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frontiere

Non è carosello

di horusarcadia

In principio si chiamava réclame e non ne furono estranei nemmeno veri poeti passati alla storia (il nome Rinascente fu opera di D’Annunzio e perfino Majakovskj creò lo slogan per divulgare un biberon) … poi con la moda dell’americanismo si trovò una stentata traduzione di advertising con il termine pubblicità. E fu l’epoca di “Carosello” che avvinse un’intera generazione la sera all’ora di cena (naturalmente davanti alla TV).

Ma era una breve striscia di intrattenimento che poi cedette il passo a ben altre quote di esposizione.

Rimanendo sul piano del linguaggio negli anni ‘80 vi fu qualcuno che creò e diffuse (se lo poteva permettere era Maurizio Costanzo) la perifrasi “consigli per gli acquisti”: più che una nuova traduzione si trattò di una dichiarazione di intenti e, per essere sinceri, una vera e propria confessione. E sì! Perché questo è la cosiddetta pubblicità: un invito al consumo, ripetuto, pressante, ineludibile. Divenne l’ingiunzione che programmò le nostre vite, plasmò il nostro stile, formulò -in nostra vece- i nostri bisogni.

Sul piano ideologico e politico il programma era chiaro: trasformare il cittadino in consumatore perfetto.

Ma spostiamoci un po’dal piano della pragmatica della comunicazione (rivolta al destinatario) al focus sul mittente, cioè chi è che la promuove, organizza, finanzia.

La pubblicità è l’anima del commercio recitava un vecchio adagio ed infatti essa fa indefettibilmente gli interessi di chi vende: ditte, marchi, settori ecc. Questi gruppi di interesse però sono sottoposti a potenti centrali di controllo che decidono l’accesso ai media per i singoli marchi (la pena per gli esclusi è essere relegati all’anonimato e quindi a realtà di dimensioni trascurabili) e assegnano pure le varie quote di clientela ai media (che nell’era delle privatizzazioni significa decidere chi di questi sopravvive e chi scompare). In tal modo queste centrali di controllo determinano, in questo universo comunicativo, tutta la filiera, STRUTTURA in primis dei vari network mediatici: senza le quote di clientela di inserzionisti non si possono finanziare ripetitori, studi di produzione, diritti d’autore, magazzino dei titoli. E’ molto importante ribadire ciò: chi governa la cosiddetta distribuzione pubblicitaria ha il dominio assoluto delle strutture materiali della telecomunicazione (e -ma non è qui la sede per approfondire- della telefonia). Se è chiaro questo tutto il resto, apparirà organicamente inserito in un più vasto disegno di comando e controllo. Infatti come difendere tutto questo potere dal malcontento popolare nella remota ipotesi si possa catalizzare e coalizzare per le condizioni di vita peggiorate (materiali e immateriali)? Come dominare il consenso? Ma con i contenuti!

Il dominio assoluto sui messaggi (i contenuti) è assicurato dalla posizione dominante anzi monopolistica della distribuzione delle quote pubblicitarie, come abbiamo dimostrato precedentemente. Allo stesso modo esistono soggetti che impongono ovunque format di trasmissioni (come i meccanismi dei quiz) e financo schemi dei palinsesti, della “agenda” cioè della quotidiana programmazione mediatica (il più noto è la Endemol, società con sede in Olanda…). Abbiamo poi tutti visto (anche recentemente con la guerra in Ucraina) che i notiziari di tutto il mondo (almeno il cosiddetto occidente) sono assolutamente identici, nel “pezzo”, nel lessico e finanche nella punteggiatura tanto che inferire l’esistenza di una velina universale è del tutto legittimo.

Lo stesso controllo e determinazione avviene nei messaggi pubblicitari (anch’essi universali): dalla definizione di bisogni veri e bisogni falsi all’imposizione di stili di vita (abbiamo tutti ben presente l’affollarsi di immagini di meticciamento, di topic relativi al gender, di consumi alimentari fast fino al recentissimo ri-utilizzo di abiti usati).

I contenuti pubblicitari -che scorrono ormai pervasivamente, come suol dirsi, H24- finiscono per costituire l’immaginario attuale e possono arrivare a cancellare l’identità culturale. In veste di concorrente irriducibile hanno ormai battuto in breccia ogni altra agenzia educativa: famiglia, scuola, partito, chiesa…). Ma tutto questo non sarebbe possibile senza quel soggetto di distribuzione delle quote di cui si diceva all’inizio: quei ristretti nomi che non abbiamo citato ma che fanno capo ai vertici della piramide mondiale.

No, non si tratta più di Carosello…

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