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labottegadelbarbieri

«L’era degli scarti»

Sul libro di Marco Armiero

di Gian Marco Martignoni

Se si vuole seriamente affrontare «la guerra del capitalismo contro la Madre Terra e i popoli originari» – come in Messico ha recentemente sostenuto la Carovana Indigena – è indispensabile la lettura del libro di Marco Armiero L’era degli Scarti (Einaudi: pag.122, euro 15) che introduce la nozione, completamente oscurata dalla narrazione dominante, del mondo come discarica globale. Così si può cogliere in profondità la spaventosa degradazione che la logica estrattiva del capitalismo predatorio produce nei confronti delle persone, delle comunità e dei luoghi in cui esse vivono. Si tratta di un testo molto agile e per nulla predicatorio, poiché a un primo capitolo di carattere teorico Armiero ha affiancato due capitoli dedicati alla conoscenza della realtà che costituisce il Wastocene, per poi concentrarsi sulle sorprendenti pratiche di organizzazione e di resistenza da parte delle comunità che sono costrette a riprodursi nelle zone più inquinate e tossiche del pianeta.

Il necessario approfondimento teorico è finalizzato alla critica del concetto di Antropocene che – occultando la genesi colonialista, schiavista e razzista del capitalismo – tende ad addebitare a una indistinta specie umana la scaturigine della catastrofe ecologica in divenire; rimuovendo e quindi neutralizzando le abissali differenze e diseguaglianze di classe che si sono prodotte nel corso della storia, per via dell’effetto polarizzante intrinseco al modo di produzione capitalistico. Per queste ragioni nel dibattito internazionale si è sempre più affermato il termine di Capitalocene, in particolare grazie al contributo dello studioso Jason Moore, per analizzare correttamente i caratteri dell’attuale crisi socio-ecologica. Armiero, nel ribadire la tesi che concretamente «queste relazioni socio-ecologiche procurano profitti e poteri a pochi individui a scapito dei molti», ha coniato il termine Scartocene o era degli scarti per descrivere la loro brutale incidenza sulle persone e i luoghi, stante che solo la produzione annuale di rifiuti solidi municipali è stimata dalla Banca Mondiale in 2,1 miliardi di tonnellate.

L’indagine conoscitiva spazia invece dal disastro che il 5 novembre 2015 ha investito la diga di Mariana sul Rio Doce in Brasile – colpendo con 50 milioni di metri cubi di rifiuti minerali e fango 41 città e decretando la morte di quel fiume – all’immensa discarica di Aghobloshie in Ghana, strapiena di oggetti elettici ed elettronici provenienti dall’Europa occidentale; per poi evidenziare i gravi danni alla salute causati dall’industria petrolifera in Lousiana e (per altre cause) nell’ex città industriale di Tuzla in Bosnia-Erzegovina. I resoconti di come queste drammatiche e perduranti vicende abbiano segnato i destini di grandi comunità hanno il pregio di far emergere le perverse relazioni socio-economiche intessute nella totale impunità dall’insieme dei poteri dominanti.

Lo sguardo di Armiero non risparmia l’emergenza rifiuti a Napoli e in Campania, nella consapevolezza dello scarto storico esistente tra i benestanti, che abitano nella città alta, e la moltitudine che nella parte bassa della città si ingegna per sopravvivere quotidianamente. Non è un caso che nella logica dell’esternalizzazione dei rifiuti si siano individuate aree già contaminate e teoricamente più facili da “addomesticare” come nel caso della discarica di Pianura, che – dopo aver ospitato i liquami tossici provenienti dallo stabilimento dell’Acna di Cengio e le ceneri degli impianti termoelettrici dell’Enel – è stata chiusa per bonifica nel 1996. Per poi essere riaperta inaspettatamente nel 2004, nonostante le continue proteste della popolazione, addirittura da una decisione dell’agenzia speciale per l’emergenza rifiuti (il CERC) in palese violazione di tutte le normative ambientali. Proprio l’ostinata resistenza degli abitanti di Pianura, supportata dagli attivisti della rete StopBiocido, rappresenta per Armiero un esempio chiarificante dei tanti conflitti ambientali che mirano a combattere su scala globale le narrazioni tossiche diffuse dal credo neoliberista.

Sulla base dell’Atlante della giustizia ambientale – ideato e coordinato dall’ecologo ed economista Joan Martinez Alier (confronta il sito EJAtlas) – tutti i conflitti di questo tipo in corso nel mondo sono visualizzabili e a nostra disposizione con gli aggiornamenti.

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