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Vogliono la terza guerra mondiale?

di Piccole Note

“L’Ucraina ha cercato di indurre la NATO a iniziare la terza guerra mondiale dopo aver bombardato accidentalmente la Polonia”. Questo il titolo di un articolo di Andrew Korybko pubblicato dal Ron Paul Institute.

Korybko ripercorre i fatti, cioè che un S-300 ucraino, un sistema d’arma antiaereo di fabbricazione russa in dotazione anche all’esercito ucraino, ha tentato di abbattere un missile nemico e per errore ha lanciato un vettore in territorio polacco.

“La leadership ucraina – prosegue – era ben consapevole dell’accaduto, ma ha deciso di propagare la teoria del complotto più pericolosa della storia nel tentativo di scatenare letteralmente la terza guerra mondiale”.

“Zelensky ha mentito al mondo descrivendo il bombardamento accidentale della Polonia da parte delle sue forze come ‘un attacco missilistico russo contro la sicurezza collettiva’ e urgendo la NATO ad ‘agire’. Il suo ministro degli Esteri, a sua volta, ha affermato che le ricostruzioni secondo le quali Kiev era responsabile dell’incidente non erano altro che ‘propaganda russa’”.

Non solo le autorità ucraine. Così Connor Echols Responsible Statecraft: “I funzionari occidentali ora concordano sul fatto che i razzi S-300 di fabbricazione russa siano stati lanciati dalle forze ucraine per contrastare gli attacchi della Russia alle loro infrastrutture”.

“Ma tale conclusione è giunta dopo una lunga giornata di accuse, durante la quale molti esponenti politici e opinion leader dei media avevano usato dell’esplosione come di un’opportunità per condannare Mosca e chiedere una risposta rapida, fino a invocare l’impegno alla difesa collettiva previsto dalla NATO”.

“Per dirla in modo più schietto, molte persone di rilievo [dell’Occidente] hanno trascorso la giornata di ieri chiedendo la guerra tra le due maggiori potenze nucleari del mondo”.

Tra le tante voci levate per chiedere la guerra, Echols ricorda anche uno stranissimo lancio dell’Associated Press, l’Agenzia stampa più autorevole degli Stati Uniti, che riferiva quanto segue: “Un alto funzionario dell’intelligence statunitense afferma che i missili russi hanno attaccato il territorio della Polonia, Paese membro della Nato, uccidendo due persone” (solo tempo dopo l’Ap correggeva il tiro, riferendo che, secondo tre funzionari anonimi, si trattava probabilmente di un missile ucraino).

 

La notte del mondo nella notte di Bali

Mentre in Occidente dilagava l’indignazione per l’accaduto e si chiedeva la terza guerra mondiale, Biden e Blinken, i più importanti esponenti del governo degli Stati Uniti, si trovavano in Indonesia per il G-20. Il missile è esploso quando a Bali era notte e i due sono stati letteralmente buttati giù dal letto dai loro seguito per far fronte all’emergenza.

Il resoconto di quanto accaduto nella notte di Bali, riportato da al Manar, che riprende notizie trapelate da fonti polacche, è alquanto istruttivo. Blinken ha subito chiamato Zelensky, il quale gli ha riferito dell’attacco russo e chiesto una risposta della Nato.

Dopo questa conversazione, il Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan “ha immediatamente contattato l’ufficio di Zelensky per chiedere con insistenza alle autorità ucraine di usare maggiore prudenza nel parlare di quanto accaduto”.

Quindi Zelensky ha provato a chiamare Biden, ma questi non gli ha risposto. Una sequenza di fatti alquanto credibile, sia sul fatto che a tentare di gettare acqua sul fuoco sia stato Sullivan, il cui impegno in favore di una de-escalation è noto, sia il fatto che Biden si sia fatto negare, dal momento che a parlare per lui era stato il fido Jake, l’unico uomo dell’amministrazione del quale il presidente si fida ciecamente, essendo al suo fianco da molto prima della sua ascesa alla Casa Bianca.

Ed è interessante notare come Sullivan abbia chiamato egli stesso, nonostante il presidente ucraino avesse già interloquito con Blinken; è noto, infatti, che il Segretario di Stato non condivide le idee del Consigliere per la Sicurezza nazionale sulla guerra ed è probabile che, nel riferire la comunicazione con Zelensky, l’abbia avvalorata. Da cui la telefonata di Sullivan, se non disperata, certo seriamente preoccupata.

