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Organizzazione, Individuo, Molteplicità

di Miguel Martinez

“L’insieme formato da colonialismo, capitalismo, scienza, Stato e individuo continua a strutturare il mondo che abitiamo e a imprimergli una speciale forma di dissociazione.”

Stefania Consigliere, Favole del reincanto

Vorrei condividere una giornata intensa che ho vissuto, ma non ha senso parlarne, se non si capisce il modo in cui l’ho vissuta.

La Modernità è un gioco tra Organizzazione e Individuo.

Da una parte una grande macchina astratta, ente morto, che pur pretende di progettare tutto.

La Morte decide la Vita.

Dall’altra, l’individuo, essere isolato e numerabile, che calcola incessantemente come cavarsela con l’Organizzazione in base ai suoi interessi, sfruttando furbescamente tra centomila leggi dell’Organizzazione i suoi diritti.

L’Organizzazione è tanto la capitalista finanziaria Blackrock quanto lo Stato comunista nordcoreano.

L’Individuo è tanto il piccolo imprenditore con il suo SUV di Destra che parcheggia indocàpita gli pare, quanto la ricca di Sinistra che decide che può comprarsi la bambina partorita dall’utero-in-affitto della pezzente ucraina.

Nel Metaverso, regalato/venduto/imposto dall’Organizzazione, entrambi potranno virtualizzare le loro fantasie in totale solitudine, realizzando così l’essenza della Modernità.

Dentro questa sterile polarità, non so nemmeno cosa dire, tanto sono orribili gli esiti dell’interazione tra di loro.

Eppure non mi viene concesso di vedere altro, nel dominio totale della Modernità.

Nello scontro complice tra Organizzazione e Individuo, viene fatto sparire per incanto – o disincanto – il Terzo Attrattore, quello che nella storia umana è stato sempre cruciale, la Molteplicità.

Questo Terzo Attrattore è una diversità inesauribile, di relazioni, a volte terribili, a volte meravigliose, che non sono né organizzazioni né individui.

Relazioni comunque sempre uniche con persone (più che individui), con i nostri morticeddi (un giorno devo raccontare qui le esperienze dell’amico Andrés Lasso quando parla dei funerali in un villaggio profondo del Congo, luogo assai più civile dei nostri), con i sapori, con le montagne, con i ricordi, con i vicoli, con le stagioni, con il cielo, con le ninfe/santi, con le storie che trasmettiamo ai figlioli, con la lucidità e il vino e il mezcal, con i riti, con le notti che passiamo a sognare, con le parole, relazioni tra stati di coscienza.

Relazioni, come la metà delle cellule che abitano il nostro corpo e lavorano con noi, ma non hanno quello che chiamano il “nostro DNA”.

Olobionti.

Citando ancora Stefania Consigliere:

Lo sbarramento dell’immaginario è indispensabile alla dinamica della totalizzazione. Le frontiere da superare e le terre da recintare non sono solo quelle geografiche: partite altrettanto rilevanti si giocano intorno a quelle psichiche, simboliche, oniriche e narrative.

Nell’assoggettamento integrale niente deve arrivare, da fuori, a spezzare la continuità fra individui e mercato, a suggerire l’esistenza di altre logiche e altre esigenze. Niente deve interrompere il ciclo della produzione e del consumo, il nesso fra le esigenze della struttura e le pulsioni individuali.

Del mercato, infatti, sentiamo ogni sussulto, i suoi fremiti riverberano in noi: desideriamo ciò che desidera, temiamo ciò che teme. Per contro, alberi, lupi, fonti, fantasmi, mulini a vento, stelle, dèi e demoni hanno smesso di parlare. Nei sogni e nell’ebbrezza non c’è conoscenza ma solo sragione. Nel destino del mondo non ne va più di noi, nel destino nostro non ne va del mondo. È il disincanto.”

Il mondo della molteplicità, dell’incanto, è in realtà ovunque attorno e dentro di noi, ed è reale almeno quanto l’astrazione dell’Organizzazione e la finzione dell’Individuo.

Il molteplice non è un mondo buono.

Il più grande antropologo di tutti i tempi, Michael Ende, lo aveva spiegato nella Storia infinita, che tanti hanno preso per un simpatico romanzo per bambini.

La molteplicità è un mondo rischioso: ci sono anche i lupi mannari.

Infatti, la Modernità è anche un’incessante manipolazione della molteplicità e dell’immaginario, su due versanti.

Per l’Organizzazione, gli stracci di bandiere dietro cui mandava a morire la carne da cannone, erigendo monumenti in cui si vedeva il povero contadino moribondo sollevato da una dea che puntava vittoriosa il dito verso quel nulla che chiamavano Patria: e l’Organizzazione che pagava il monumento non credeva a nessuna dea.

Per l’Individuo, l’incessante manipolazione pubblicitaria/emotiva, che al piccolo omino de’ i’Duemila fa sognare di essere un re con uno scettro elettronico, che può ordinare ogni capriccio con lo smarfo.[1]

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Stato-Nazione e Consumismo sono entrambe forme criminali di ipnosi.

Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia anche il Terzo Attrattore.

Vivere anche la Molteplicità, uscire dalla dualità di Organizzazione e Individuo, può essere molto pericoloso.

Ma è la cosa più importante in un mondo che sta collassando, e moriremo come stiamo morendo, se non la guardiamo in faccia e non sappiamo accoglierla.

Tutto questo, mi rendo conto, lo racconto con parole complicate.

Eppure, come vedremo, è quello che hanno già intuito persone che riescono a parlare in modo molto meno contorto di me.


Nota:
[1] Il termine tecnico smarfo, per definire lo scettro magico di cui l’Organizzazione dota l’Individuo Re, fu ideato dalla professoressa Daniela Danna, custode di profonda saggezza, di uno splendido sorriso e di un numero superchia di gatti, sospesa per grave insubordinazione dall’insegnamento all’Università di Lecce.

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