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Le tasse non finanziano la spesa pubblica?

di Marco Cattaneo

L’affermazione del titolo (senza punto interrogativo) è spesso citata da parecchi attivisti MMT, al punto da essere da alcuni considerata un punto chiave di questa scuola di pensiero economico. Ma per la verità, non saprei dire se è condivisa in questi esatti termini dai più noti economisti che si riconoscono nella Modern Monetary Theory.

Si tratta di un concetto alquanto controverso, e vale quindi la pena di chiarirlo. Perché negli esatti termini del titolo (ripeto, senza punto interrogativo: “le tasse non finanziano la spesa pubblica”) non è corretto.

Chi sostiene che le tasse NON finanziano la spesa pubblica fa implicitamente riferimento, in effetti, a un principio base della MMT. In regime di fiat money, la moneta è un monopolio pubblico ed è lo Stato a produrla e a introdurla nel sistema economico.

Per cui, se lo Stato non la introducesse, in primo luogo mediante la spesa pubblica, non ci sarebbe moneta con cui pagare le tasse – visto che la moneta è un credito fiscale: lo Stato impone il valore della moneta richiedendo che le obbligazioni d’imposta siano saldate con la moneta nazionale.

Quindi il flusso logico degli eventi è, appunto, che lo Stato prima spende e poi ritira una parte della moneta emessa con le tasse. Per cui le tasse vengono dopo la spesa, che non ha bisogno delle tasse per essere effettuata.

La deduzione che ne traggono alcuni è che se lo Stato emette moneta, non ha mai bisogno di chiederla ai cittadini per spenderla. Ma non è così.

Il punto è che quanto detto sopra fa riferimento solo all’avvio del processo. La moneta deve essere creata per essere poi spesa, certo. Se non ci fosse stata creazione di moneta, non ci sarebbe modo di prelevare tasse, vero. Ma lo Stato spende ogni anno, non una tantum. Per cui la domanda a cui rispondere è: lo Stato potrebbe abolire completamente le tasse e spendere semplicemente moneta che viene prodotta ex novo ed ex nihilo, anno dopo anno ?

Lo risposta è no, per una ragione molto semplice. In un’economia che si sviluppa, è perfettamente normale che la moneta (nel senso lato di mezzi di pagamento e di strumento che incorpora potere d’acquisto) si incrementi anno dopo anno. E lo Stato deve quindi MEDIAMENTE essere in situazione di deficit del bilancio pubblico. Altrimenti i mezzi di pagamento in circolazione si espanderebbero solo per effetto del credito privato, il che sarebbe prociclico e destabilizzante (vedi qui per una breve trattazione dell’argomento).

Ma l’economia, misurata in base al PIL, si espande mediamente, per effetto della crescita reale e dell’inflazione, di qualche punto percentuale all’anno. Non di qualche DECINA di punti percentuali.

Ne deriva che, effettivamente, lo Stato deve essere mediamente in deficit di bilancio, per immettere nell’economia moneta di pari passo con lo sviluppo del PIL nominale: quindi per qualche punto. Ma NON per qualche decina di punti.

Perché fa differenza, che il deficit pubblico medio perseguibile sia “qualche punto” e non “qualche decina” ? Ma perché la spesa pubblica non è “qualche punto” di PIL. Da Stato a Stato la situazione varia, ma si parla di percentuali di solito comprese tra il 30% e il 50%.

Per cui una situazione tipica è che per esempio, NELLA MEDIA, lo stato spenda ad esempio il 40% del PIL, raccolga in tasse il 35% e faccia deficit per il residuo 5%.

Molto banalmente, l’equazione corretta è:

spesa pubblica = tasse + deficit pubblico

che poi è una semplicissima identità contabile, niente di sconvolgente - ma dato quanto detto sopra, ci fa capire che le tasse in effetti finanziano non tutta, ma la maggior parte della spesa pubblica.

Per cui, affermare è che le tasse non finanziano (neanche una parte del)la spesa pubblica è scorretto. In effetti ne finanziano la parte preponderante. E, corollario, pensare che le tasse potrebbero essere abolite è pensare qualcosa di irrealizzabile. A meno di non ridurre la spesa pubblica a pochi punti percentuali di PIL.

Comments

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TUMINI MICHELANGELO
Wednesday, 06 July 2022 10:02
L'equazione Keynesiana, secondo me resta, il punto corretto dell'intepretazione macroeconomica di un sistema economico, sia nazionale che mondiale. Lo strumento di politica economica in stretta connessione con quella fiscale consente ad ogni Paese di analizzare i livelli di reddito nazionale e come redistribuirli. La teoria che si vorrebbe far passare che le tasse non finanziano la spesa pubblica ha un obiettivo terribile e pertanto va criticato e respinto fortemente. L'obiettivo è quello di concentrare in una mano o una testa ogni e qualsiasi scelta è in quanto tale cancellare il ruolo e la funzione della "POLITICA" in una parola cancellare il sistema democratico e di partecipazione alla gestione del BENE COMUNE.
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GABRIELE
Tuesday, 05 July 2022 18:28
Consiglio lettura di How to pay for the War di Keynes, dove si afferma esplicitamente che 'prima' si spende' e 'poi' si incassa. Cosa ribadita tempo fa giustamente anche da Srio Cesaratto.
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