Per fortuna Biden ha fatto subito chiarezza, dichiarando al mondo la probabile paternità ucraina del missile. Sicuramente ha ricevuto informazioni in proposito o dal Pentagono o dalla Cia, che almeno nei loro vertici condividono la posizione di Sullivan.

Sono pubbliche, infatti, le dichiarazioni del Capo degli Stati Maggiori congiunti, generale Mark Milley, che si era espresso per l’apertura di un negoziato tra le parti, convinzione ribadita in altro modo ieri nonostante il suo intervento pregresso avesse suscitato reazioni avverse; e si sa che il capo della Cia, William Burns, si è incontrato lunedì scorso con il capo dell’intelligence russo a Istanbul, non certo per un aperitivo.

Importanti, nella notte di Bali, anche le conversazioni telefoniche tra i leader statunitensi e le autorità polacche, dal momento che queste ultime, nonostante in un primo tempo avessero fatto scattare l’allarme Nato anti-russo, si sono poi allineate alle decisioni di Washington, suscitando l’irritazione di Kiev.

Ma non è questo il focus della questione, quanto il fatto che il mondo per alcune ore si è trovato sull’orlo di una guerra mondiale. Questa follia va fermata. E continuare ad armare chi vuole trascinare il mondo nella terza guerra mondiale è parte di questa follia. Occorre fare di tutto per aprire negoziati e trovare una soluzione. Il destino di una frazione del Donbass non vale la vita di miliardi di persone…

 

Przewodow è troppo distante

Peraltro, il fatto che è più che improbabile che si tratti di un missile russo si può desumere da una semplice constatazione, una verifica che ci è venuta subito in mente quando abbiamo saputo che il missile caduto in Polonia è stato sparato da un S-300, un sistema d’arma a corto raggio. Tale particolare, infatti, risulta di grande rilevanza se si tiene presente che la guerra si sta consumando nel secondo Stato più grande d’Europa.

Il fatto che il missile provenga da un S-300 è ormai appurato (qui il New York Times). I missili che possono essere lanciati da questo sistema d’arma sono diversi e di diversa gittata. Così Paolo Mauri su InsideOver: “il vettore 5V55 – quello più a lungo raggio – è entrato in servizio nel 1992 e ha una portata massima di 150 chilometri”.

Riteniamo che quanto riportato da Mauri, che ha scritto dopo aver consultato esperti del settore, sia più accurato di quanto riporta wikipedia, secondo la quale l’S-300 può montare missili con una gettata massima di 250 km. Ma pur prendendo per buona la distanza indicata dall’enciclopedia del web, i conti non tornano lo stesso.

Per capirlo basta consultare un sito che calcola le distanze chilometriche (ad esempio questo) e impostare la distanza tra Kherson – città presso la quale si trovano i russi dopo averla recentemente abbandonata e che rappresenta uno dei punti più occidentali delle aree sotto il loro controllo – e calcolare la distanza tra questa e il villaggio di Przewodow, che si trova “nella contea di Hrubieszów, Voivodato di Lublino” (wikipedia). Tale distanza, in linea retta risulta di 767,26 km!

Certo, i missili russi potrebbero essere stati lanciati da una località più prossima al bersaglio, ma è impossibile che i conti tornino: 500/600 km di scarto sono davvero troppi, il divario è incolmabile (ad esempio la distanza da Zaporozhye, controllata dai russi, è di 869,09 km…).

Possibile che nessuno, prima di accusare i russi e chiedere la terza guerra mondiale abbia pensato a una verifica delle distanze, potendo avvalersi anche di dispositivi più accurati per misurare la distanza? Possibile che negli ambiti militari non si sappiano queste cose? Domande che interpellano su tante cose.

Detto questo, torna alla memoria quando, all’inizio della guerra, Zelensky e tanti altri esortarono Biden a imporre una no-fly zone in Ucraina, con Biden a rispondere: “Non combatteremo la terza guerra mondiale in Ucraina”. Già, qualcuno, e non solo Zelensky, sta approfittando della notte che incombe sul mondo per precipitarlo nell’abisso.

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