[3] Carl Schmitt, Il Nomos della Terra, Adelphi 1991, IV., 7, p. 411.
[4] Al suo posto, un’irrisione a Putin: “ah, lo scemo, rifiutava l’Ukraina, ora è circondato !”
[5] sinistrainrete.info/europa/23038-fosco-giannini-genuflessa-agli-usa-e-senza-identita-l-ue-e-un-destino- storicamente-inevitabile.html

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