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circolointernazionalista

Mercimonio imperialista

Come era prevedibile per chiunque non avesse gli occhi foderati con del prosciutto da allevamento imperialista, la Turchia ha ottenuto il suo guiderdone nello squallido mercanteggiamento a proposito dell’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO.

Nessuno poteva seriamente credere che il rappresentante della borghesia turca, da anni impegnata nella faticosa ricostruzione di un ruolo di potenza regionale in Medio Oriente, non fosse alla ricerca di un qualche do ut des mentre poneva il proprio veto all’allargamento in funzione antirussa di uno dei moderni covi dei briganti imperialistici. Un veto di vetro, indubbiamente.

Da questo punto di vista la borghesia turca ha ottenuto un indiscutibile successo. Nel Memorandum Trilaterale sottoscritto da Turchia, Svezia e Finlandia, queste ultime, come potenziali alleate della NATO, estendono il loro pieno sostegno alla Turchia contro le minacce alla sua sicurezza nazionale, confermando lo status di organizzazione terroristica al PKK curdo e estendendo questa definizione al YPG (la sezione siriana del PKK), al PYD (Partito di Unione democratica) e ad altre entità politiche curde.

La Finlandia e la Svezia si impegnano inoltre a prevenire non solamente le attività del PKK ma anche quelle di tutte le altre organizzazioni definite di comune accordo terroristiche e quelle che riterranno essere le loro estensioni, nonché le attività di individui in gruppi affiliati, ispirati e collegati a queste organizzazioni.

Il corollario di questo accordo è una libbra di carne umana. La Finlandia e la Svezia sono infatti pronte ad affrontare le richieste turche di estradizione di sospetti terroristi

in modo rapido e completo, tenendo conto delle informazioni, delle prove e dell’intelligence fornite dalla Turchia, e stabilire i necessari quadri giuridici bilaterali per l’estradizione e la cooperazione in materia di sicurezza con la Turchia, in conformità con la Convenzione europea di estradizione.[1]

Il testo del memorandum appare un via libera incondizionato alla deportazione in Turchia di tutti i rifugiati politici curdi di cui Ankara farà richiesta.

Turchia, Finlandia e Svezia confermano inoltre che attualmente tra di loro non sono in vigore embarghi riguardanti il settore delle armi. Eufemismo per definire la fine dell’embargo sulle armi imposto nel 2019 alla Turchia da Stoccolma e Helsinki, in risposta all’offensiva contro i curdi in Siria del Nord.

La Svezia sta modificando il suo quadro normativo per le esportazioni di armi in relazione agli alleati della NATO. In futuro, le esportazioni nel settore della difesa dalla Finlandia e dalla Svezia saranno condotte in linea con Solidarietà dell’Alleanza e in conformità con lo spirito dell’articolo 3 del Trattato di Washington.[2]

Da questo accordo:

  • Gli USA ottengono l’allargamento di un’alleanza militare – di cui hanno l’indiscussa direzione e all’interno della quale hanno un canale privilegiato di esportazione della propria produzione di armamenti – alle frontiere di una Russia che ha scatenato una guerra in Ucraina proprio per prevenire questo allargamento nel suo giardino di casa e, cosa di non secondaria importanza, all’interno dei confini dell’area di proiezione della Germania, unico imperialismo in grado di dare sostanza al miraggio unitario europeo.
  • La Svezia e la Finlandia ottengono garanzie sulla propria sicurezza dalla potenza – a tutti gli effetti “europea” – che al momento dispone più di ogni altra della capacità di proiezione militare: gli USA
  • La Turchia ottiene campo libero sia nella repressione delle organizzazioni politiche autonomiste della minoranza nazionale curda – sottraendo agli avversari nella competizione imperialistica un possibile strumento di destabilizzazione interna del Paese – che nella sua proiezione regionale nel nord della Siria e dell’Iraq, proprio laddove negli anni scorsi forze militari curde sono state armate, addestrate ed equipaggiate dagli USA per sostenere l’urto frontale con le forze dell’ISIS, pagandone un alto prezzo in termini di vite umane, per poi essere abbandonate senza scrupoli ai bombardamenti turchi, in seguito alla momentanea composizione degli interessi interimperialistici nell’area, a cui la “guerra al califfato” aveva fornito l’adeguata copertura ideologica.

La transazione lascia evidentemente soddisfatti tutti i contraenti, eccetto, ovviamente, chi non può sedere al tavolo perché è sul tavolo.

Riepiloghiamo: un’alleanza militare imperialista, in cambio dell’assenso di uno degli alleati che tira sul prezzo per far cadere il proprio veto all’ingresso di due nuovi Paesi in questa alleanza, vende a questo alleato (insieme a ben altro) alcuni dei rappresentanti politici borghesi in esilio di una nazionalità senza Stato, i cui proletari fino a ieri sono stati spesi come carne da cannone – in cambio di vaghe promesse di “sistemazione nazionale” –, spremuti e gettati via da questo stesso schieramento imperialista, nell’ottica della ridefinizione delle sfere di influenza tra Siria e Iraq e in competizione con lo stesso avversario imperialista contro il quale oggi viene utilizzata l’Ucraina…

Ce n’è abbastanza per farsi un’idea ancora più precisa di che cosa rappresentino concretamente nell’attuale fase di imputridimento capitalistico le fantasiose “guerre di liberazione nazionale” e le autentiche “guerre imperialiste per procura”.

I falsi internazionalisti, che si sforzano di introdurre una politica borghese nel movimento operaio, leveranno immancabilmente cori indignati contro il mercimonio imperialista dei curdi, e al tempo stesso negheranno la svendita di proletari ucraini alla propria borghesia nazionale e ai suoi alleati imperialistici che passa sotto il nome di “sostegno alla resistenza ucraina”. Si tratta di due commerci della stessa natura e non si può condannare l’uno facendosi sensali dell’altro.

In entrambi i casi il copione è talmente intrinsecamente, clamorosamente, pienamente, intimamente imperialista che non vederlo, o peggio ancora negarlo – spingendo la nostra classe a farsi massacrare in nome di “guerre al terrorismo”, “operazioni speciali”, “guerre di liberazione” o “resistenze” varie, tutte di segno imperialista – significa ineluttabilmente essere parte di questo copione e complici di chi lo redige, anche se, nei casi di conclamata irrilevanza, complici ancora soltanto potenziali.

Un tradizionale proverbio curdo dice: “non abbiamo amici, solo le montagne”… Nel loro linguaggio, gli operai coscienti di ogni paese e nazionalità – comprese quelle oppresse – parafrasano così: “non abbiamo amici nella borghesia di nessun Paese, solo nella nostra classe internazionale”.


NOTE
[1] https://www.tccb.gov.tr/assets/dosya/2022-06-28-Trilateral-Memorandum.pdf.
[2] Ibidem.

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