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 Gli «affari correnti» della tecnocrazia

di Il Rovescio

Quando, nel febbraio del 2021, si è insediato il governo Draghi, scrivemmo subito (https://ilrovescio.info/2021/02/17/la-grande-transizione-sul-governo-draghi/) che la novità più pericolosa era costituita dai due Ministeri alla Transizione («ecologica» e digitale), in quanto organi propulsori dell’Emergenza nonché raccoglitori di buona parte dei fondi del Recovery Plan (poi PNRR); e che il nesso digitalizzazione-militarismo – ben rappresentato dal duo Colao-Cingolani (cioè Vodafone-Istituto Italiano di Tecnologia-Leonardo-Finmeccanica) avrebbe trovato nel cosiddetto Green New Deal il proprio perno. Così come l’Emergenza Covid-19, con i suoi Comitati Tecnico-Scientifici, le sue task force e il suoi Commissari NATO, ha fatto della «guerra al virus» una formidabile occasione di ristrutturazione e di ingegneria sociale, l’Emergenza bellica e ora energetica permette di proseguire l’opera a redina bandita. Come noto, la sola minaccia delle sanzioni sul gas russo (il cui flusso si manteneva costante) ha aperto mesi fa il mercato europeo al GNL statunitense, il cui prezzo è presto aumentato di ben quindici volte nella Borsa di Amsterdam.

Di qui la strategia Win-Win di ENI e governo dei migliori: vendere al pubblico il gas russo ai prezzi di quello statunitense (diventato nel frattempo, ça va sans dire, «green»); promuovere i rigassificatori senza i quali il gas liquefatto nordamericano è inutilizzabile; rilanciare il nucleare («green» anche quello, per decreto europeo), «male minore» di fronte alle bollette alle stelle, ai razionamenti e al disastro economico-sociale che si annuncia. Se il piano complessivo è piuttosto evidente, l’ulteriore putsch tecnocratico si trova, come il dio warburghiano, nei dettagli.

Le misure infami nascoste nei Decreti dai nomi più consensuali non sono certo una novità del governo Draghi. Basti pensare al «Decreto anti-stupri» del governo Berlusconi in cui era stata inserita l’ostatività degli arresti domiciliari per gli accusati di «associazione sovversiva con finalità di terrorismo» (270-bis) in attesa di processo. Con lo stesso gioco sporco, il «Decreto aiuti» del 17 maggio 2022 (chi mai sarà contrario agli «aiuti»?) abolisce con una tratto di penna ben 30 pareri per l’iter autorizzativo dei rigassificatori, imponendo un «procedimento unico, da concludersi entro centoventi giorni». Siccome un «piano strategico» ha bisogno di un Comandante, il recente «Decreto aiuti bis» assegna alla figura già esistente del «Commissario unico» pieni poteri al di sopra di Comuni, Province e Regioni. Ce ne informa, con la consueta lingua di legno, l’art. 32 (comma 7):

In caso di ritardo o inerzia da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o di un ente locale, anche nella fase di rilascio dell’autorizzazione […], tale da mettere a rischio il rispetto del cronoprogramma, il Presidente del Consiglio dei ministri, anche su proposta del Commissario di cui al comma 5, può assegnare al soggetto interessato un termine per provvedere non superiore a trenta giorni. In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il soggetto interessato, il Consiglio dei ministri individua l’amministrazione, l’ente, l’organo o l’ufficio, ovvero in alternativa nomina uno o più commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari […]. In caso di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente proveniente da un organo della regione, o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano o di un ente locale, il Commissario di cui al comma 5 propone al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, entro i successivi cinque giorni, di sottoporre la questione alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per concordare le iniziative da assumere, che devono essere definite entro il termine di quindici giorni dalla data di convocazione della Conferenza. Decorso tale termine, in mancanza di soluzioni condivise che consentano la sollecita realizzazione dell’intervento, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro per gli affari regionali e le autonomie nei pertinenti casi, propone al Consiglio dei ministri le opportune iniziative […].

Come si vede, l’imposizione accelerata di una Grande Opera alle popolazioni locali appartiene agli «affari correnti» da sbrigare in attesa del prossimo governo. Questo per l’energia. Veniamo ora al digitale (o meglio all’ibrido «ecologico»-digitale). Sempre all’articolo 32 (comma 1), si può leggere:

[…] possono essere istituite aree di interesse strategico nazionale per la realizzazione di piani o programmi comunque denominati che prevedano investimenti pubblici o privati anche cumulativamente pari a un importo non inferiore ad euro 400.000.000,00 relativi ai settori di rilevanza strategica. Ai predetti fini, sono di rilevanza strategica i settori relativi alle filiere della microelettronica e dei semiconduttori, delle batterie, del supercalcolo e calcolo ad alte prestazioni, della cibersicurezza, dell’internet delle cose (IoT), della manifattura a bassa emissione di Co2, dei veicoli connessi, autonomi e a basse emissioni, della sanità digitale e intelligente e dell’idrogeno, individuate dalla Commissione Europea come catene strategiche del valore.

Per permettere tali opere (il meccanismo si potrà in seguito applicare anche alle centrali nucleari, nonché alle linee del TAV, agli inceneritori ecc.), si stabilisce che il fondo economico stanziato dal governo «costituisce titolo per la costituzione volontaria o coattiva di servitù connesse alla costruzione e gestione delle stesse opere, fatto salvo il pagamento della relativa indennità e per l’apposizione di vincolo espropriativo». Insomma, qualsiasi progetto di digitalizzazione – privato, pubblico, pubblico-privato – può beneficiare delle stesse «servitù» delle infrastrutture militari. Per far posto alle smart cities, al loro 5G, al loro Internet delle cose e alle loro auto a guida autonoma, si possono ben rimuovere – se del caso manu militari – porzioni di territorio e i loro abitanti.

Nell’immediato, smascherare ENI e governo è senz’altro un utile contributo alle proteste contro il caroviveri, il caro-bollette e l’economia di guerra. Ma se non cogliamo l’aspetto decisivo del nesso digitalizzazione-militarismo in salsa «green» ci troveremo a combattere battaglie su terreni secondari. Se non attacchiamo frontalmente la logica dell’Emergenza, i costanti «aiuti» tecnocratici ci costruiranno attorno una prigione senza sbarre e con il comfort delle radiazioni nucleari.

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