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I raid russi in Ucraina e i guai di Musk e di Trump

di Piccole Note

 

Iniziano a circolare preoccupazioni di un allargamento del conflitto alla Bielorussia, sviluppo che farebbe alzare drammaticamente la scala della guerra e per questo accarezzato dai suoi costruttori fin dall’inizio dell’invasione russa, quando propalavano informazioni, risultate false, che questi stavano attaccando l’Ucraina dal territorio del Paese alleato. Ma per ora non c’è nulla di concreto. In attesa di sviluppi, val la pena registrare alcuni cenni significativi della stampa americana.

Anzitutto sui raid che la Russia sta conducendo sull’Ucraina. Da mesi sui media e negli interventi di politici e analisti si rincorrono voci sul possibile uso dei russi di atomiche tattiche. Una tesi irragionevole sia perché Putin ha sempre detto che userebbe l’atomica solo in caso di un’aggressione alla Russia, sia perché sarebbe da pazzi gettare un’atomica nel giardino di casa. Le radiazioni avvelenerebbero il suo esercito e i cittadini russi che vivono nella zona più occidentale del Paese, la più popolata.

 

Non disturbare inutilmente gli americani

Tale narrazione è un’arma di distrazione di massa: serve cioè a derubricare gli avvertimenti di Putin, e quelli più recenti di Biden, sul pericolo di un’escalation nucleare a un evento secondario perché, anche in tal caso, sarebbe limitato al territorio ucraino.

Dire che la guerra può andare fuori registro, che cioè potrebbe provocare un’escalation nucleare, come ha detto Biden, il quale giustamente ha spiegato che, anche in caso dell’uso di atomiche tattiche, il passaggio a una guerra nucleare è breve e più che probabile, rischia di rovinare il giochino.

Un giochino che prevede che la Nato fornisca armi, intelligence, mercenari e quanto altro, senza che gli Stati Uniti, da cui la Nato dipende, subiscano conseguenze, le quali gravano tutte sulle spalle degli ucraini, usati come carne da macello di questa guerra per procura.

Per questo non bisogna allarmare sui reali pericoli che comporta questo gioco al massacro. Esauriente, in tal senso, l’editoriale del Wall Street Journal sull’allarme “Armageddon” lanciato da Biden, il quale è trattato dal giornale mainstream come un povero demente che, tra una tartina e un cocktail (sic), si è lasciato andare a considerazioni che “hanno spaventato inutilmente gli americani”. Inutilmente, appunto. Tutto sotto controllo, non c’è niente da vedere, come si dice nei film polizieschi, e il gioco al massacro può continuare.

Per quanto riguarda il ristretto teatro di guerra, però, continuare ad allarmare sulla possibilità che Mosca usi atomiche tattiche serve, perché disumanizza il nemico, una tecnica usata in tutte le propagande di guerra.

 

Di armi nucleari e convenzionali

Resta che la Russia non ha alcun bisogno di esse, come scrive, in maniera più autorevole di noi, Leon Hadar sul National Interest. in un articolo che analizza i raid che la Russia sta compiendo sul territorio ucraino a seguito dell’attentato al ponte di Kerch.

Hadar ricorda ai distratti analisti “che una superpotenza globale può paralizzare una piccola o media potenza senza ricorrere alle armi nucleari”, semplicemente “usando tutta la forza delle sue armi convenzionali”. Infatti, spiega Hadar, il potenziale delle armi convenzionali è enorme ed enormemente sottovalutato dagli analisti della guerra ucraina.

“Contrariamente alla nostra memoria storica collettiva – scrive Hadar – il bombardamento più distruttivo della storia umana non è stato causato dalla bomba atomica lanciata dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki, in Giappone, ma il bombardamento aereo di Tokyo dell’aviazione americana nel corso di due notti del marzo 1945. Quei raid hanno provocato la morte di circa 100.000 civili giapponesi e oltre un milione di senzatetto, mentre il bombardamento atomico di Nagasaki ha provocato tra le 40.000 e le 80.000 vittime”.

Quindi, conclude Hadar, “perché Putin dovrebbe usare armi nucleari prima di aver impiegato tutta la forza della sua potenza aerea e delle altre armi convenzionali, missili compresi, per costringere il leader ucraino Volodymyr Zelenskyy ad accettare un accordo che garantisca gli interessi russi?”.

