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Ucraina: una guerra di confine, come altre della storia, ma...

di Piccole Note

 

Nel dedicare pagine intere alle magnifiche sorti e progressive della controffensiva ucraina, la stampa occidentale dimentica sia la parola pace, ormai sinonimo di filo-putinismo, sia la realtà. E la realtà vuole che una guerra si sa quando inizia e non si sa quando finisce. Anzi, nel caso specifico, se ingoierà il mondo in un Armageddon nucleare.

 

Ucraina, Iran, Taiwan… il programma delle guerre infinite

Gli analisti occidentali, i tanti pseudo-esperti, derubricano quest’ultima possibilità a un evento impossibile, come se un conflitto del genere possa essere tenuto sotto controllo alla stregua di uno dei tanti interventi militari di questi anni di guerre infinite.

Una distrazione di massa necessaria per evitare che i cittadini dei Paesi occidentali si pongano domande vere su questa guerra: se cioè sia il caso di continuare ad armare l’Ucraina rischiando una guerra atomica e se sia il caso di preoccuparsi per quest’ultima eventualità, preoccupazione che farebbe apparire la retorica bellicista – mascherata da alti ideali – per quel che è, cioè una follia. E urgerebbe l’apertura di un negoziato.

Al di là di tale eventualità, resta la spinta per rendere questo conflitto una guerra infinita, uno dei tanti anelli di quella catena che da anni sta costringendo il mondo in vincoli sempre più ferrei (con una stretta ulteriore, in un prossimo futuro, in Iran e Taiwan). Questo il senso della dinamica con cui si dispiega la propaganda, che persevera nel raccontare il conflitto alla stregua di quelli precedenti e con la stessa sicurezza nella vittoria della Nato-Ucraina.

 

La Russia come la Libia o l’Iraq?

Le differenze rispetto alla guerra contro l’Iraq di Saddam e la Libia di Gheddafi sarebbero solo nelle dimensioni del campo di battaglia e nell’impegno dei Paesi partecipi del conflitto. Si va, cioè, in uno scenario in cui si dispiega una guerra su ampia scala. E Il fatto che la Russia non userà mai le armi nucleari dà garanzie di vittoria, come starebbe dimostrando la controffensiva ucraina. Ma è davvero così?

Anzitutto va puntualizzato che la controffensiva in questione, che sta costando perdite umane pesantissime agli attaccanti (ma, a quanto pare, tale particolare non importa a nessuno, non viene nemmeno accennato…), è solo un capitolo di questo conflitto, che non è certo prossimo a finire, dal momento che l’esercito russo si sta riorganizzando e rafforzando.

Ma al di là del particolare, resta che anche l’idea che in una guerra su larga scala contro la Russia l’Occidente ha la vittoria in tasca, potrebbe essere una tragica illusione. Sul punto ci pare interessante quanto riporta Larry Johnson.

 

Guerra e produzione industriale: un binomio inscindibile?

“L’Occidente non ha più la base industriale per eguagliare la produzione russa di materiale bellico. Questa debolezza è aggravata dal doppio smacco dell’inflazione e del collasso economico che sta devastando l’Europa e iniziando a danneggiare gli Stati Uniti. Il Royal United Services Institute (RUSI), il più antico think tank del mondo nel settore della difesa e della sicurezza del Regno Unito, ha recentemente pubblicato un importante saggio che descrive in dettaglio questo declino”:

“La guerra in Ucraina ha dimostrato che l’era della guerra industriale è ancora attuale. Il consumo massiccio di attrezzature, veicoli e munizioni richiede una base industriale su larga scala per il necessario rifornimento: la quantità ha ancora una qualità propria. Il combattimento di massa ha contrapposto 250.000 soldati ucraini, sommati a 450.000 soldati cittadini recentemente mobilitati contro circa 200.000 soldati russi e separatisti. Lo sforzo per armare, nutrire e rifornire questi eserciti è un impegno enorme. Il rifornimento di munizioni è particolarmente oneroso. Per l’Ucraina, ad aggravare questo compito ci sono le capacità russe di attacchi profondi, che prendono di mira l’industria militare ucraina e le reti di trasporto in tutto il paese. L’esercito russo ha subito a sua volta attacchi e sabotaggi transfrontalieri da parte dell’Ucraina, ma su scala ridotta. Il tasso di consumo di munizioni e attrezzature in Ucraina può essere sostenuto solo da una base industriale su larga scala”.

