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frontiere

I dieci piccoli indiani della disintegrazione epocale

di Gimmi Santucci

Dieci istanze che comprendono il nostro vivere, dieci aree devastate una a una, come una macabra filastrocca, un rituale disumano che non trascura nulla. Tentiamo di sorvolarle a bassa quota, consapevoli che la velleità di ogni vué dégagée trascura nitidezza e dettagli.

10. Il liberismo ha vinto. Da quarant’anni ha ripreso vigore occupando ogni ambito.

L’economia poteva essere lo spazio naturale in cui impiantare il suo corredo di libero mercato, Stato minimo, sistema aperto e lassaiz faire. Ma la reazione neoclassica era talmente urgente che ha imperversato sull’informazione, sull’istruzione, su ogni dinamica sociale. Hanno vinto e hanno preso tutto, e non sono neanche gli austriaci alla Hayek, dove l’economia era ancora una scienza sociale, ma i Chicago Boys di Friedman, per cui l’economia diventa disciplina empirica da coniugare al monetarismo e al culto della moneta scarsa.

9. Questo non è bastato. Istanze geopolitiche esogene hanno imposto lo smantellamento del comparto manifatturiero, della trasformazione industriale. Lo stile e l’inventiva nostrane sono espatriate. In nome dell’economia di scala, del gigantismo produttivo e della delocalizzazione, ci siamo persi anche le banche, gran parte della Piccola e Media Impresa, nostra spina dorsale, e il controllo della Borsa.

Nel frattempo stiamo perdendo anche il turismo e il “fuori casa” a favore di gruppi che fanno finanza più che ospitalità. Né industria, né servizi, né creatività. Cosa resta?

8. Oltre alla negazione di una politica industriale, lo stesso si è fatto con quella estera. I rapporti con l’Oriente di Russia e Turchia sono sospesi o compromessi, abbandonati l’influenza e gli interessi nel Mediterraneo. Ogni intento di proiezione e posizionamento in qualsiasi parte e settore di mondo è dimenticato. Una terra proiettata al centro del Mediterraneo, a sua volta snodo di tre continenti, relegata a ruolo di portaerei in terra per conto terzi, comparsa muta della dialettica internazionale.

7. Del resto è dimenticata l’azione politica tutta. La cerniera tra la gente e le Istituzioni è scardinata. Non c’è più una visione di lungo termine, una rappresentanza popolare, il Parlamento esautorato è solo il simulacro dell’indirizzo e del controllo della gestione nazionale. Mani Pulite, Maastricht e la Moneta Unica hanno spazzato via politica e politici. Restano socialari sloganatori travolti dalla corrente di qualche sponsor, in un alveo decisionale asciutto.

6. Così ci troviamo privati della percezione di chi siamo e di cosa possiamo rappresentare, quale azione e ruolo dobbiamo svolgere negli equilibri complessivi, come dobbiamo posizionarci nello scenario in trasformazione. Deindustrializzati, fiaccati nella produzione di qualità, spariti i Centri Stile, i precursori di tendenze, le Scuole artistiche, ogni eccellenza, resta l’autolesionismo di riconoscerci lestofanti e nullità, di compiacere chi ha un interesse contrario al nostro, di obbedire zelanti a chi ci utilizza come salvadanaio e deposito attrezzi.

5. Ogni soluzione proposta per un domani migliore, che sarà sempre un domani in più e mai un oggi, riguarda sempre e solo tecnica e contabilità. Ci salveremo solo con artifici di bilancio, debiti da ridurre, da contrarre per forza, partite di giro e distribuzioni monetarie pretestuose e disfunzionali? Ci salveremo solo con l’ecumene digitale, una chimica fine a sé stessa e l’involuzione energetica? Mentre il culto positivista si impone su ogni istanza, soccombe l’Uomo, costretto a servire sistemi favorevoli a pochi e letali per troppi, aspettando l’aporia di un’Intelligenza Artificiale che rischia di rimanere l’autopoiesi cibernetica di un borborigmo.

4. Per garantirsi la quiescenza collettiva, i decenni di dominio neoclassico reazionario hanno provveduto a squalificare l’Istruzione, hanno impoverito il pensiero privandolo di conoscenze, ne hanno limitato l’espressione appiattendo il linguaggio, hanno sterilizzato l’analisi e la critica disabituando alle connessioni, al dubbio, alla verifica delle informazioni. Anche la laurea è un concorso a punti, un breviario illustrato, un compendio di nozioni da Trivial Pursuit. Sotto i cinquant’anni abbondano strutture mentali simili ad applicazioni informatiche che riducono la conoscenza a un’interfaccia utente per il disbrigo di poche azioni.

Così facendo, un nuovo analfabetismo è alle porte, foriero di fenomenologie oligofreniche e atteggiamenti autistici dove sinapsi, epistemica ed emotività vanno in corto circuito per assenza di tassonomia.

3. Un tale contesto esclude la sinderesi, l’equilibrio e la proporzionalità tra l’approccio idiografico e quello nomotetico.

La distinzione tra Bene e Male, tra individuo e collettività, tra bisogno specifico e beneficio comune è distorta se non annullata. Lo spazio di reciprocità sociale e di garanzia etica è occupato dall’incertezza che disorienta e destabilizza, dall’iniquità e dall’assenza di ogni parametro valoriale certo, dalla competizione che annulla qualsiasi cooperazione, sversando l’arbitrio in una anomia intermittente e schizofrenica che non consente un fondamento morale condiviso.

2. Le interazioni sociali e gli accadimenti si svolgono prescindendo dalla consequenzialità e da un senso da cogliere. Prevalgono i rapporti di forza, rimarcati con l’avvicendarsi di scelte controintuitive e paralogismi “ex abrupto”. Il tutto in uno svolgersi temporale artefatto, dove il passato è una dimensione da rinnegare, il futuro è l’unica a cui protendere senza che arrivi mai, costretti a una successione di presenti dove niente sedimenta e tutto si confonde in un relativismo selettivo avverso alla maggior parte di noi.

1. C’è una confusione voluta sulla dimensione spirituale ed energetica dell’uomo. La risorsa sovrumana, il potenziale ultra fisico, la multidimensionalità esistenziale sono ridotte a farneticazioni di aggregati settari, a cenacoli esoterici di cui sospettare, a fenomeni da schernire e sfatare con qualche articolessa riduzionista. Invece un nuovo percorso potrebbe partire proprio dal riappropriarsi della nostra dimensione ontologica, filosofica e trascendentale. Consapevolezza, armonia, frequenza vibrazionale alta determinano il nostro benessere più che l’aria e il nutrimento. E ci rendono rendono extra-ordinari.

Nessuna velleità di proporre soluzioni ora, se non aspettare il momento per ripartire ricostruendo spazi, ritrovando paradigmi a nostra misura, declinando nuove categorie ispirati da ciò che ha reso le nostre storie vivibili.

0. Ci sarà “il giorno dopo”, saremo stanchi. L’anima sarà intasata per quanta inutile e ingiusta fatica avrà filtrato. Ma dovremo comprendere noi stessi, considerare gli altri, guardarci negli occhi, tenderci le mani e assistere come per la prima volta all’eterno prodigio del nostro respiro e dell’alba, quale è sempre stata e quale sarà ancora.

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