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lindipendente

Lo chiamavano “il migliore”, non lo dimenticheremo

di Andrea Legni

Da quando Mario Draghi si è dimesso l’apparato mainstream è inconsolabile. “L’Italia tradita” ha titolato con amarezza La Repubblica, “Addio” l’avvilito Corriere della Sera, “Vergogna”, arrabbiatissima, La Stampa. Pare che il Paese abbia perso una guida insostituibile e illuminata. D’altra parte fin dal giuramento del 13 febbraio 2021 gli stessi giornali l’avevano ribattezzato il governo dei migliori, quello che con la guida autorevole dell’ex banchiere capo di Bruxelles avrebbe rimesso in sesto le finanze pubbliche e ricollocato l’Italia nel prestigioso ruolo che le spetta nell’agone internazionale. Ma qualcuno dovrà pur fare i conti. Quindi ripercorriamo i grandi risultati ottenuti da Mario Draghi nei suoi 523 giorni alla guida del governo.

  1. Il record dei voti fiducia. In una cosa di certo questo è stato effettivamente il governo dei migliori. Nessun altro nella storia repubblicana aveva posto 55 volte il voto di fiducia in meno di un anno e mezzo. 55 occasioni in cui l’esecutivo ha blindato i provvedimenti impedendo che il parlamento potesse discuterli o emendarli. Green pass, super green pass, armi all’Ucraina, riforma della giustizia: tutti le norme principali sono state approvate riducendo il Parlamento al ruolo di passacarte. Una questione sulla quale nessun quotidiano ha avuto granché da ridire, d’altra parte i “migliori” non vanno rallentati con le inutili liturgie della democrazia parlamentare.
  2. Il green pass condannato da Amnesty International. Tra i provvedimenti simbolo del Governo Draghi vi sono certamente il green pass e la sua versione rinforzata del “super green pass” grazie ai quali milioni di italiani sono stati esclusi per mesi dal lavoro e dalla vita sociale. Misure che hanno attirato l’attenzione di Amnesty International. La principale organizzazione per la tutela dei diritti umani a livello mondiale ha infatti dedicato due rapporti alle restrizioni italiane, definite «ingiuste» e «discriminatorie».
  3. Le fake news a raffica in conferenza stampa. D’altra parte Mario Draghi, consigliato dal fido ministro della Salute Roberto Speranza, era stato chiaro in conferenza stampa. «Il green pass permette di avere la certezza di ritrovarsi tra persone non contagiose», anche perché se «Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore». Dichiarazioni clamorosamente false, già all’epoca smentite da ogni ricerca e analisi dei dati, e poi abbattuti definitivamente dall’analisi comparativa tra i dati pandemici italiani e quelli degli altri paesi europei che non hanno introdotto il green pass.
  4. …E quelle sulla guerra in Ucraina. Con le dichiarazioni pubbliche evidentemente Draghi ha dei problemi. E anche questo d’altra parte è piaciuto a quei media che da tempo hanno rinunciato a fare il mestiere di porre domande. È un uomo che non si cura del consenso ma pensa a fare le cose che servono al paese, dicevano. E d’altra parte nelle poche volte in cui si è concesso ai microfoni il Migliore ha fatto più danni delle cavallette. «Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?» dichiarò a inizio aprile per giustificare le sanzioni alla Russia che a suo dire erano «lo strumento più efficace per la pace». A tre mesi e mezzo di distanza della pace non vi è traccia mentre i condizionatori li possono tenere accesi solo coloro che possono pagare bollette più che raddoppiate. Non un problema della presidenza del Consiglio, evidentemente, che per la dimora di palazzo Chigi nel frattempo di condizionatori nuovi ne ha acquistati 57.
