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sinistra

Resa in cambio di cibo: la minaccia europea al Libano

di Firas Al Shufi

Con tempi chiari e linguaggio da ricatto, l'inviato dell'Unione Europea Sven Koepmans ha presentato una proposta occidentale al Libano e alla sua resistenza per impegnarsi in un processo di "pace" con il nemico israeliano sotto il nome di soluzione finale.

In cambio della normalizzazione e della rinuncia ai diritti, gli europei offrono ai libanesi le tentazioni del pane, delle medicine e dell'elettricità, e alla resistenza libanese ampi privilegi nel nuovo regime.

A due settimane dalle elezioni parlamentari, l'“inviato speciale dell'Unione europea per il processo di pace in Medio Oriente”, Sven Kopmans, ha lasciato il clamore del fronte ucraino contro i russi ed è sbarcato pesantemente a Beirut.

Promuovere la "soluzione finale" con il nemico israeliano, come unica via per la stabilità in Oriente, e unica via d'uscita per il Libano dalla crisi attuale.

Il diplomatico olandese, arrivato dalla Palestina occupata dopo l'incontro con il ministro della guerra del nemico, Benny Gantz, ha girato per giorni da una sede all'altra dei tre presidenti, il ministero degli Affari esteri ed Hezbollah, parlando a nome dei 27 paesi europei della necessità di attivare il "processo di pace".

Nel frattempo tamburi di guerra risuonano da Gerusalemme ad Aleppo, da Taiwan alla Svezia.

 

Privilegi per gli "sciiti" e Gaza diventa una nuova Dubai.

Il presidente della Repubblica, Michel Aoun, ha riassunto la posizione ufficiale del Libano: "sostegno del Libano a qualsiasi mossa europea per rilanciare il processo di pace basato sull'iniziativa del vertice di Beirut", senza spiegare pubblicamente in che cosa consiste la posizione libanese e senza rispondere alle "proposte dell'alta commissione" europea.

Tuttavia, tutte le fonti confermano che Koopmans ha chiaramente parlato di uno sforzo europeo per condurre negoziati tra il nemico israeliano e molti paesi e "regioni" arabi che ancora sostengono una posizione di conflitto, compreso il Libano e la sua resistenza . L'intenzione europea, sostenuta dall'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, è di raggiungere una "soluzione finale" entro i prossimi anni.

Le argomentazioni dell'inviato europeo iniziano con il crollo economico in Libano e la sua incapacità di estrarre petrolio e gas: "i libanesi non hanno soluzioni pratiche alla crisi senza assistenza europea o straniera, in particolare degli Stati Uniti", e questa assistenza non arriverà senza la "soluzione finale".

Quello che c'è di nuovo nel discorso dell'inviato è il concetto europeo emergente secondo il quale "la resistenza libanese e palestinese sono riuscite a stabilire la propria forza, ma tale forza ha bisogno di entrare in un percorso politico per raggiungere stabilità economica e prosperità".

Secondo quanto affermano fonti di Al-Akhbar (quotidiano libanese), Copmans ha confermato che l'Unione Europea parte dall'inclusione della soluzione finale “due stati” e Gerusalemme come capitale dei due stati (est e ovest) con “libertà di praticare riti religiosi e mantenimento della convivenza religiosa” per “affrontare la crisi dei rifugiati secondo modalità che portino ad un equilibrio permanente in Medio Oriente”. "Il processo di pace”.

Negoziati con Israele...Live!

Per quanto riguarda il Libano, gli europei ritengono che il crollo sia un motivo sufficiente per avviare negoziati con il nemico sotto gli auspici europei: “Non sei in grado di risolvere le tue crisi e non hai partecipato a negoziati di pace prima. Ora stiamo offrendo le porte aperte a un processo di pace che ti porterà prosperità", ha detto Koopmans ai suoi ospiti.

Il delegato europeo afferma che “il processo di pace risolverà definitivamente il problema energetico in Libano, e consentirà ai libanesi di produrre elettricità e investire adeguatamente nelle proprie risorse di petrolio e gas”. "Il Libano potrebbe entrare rapidamente a far parte di un consorzio regionale, che include Egitto, Emirati Arabi Uniti, Cipro, Grecia, Israele e altri paesi (Palestina? N.d.t.), che aiuterà ad attrarre investimenti e a rilanciare l'economia".

Le tentazioni non finiscono qui: oltre ai tentativi di incoraggiare lo Stato libanese ad avviare un processo negoziale con il nemico, l'inviato ha avanzato specifiche lusinghe nei confronti di Hezbollah e dei movimenti di resistenza in Palestina.

Ad esempio, Koopmans si è offerto di prendere accordi per la sicurezza tra la resistenza libanese e il nemico israeliano al confine con la Palestina, e di preservare una quota molto "equilibrata" della resistenza nel nuovo regime libanese che garantisca ampi privilegi agli "sciiti" in Libano; si è impegnato a ricostruire Gaza e a sostenerla economicamente, per trasformarla in una "nuova Dubai", secondo fonti di Al-Akhbar.

Sulla tabella di marcia per raggiungere i negoziati, il delegato occidentale afferma che "l'Unione europea è pronta ad organizzare fasi pre-negoziali e misure di rafforzamento della fiducia in vista di risultati positivi e costruttivi tra le potenze in conflitto nella regione"; specificando che è intenzione dell'Unione Europea fronteggiare Iran, Algeria e tutti i paesi e le parti ostili a Israele, per aprire le linee del negoziato e raggiungere una soluzione.