Domanda retorica che implica la risposta: ha la potenza delle armi convenzionali dalla sua, che neanche le difese aeree inviate dalla Nato possono contrastare con successo (al massimo serviranno solo più bombe e missili), perché dovrebbe usare le armi nucleari?

Insomma, le analisi sul potenziale uso di atomiche tattiche sull’Ucraina portano fuori strada. Resta, certo, il rischio di incidenti di percorso dati da un’eventuale fuga radioattiva di qualche centrale atomica, come quella di Zaporizhye bersagliata dalle forze ucraine, ma è tutt’altro discorso e dovrebbe affrettare i negoziati, ma non accade.

 

La Russia si sta trattenendo

Quanto ai raid, appare interessante quanto aggiunge Hadar: “L’incapacità della Russia di ottenere la superiorità aerea in Ucraina potrebbe riflettere, come suggeriscono alcuni analisti, la loro mancanza di esperienza nell’uso della forza aerea come strumento strategico o, più probabilmente, l’aviazione russa ha trattenuto tutte le sue capacità“.

Frase di grande interesse, che fa intravedere un aspetto della guerra che i media tendono a offuscare. La scarsa potenza di fuoco della Russia, secondo molti analisti, sarebbe da ascrivere alle poche scorte dei suoi arsenali che, fin dai primi giorni di guerra, l’intelligence occidentale afferma che sono in esaurimento, venendo sempre smentita dal prosieguo della guerra, nel corso della quale, poi, sono magicamente riapparsi.

La realtà indica che Mosca sta trattenendo le sue potenzialità, come reputa Hadar. E ciò si accompagna alla sua spinta per una soluzione diplomatica del conflitto, com’è avvenuto di recente con le aperture per un incontro tra Putin e Biden al G20.

A negare possibili negoziati sono le autorità ucraine, che hanno anche legiferato in tal senso, su suggerimento dei loro sponsor. Sperano di vincere? Nessuno ci crede tra i loro sponsor, come abbiamo riferito nella precedente nota citando il Washington Post.

Una prospettiva di cui certo avranno informato anche i loro sponsorizzati, soprattutto le alte sfere militari ucraine, che sicuramente sanno come stanno le cose. Tant’è, il meccanismo, di certo fino alle midterm, andrà avanti così.

 

I guai di Musk e di Trump

Unica novità di rilievo è che Elon Musk ha dichiarato che non può più sostenere i costi dello Starlink, chiedendo al Pentagono di sostenere le spese. Il sistema che permette agli ucraini di comunicare, infatti, costa miliardi, anche perché soggetto al consumo a causa degli attacchi russi.

Scaricando Starlink, Musk sembra aver risposto all’odio scatenato contro di lui dal governo di Kiev, che, per rimanere nel prosaico, non ha affatto gradito la proposta di pace che ha avanzato di recente.

Ma è probabile che sia anche la risposta all’establishment che tenta di sbarrare la strada alla sua offerta di acquisto di twitter, operazione per cui, non certo a caso, è stato messo sotto indagine della Sec (Securities and Exchange Commission è l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori) .

Tale operazione è vista con sospetto, soprattutto dopo che Musk ha lanciato la proposta di pace che pare fare il paio con le dichiarazioni di Trump sulla necessità di avviare negoziati tra Kiev e Mosca.

Trump è stato chiamato in giudizio dalla Commissione d’inchiesta del Congresso che, con stile sovietico, sta indagando sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, ed è possibile che sia incriminato prima delle elezioni di Midterm di novembre, per aver favorito l’assalto o altro.

Uno dei più importanti corifei dell’ex presidente, Alex Jones, che conduce quello che forse è il media online più seguito dei repubblicani, è stato condannato a pagare un miliardo di dollari di risarcimento alle famiglie delle vittime della strage di Sandy Hook, per aver sostenuto tesi complottiste (quanto dovrebbero pagare i cronisti che hanno sostenuto la tesi che Saddam possedeva armi di distruzione di massa?).

Tanti esponenti di rilievo che sostengono Trump sono inseguiti dalla giustizia e dell’Fbi. Probabile che anche i guai di Musk, che con la sua operazione su twitter potrebbe incidere sulle sorti dell’Impero (tale l’importanza del social media) siano solo iniziati.

Ps. Il Washington Post rivela che l’intelligence sapeva con una settimana di anticipo quel che si preparava a Capitol Hill… perché non ha fatto nulla? Trump ha sempre diffidato, anche in pubbliche dichiarazioni, dell’intelligence Usa. Forse aveva qualche ragione.

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