“Questa realtà dovrebbe suonare come un monito concreto per i paesi occidentali, che hanno ridimensionato la capacità industriale militare e sacrificato scala ed efficacia in favore dell’efficienza. Questa strategia si basa su presupposti errati sul futuro della guerra ed è stata influenzata sia dalla cultura burocratica dei governi occidentali che dall’eredità di conflitti a bassa intensità. Attualmente, l’Occidente potrebbe non avere la capacità industriale per combattere una guerra su larga scala. Se il governo degli Stati Uniti ha in programma di tornare ad essere l’arsenale della democrazia, le capacità esistenti della base militare-industriale degli Stati Uniti e le ipotesi fondamentali che ne hanno guidato lo sviluppo devono essere riesaminate”.

“Il tenente colonnello (Retd) Alex Vershinin, cittadino statunitense, spiega in dettaglio la sfida che gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO dovranno affrontare se andranno a ingaggiare la Russia in una battaglia colpo su colpo”:

“Attualmente, gli Stati Uniti stanno diminuendo le scorte di munizioni di artiglieria. Nel 2020, gli acquisti di munizioni di artiglieria sono diminuiti del 36%, per una spesa di 425 milioni di dollari. Nel 2022, il piano è di ridurre la spesa per le munizioni di artiglieria da 155 mm a 174 milioni di dollari. Ciò equivale a 75.357 colpi di base M795 per l’artiglieria regolare, 1.400 colpi XM1113 per l’M777 e 1.046 colpi XM1113 per cannoni di artiglieria a lunga gittata. Infine, ci sono 75 milioni di dollari diretti alle munizioni a guida di precisione Excalibur che costano 176.000 dollari per round, per un totale di 426 colpi. In breve, la produzione annuale di artiglieria degli Stati Uniti durerebbe nella migliore delle ipotesi solo da 10 giorni a due settimane di combattimento in Ucraina. Se la stima iniziale dei proiettili russi sparati fosse superiore del 50%, l’artiglieria durerebbe solo per tre settimane”.

“Gli Stati Uniti non sono l’unico Paese ad affrontare questa sfida. In un recente gioco di guerra che ha coinvolto le forze statunitensi, britanniche e francesi, le forze britanniche hanno esaurito le scorte nazionali di munizioni critiche dopo otto giorni”.

“La Russia, al contrario, può contare su impianti di difesa che lavorano 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e producono munizioni, veicoli, carri armati, droni, missili e razzi. L’Occidente lavora ancora con l’illusione che l’economia russa stia vacillando. La Russia ha i minerali, il materiale e il personale qualificato necessari per produrre ciò di cui l’esercito russo ha bisogno per sostenere le operazioni; peraltro operazioni di combattimento particolarmente intenso”.

 

Verso un’economia di guerra

Non sappiamo se Johnson abbia ragione, ma il report del RUSI colpisce. C’è un rimedio a tale situazione ed è un ri-orientamento dell’intera economia d’Occidente verso una economia di guerra. E sembra che, in effetti, qualche passo in tale direzione si stia già facendo.

E però, tale rimedio graverebbe ancora di più sui cittadini d’Occidente, richiedendo ad essi un ulteriore, drastico, impoverimento, i cui effetti andranno a sommarsi a quelli prodotti dalla crisi economico-finanziaria, dalla pandemia e dalla penuria energetica.

Uno scenario più che disastroso e che, peraltro, non assicura che produrrà la vittoria contro la Russia. E tutto per quella che è ancora una contesa di confine, tale la controversia del Donbass. Una contesa come altre, innumerevoli, che hanno costellato la storia dell’umanità. Solo che a quelle l’umanità è sopravvissuta…

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