 

L'Europa è partner nell'embargo

Questa vecchia/nuova proposta, e il movimento diplomatico che in Libano in generale l'accompagna, a Bruxelles è inseparabile dall'entusiasmo per la sicurezza e la stabilità politica nella regione come risultato dell'immaginata "soluzione finale" e del "sospirato" accordo nucleare iraniano.

È conseguenza della necessità di garantire fonti e linee di trasmissione sicure per il gas dell'Africa orientale e settentrionale come alternativa al gas russo.

Ma le offerte di Copmans dimostrano che l'Europa è un partner chiave nell'assedio del Libano in questo momento, nell'impoverire, affamare e sfollare il suo popolo, dopo essere stata partner nel saccheggiarlo e distruggerne l'economia: ne ha sostenuto il sistema settario, ha voluto accordi iniqui con l'Unione, ha incoraggiato la politica del debito, ha impedito la costruzione delle centrali elettriche e nel settore bancario ha coperto la partecipazione di società europee corrotte.

Tali offerte rivelano inoltre che la decisione di aiutare economicamente il Libano ad uscire dalla crisi e ad allentare il blocco politico-economico non è correlata alla aspirazione europea di riformare, ristrutturare e individuare la responsabilità dei corrotti.

Piuttosto, si limita a considerare la posizione politica del Libano rispetto al conflitto con il nemico, alla resistenza armata e all'esplorazione dei giacimenti marini.

Ai libanesi Koopmans non ha offerto altro che il ricatto al culmine della loro crisi, con l'obiettivo di ottenere una soluzione politica sotto la minaccia della fame, delle malattie e dell'assedio in cambio di "pace". La resa a Israele in cambio di cibo, medicine ed elettricità. Una politica simile all'equazione "petrolio in cambio di cibo", che ha insanguinato l'Iraq e ha causato la morte di un milione di bambini iracheni in dieci anni.

Durante le recenti elezioni si è detto che la resistenza armata di Hezbollah è responsabile della crisi del paese perché causa delle pressioni europee, attraverso sanzioni e condanne ufficiali, attraverso campagne sistematiche lanciate da organizzazioni e personalità sostenute dall'Europa in Libano.

Non sono credibili le parole di Koopmans, che descrive un'Europa pronta ad abbandonare i suoi strumenti abituali e a “concedere” il Libano ad Hezbollah, nel caso in cui entri a far parte della cosiddetta “soluzione”, abbandonando il ruolo per cui è stata creata.

Questo approccio di Bruxelles si allontana anche dal doppio standard adottato dall'Unione Europea e, per esempio, dalla incoerenza politica e morale riguardo alla questione dei rifugiati palestinesi. Vengono ignorati i profughi in Libano, che vivono in 12 campi e altri assembramenti accidentali. Nessuna preoccupazione per la loro sorte con la cancellazione intenzionale del diritto al ritorno contenuto nella “soluzione finale”:

Equivale parallelamente al pericolo della sistematica liquidazione da parte statunitense ed europea dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro dei rifugiati (UNRWA).

Tutto questo avviene mentre l'Europa si mobilita per i profughi ucraini (rispettando la diversa natura del conflitto tra Palestina e Ucraina ovviamente) e facilita lo spostamento di 200mila nuovi coloni ebrei dall'Ucraina alla Palestina. Nessun aiuto dall'alleato Stato ebraico per ridurre il numero di nuovi profughi palestinesi rapinati da bande che ogni giorno si insediano nelle loro case e costruiscono colonie sulle loro terre. L'Europa si accontenta di esprimere la sua preoccupazione!

Si può dedurre dalla proposta di Koopmans, il chiaro sforzo europeo di voler separare il binario libanese da quello siriano in qualsiasi negoziato proposto e di voltare pagina una volta e per tutte.

Lo rivelano anche i continui sforzi francesi per ostacolare qualsiasi progresso delle relazioni ufficiali tra Beirut e Damasco.

Tuttavia, la cosa più pericolosa nell'attuale approccio occidentale è la conferma dell'abbandono europeo della natura del conflitto esistenziale tra i proprietari della terra e il progetto sionista. L'insistenza sulla normalizzazione dell'esistenza di una colonia di insediamento estranea e razzista sulla terra della Palestina è un errore di calcolo del livello raggiunto dal conflitto in questa fase.

Da Oslo fino ad oggi, tutte le presunte limitazioni agli insediamenti sono fallite, e la sovranità israeliana è stata dichiarata su Gerusalemme e sul Golan occupato. La pericolosa espansione degli insediamenti in Cisgiordania dimostra la chiara incapacità occidentale di far rispettare alcuna regola al nemico, anche all'interno degli stessi accordi di Oslo.

Fino a quando l'Autorità Palestinese andrà avanti a proporre al popolo palestinese dei negoziati privi di credibilità?

Le proposte europee di “soluzione finale” non sono nuove, a cominciare dalle proposte di sistemazione per il Sud di Kofi Annan, dopo la liberazione del 2000, poi dopo il 2005 e nel 2011 con l'inizio della guerra in Siria. Tutte queste proposte hanno ricevuto la stessa risposta dalla resistenza libanese.

Lo scenario delle operazioni quasi quotidiane contro l'occupazione in Cisgiordania, i diari della battaglia della “Spada di Gerusalemme” nell'interno occupato, la forza militare raggiunta dalla resistenza in Libano e la continua preparazione per la battaglia decisiva, sono risposte sufficienti alla forma dell'unica "soluzione finale" disponibile. Lo smantellamento di Israele e il ritorno dei sionisti nei loro paesi d'origine, ovviamente, non ha nulla a che fare con la soluzione proposta dall'occidente.


Fonte: https://al-akhbar.com/Politics/337742

[Traduzione a cura di Mouna Fares e Gabriella Grasso]

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