  5. Le armi a Kiev calpestando Parlamento, Costituzione e opinione pubblica. Anche con i riti della democrazia Draghi ha avuto parecchi problemi. Il caso simbolo è quello dell’invio di armi all’Ucraina, con il quale il governo è riuscito a calpestare in un’unica occasione Parlamento, Costituzione e cittadini. In barba all’art. 11 della Carta, che prescrive che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, Il governo ha stabilito nelle segrete stanze una lista di armamenti da inviare a Kiev, il cui contenuto non è stato divulgato nemmeno ai parlamentari. Il tutto senza nemmeno tenere minimamente in considerazione il parere dei cittadini italiani, che tutti i sondaggi hanno rivelato fortemente contrari a fornire appoggio militare a Kiev.
  6. I risultati disastrosi in economia. Su tutte le questioni fin qui analizzate i media dominanti sono stati, a voler essere troppo gentili, afoni e distratti. D’altra parte – hanno sempre scritto gli editorialisti che contano – il governo Draghi doveva servire a migliorare l’economia e riportare l’Italia tra i paesi che pesano, mica va valutato su quisquiglie come il rispetto della Costituzione e dell’ordinamento democratico. Sui temi “che contano” Draghi avrà fatto faville, giusto? Gli economisti, quelli bravi, ci hanno spiegato da tempo che il primo parametro di cui occuparsi è lo spread. Se si alza significa che i mercati non hanno fiducia e alla peggio Bruxelles può mandare le lettere per far cadere i governi democraticamente eletti, come successe a Berlusconi nel 2011. Spread nel giorno dell’insediamento di Mario Draghi: 92 punti base. Spread nel giorno delle dimissioni di Mario Draghi: 229 punti base. Nel frattempo i cittadini italiani hanno subito un’erosione senza precedenti del loro potere d’acquisto, nel corso del 2022 un operaio perderà 1.200 euro l’anno. Colpa dell’inflazione, della guerra, di Putin, della pandemia? Le cause certamente sono strutturali, ma un governo servirebbe appunto a mettere in campo misure per contrastarne gli effetti. In Spagna, ad esempio, il governo Sanchez ha deciso di aumentare le tasse a banche e società energetiche per aiutare i lavoratori. In Italia ci si è limitati ad approvare un decreto chiamato pomposamente Decreto Aiuti, in realtà una scatola vuota priva di misure significative.
  7. Ma per qualcuno è stato effettivamente un ottimo governo. Se in Spagna il governo ha tassato le aziende energetiche, in Italia il governo Draghi ha bocciato la proposta di fare altrettanto, salvando innanzitutto i profitti di ENI a discapito dei prezzi delle bollette. La stessa ENI che nel primo trimestre del 2022 ha registrato un utile netto adjusted di 3,27 miliardi di euro grazie al «forte scenario dei prezzi». Inoltre, tra le prime misure prese da Draghi al governo vi è stato lo sblocco dei licenziamenti che era stato introdotto durante il periodo pandemico, una soluzione che ha fatto perdere il lavoro a migliaia di cittadini ma che ha provocato la gioia di Confindustria. Vi è stato poi l’attacco ai servizi pubblici locali, il taglio per sei miliardi alla sanità pubblica, la rinuncia a prendere ogni misura contro le delocalizzazioni aziendali in nome del libero mercato. Tutte iniziative che hanno trovato il plauso incondizionato delle élite economico-finanziarie, che proprio nella ritirata dello stato dall’erogazione dei servizi pubblici vedono nuove preziose opportunità business. Non a caso Klaus Schwab, il presidente del World Economic Forum – ovvero la Confindustria delle multinazionali – ha definito Draghi un «pioniere per una nuova era di governo» e un leader «che abbatte i confini».

Le grandi aziende sono quelle che posseggono quasi tutti i media. Le multinazionali e le industrie fossili sono quelle che attraverso generose pubblicità li tengono in vita nonostante bilanci in profondo rosso. Sarà per questo che i giornali si stracciano le vesti dalla disperazione per la fine del governo “dei migliori”? Oh cazzo, complotto! Chiamate subito i fact-checker indipendenti di Mentana, quelli pagati da Facebook.

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