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Vicolo… ceco

di Nico Maccentelli

La manifestazione di Praga è simbolica, perché insieme a quelle britannica e francese, apre a un autunno caldo internazionale.

Essere pronti a questo non significa solo costruire un’organizzazione politica che vada oltre gli stereotipi di una sinistra ormai decotta, incapace di vedere il nuovo che avanza e i nuovi soggetti del conflitto, una sinistra di classe che legge la realtà con le lente dei pii desideri.

Essere pronti a questo significa capire ed essere nel “peronismo”, nel populismo che si va affermando come nuovi montoneros, come portatori di un nuovo anti-autoritarismo libertario, che comprende la disfatta dell’ideologia liberale massacrata dal liberismo selvaggio imposto sui ceti medi devastati.

I nemici anche da questa parte dell’oceano e di oggi sono sempre gli stessi, tra masse popolari e grande capitale e sue oligarchie. “capitalisti angli” diceva Lenin. E oggi ci martoria l’anglosfera e i suoi servi, i suoi Troudeau, i suoi Macron, i suoi Draghi, i suoi Scholtz.

E indipendenza non significa liberazione nazionale, di territorio, ma affermazione sovrana di chi vive e lavora nel territorio contro il capitale deterritorializzato, sovranazionale e delle multinazionali. Significa sovranità nazionale riferita a noi che in questo territorio ci viviamo e lavoriamo, la maggioranza: anche i nostri fratelli migranti. Esserci per contrastare il nazionalismo sporco, sciovinista, del gas nervino, della potenza di piccolo satrapo imperialista, del dividi et impera per abbassare il valore della forza-lavoro.

Indipendenza significa liberazione della nostra economia dalle pastoie di chi ci comanda, dalle borse e dai consigli di amministrazione dei grandi gruppi monopolistici e dalle loro servili cancellerie. Siamo anti-neocoloniali come potenza minore devastata a partire dai settori popolari più disagiati.

Come comunisti per questo dobbiamo esserci tra tricolori e festoni un po’ fuori dalle righe, per coniugare quel senso di patria socialista che faceva mettere un stella rossa sulle bandiere delle Garibaldi. Che cos’è una Rivoluzione Culturale, come si fa e dove: non nelle nostre parrocchie di sicuro. Come comunisti dobbiamo esserci nei movimenti e non solo quando ci fa comodo, magari perché non abbiamo capito il primo passaggio di questa svolta autoritaria dal 2020. Esserci non solo con le proposte politiche e per rafforzare un fronte di classe in un quadro di alleanze, facendo capire che non c’è nazionalizzazione senza un potere popolare che afferma i diritti, il reddito, il lavoro, i servizi per il proletariato e che i ceti medi possono trarre vantaggio da una politica di piano che redistribuisce nel rispetto di tutti. Esserci anche con i nostri valori: una rivoluzione culturale e politica parla anche di patriarcato, di razzismo, riportando nelle fogne la lebbra nazifascista, maschilista, omofoba.

In un Europa piena di bandiere patriottiche si deve dare battaglia. Non andare sull’Aventino… quando il popolo ti può essere vicino.

E tutto questo quando un movimento continentale ci fa capire che l’internazionalismo non è semplicemente un assioma ideologico, ma un processo concreto di liberazione proletaria e popolare che tocca una molteplicità di paesi: rompere l’UE, uscire dalla NATO, rovesciare il tavolo delle borghesie imperialiste: il primo passo. Un paese da solo non ce la fa, lo si è visto con la Grecia. Ecco il perché dell’unità dei popoli con tutte le loro differenze interne (anche di classe) ed esterne, solidarietà sociale, unica strategia politica, unico obiettivo, internazionalizzazione del conflitto.

Non sarà un inverno freddo se lo scalderemo col fuoco della rivolta, del boicottaggio delle bollette e di altre modalità per colpire il nemico laddove soffre di più: i profitti. I portuali di Trieste lo avevano capito, ma certi compagni pur andando a Trieste non ne parlano: come parlare di gente che sbandiera crocefissi, nevvero? Non parla delle cariche poliziesche violente delle denunce, quando l’autonomia operaia non è un posizionamento ideologico, ma un attacco materiale, molto fisico alla catena del valore del capitale, è autovalorizzazione nell’esercizio di un contropotere reale che il nemico può solo spazzare via con la repressione. Mancano i comunisti, ma potrei dire chi se frega, visto che te li regalo questi qua!

Pensate pure di avere qualche parlamentare. Ma quello che conta è fuori, è nella società concreta, nelle piazze. E con quello che si sta scoprendo con la gestione criminale di regime della pandemia… tutti i nodi verranno al pettine non solo per gli artefici di regime, ma anche nel definire su quali siano le avanguardie politiche riconosciute sul campo, nella prassi, le avanguardie del movimento che sta montando.

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