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sinistra

Vogue di guerra

di Salvatore Bravo

Il premier ucraino Volodymyr Zelensky con la moglie Olena hanno posato per Vogue. Le foto e l’abbigliamento rigorosamente in stile moda-spettacolo sono state infarcite da frasi sull’ eroica resistenza ucraina.

La verità è dinanzi a noi, ci viene incontro, fa mostra di sé, ma se non vogliamo riconoscerla a nulla vale la sua evidenza. Dinanzi a noi vi è l’ennesimo capitolo della società dello spettacolo che trasforma la tragedia in business e palcoscenico.

La reificazione del liberismo scrive un nuovo capitolo della sua storia. L’estraneità al mondo e la derealizzazione sono le punte avanzate della nuova alienazione: la realtà storica con l’odore dei cadaveri prodotti in serie dalla guerra in atto, una delle innumerevoli, come fossero merce da smaltire è soffusa dal velo di Maya della società dello spettacolo. Gli occidentali continuano ad inviare armi all’Ucraina, russi ed i ucraini cadono sul fronte di guerra e nelle città, ma ci giunge l’immagine rasserenante e familiare dei coniugi al potere che posano come in un fotoromanzo: si abbracciano, si scrutano, ammiccano e seducono. Appaiono figure famigliari, muovono o vorrebbero suscitare simpatia.

L’occidente capitalistico è abituato allo spettacolo, alle tragedie che si svuotano di emotività e pensiero per diventare “normalità”. Gli ucraini uccidono e sono uccisi, anche con le nostre armi, ma a noi giunge l’immagine da cartolina di una coppia che posa simile ai reali di uno stato monarchico. La furia della battaglia scompare per lasciare spazio alla simpatia indotta verso l’augusta coppia che normalmente chiede armi, ma che appare su Vogue come incarnazione del mito del successo. Rappresentano il sogno medio degli occidentali: bellezza e ricchezza. Le immagini patinate inducono a rimuovere la crudezza della guerra con i suoi interessi economici e con la battaglia per le materie prime.

I coniugi arrivano in ogni casa, diventano famigliari, sono esposti alla vista degli occidentali, in tal modo l’Ucraina ci sembra più vicina. Sono come noi, vogliono la società dello spettacolo, nello stesso tempo i civili muoiono in trappola, i soldati cadono, ma nel nuovo ordine liberista classista e censitario questo è solo un dettaglio.

 

Il falso come storia del vero

I subalterni sono carne da cannone per natura, pertanto possono essere rimossi dall’immaginario pubblico, al loro posto splendono il sogno e la fuga dalla realtà. Volodymyr Zelensky con la moglie Olena sono il modello per accompagnare i sudditi alla derealizzazione: si gusta la bellezza delle immagini, mentre infuria la guerra. Il sogno oscura la realtà, il potere diviene privilegio, e non più servizio, e si rifugia in una bolla, è la reificazione nella forma della derealizzazione pienamente realizzata. Nella società dello spettacolo il vero è parte della storia del falso. L’augusta coppia che posa nell’indifferenza della guerra come, se non esistesse, e se c’è non dev’essere così terribile, in quanto trovano il tempo per posare. Comunicano al mondo intero che ha sostituito il concetto con l’idolatria della vista e della visibilità, che in fondo, si può continuare a combattere, tanto non è poi così nefasta la guerra come sembra, si continua a vivere e a “godere”. Il vero arriva noi con la visibilità nello splendore di un flash: è l’oscurità della menzogna nella forma della verità:

18. Là dove il mondo reale si cambia in semplici immagini, le semplici immagini diventano degli esseri reali, e le motivazioni efficienti di un comportamento ipnotico. Lo spettacolo, come tendenza a far vedere attraverso differenti mediazioni specializzate il mondo che non è più direttamente percepibile, trova normalmente nella vista il senso umano privilegiato, che in altre epoche fu il tatto; il senso più astratto, più mistificabile, corrisponde all'astrazione generalizzata della società attuale. Ma lo spettacolo non è identificabile con il semplice sguardo, anche se combinato con l'ascolto. Esso è ciò che sfugge all'attività degli uomini, alla riconsiderazione e alla correzione della loro opera. E' il contrario del dialogo. Dovunque c'è una rappresentazione indipendente, là lo spettacolo si ricostituisce1”.

Una vera rivoluzione all’altezza dei tempi contemporanei inizierà con il rovesciamento delle immagini. L’impero del falso governa con l’idolatria delle immagini, siamo dinanzi a una nuovo forma di “congruismo”: siamo le immagini, pertanto non provoca scandalo la nazione in guerra, mentre la coppia al comando è oggetto di un servizio di Vogue come fossero stelle del cinema. Il dominio passivizza con il congruismo della società dello spettacolo.

Non c’è alternativa, l’apocalisse non arriverà con il riscaldamento climatico o con l’atomica, ma vi è il rischio che la fine dell’umanità giunga con la “cultura dello spettacolo”, con la tragica ricerca di un cono di luce per un fugace apparire. L’occidente decade per la fuga di massa ed in massa dalle proprie responsabilità, non vi è un progetto politico e sociale, pertanto non resta che l’abbaglio bruciante del presente. La fuga dalle responsabilità e dall’impegno silenzioso e profondo è il segno che l’Apocalisse è già tra noi, a ciascuno la responsabilità di neutralizzarla con la prassi del concetto.


Note
1 Guy Debord, La società dello spettacolo, Vallecchi, 1979, paragrafo 18.

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