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bastaconeurocrisi

Superbonus e Moneta Fiscale

di Marco Cattaneo

Leggo sempre con interesse i commenti economici di Giuseppe Liturri e in genere mi trovo largamente in sintonia con le sue analisi. Nel caso di questo articolo sul tema superbonus 110%, però, un po’ meno del solito.

A parere di Giuseppe, l’ostilità, più che evidente, della UE nei confronti del superbonus deriva principalmente da due fattori.

Il primo è il livello degli incentivi: il 110% è addirittura superiore al costo dei lavori da effettuarsi. Il che fa venir meno l’interesse al contenimento del valore monetario degli investimenti: se ho a disposizione una quantità di incentivi più alta dell’esborso, non sono spinto a negoziare con chi effettuerà i lavori per contenere l’esborso medesimo. Anzi, committente e aziende appaltatrice avrebbero addirittura interesse a gonfiare le cifre.

Il secondo è la cedibilità illimitata: incentivi fiscali non cedibili finiranno per non essere tutti utilizzati per intero, perché alcuni beneficiari in pratica non avranno la necessaria capienza fiscale, cioè non avranno sufficiente materiale imponibile.

Se invece gli incentivi, cioè i crediti fiscali, sono liberamente cedibili con ogni probabilità si troverà sempre un compratore dotato della suddetta capienza, e l’utilizzo degli incentivi sarà totale, o pressoché tale.

Sul primo punto, Liturri stesso però nota che l’inconveniente viene meno riducendo l’aliquota e riportandola sotto il 100%, per esempio al 90%.

Sul secondo punto, il difetto del superbonus non è la cedibilità illimitata, ma l’aver introdotto l’incentivo senza prevedere un livello massimo di erogazione di crediti, per esempio su base annua.

Del resto, come questo blog ha chiarito fin dall’inizio, il superbonus è un’applicazione del concetto di Moneta Fiscale, qui proposto sulla base del modello CCF (Certificati di Compensazione Fiscale: titoli utilizzabili come sconti fiscali, liberamente cedibili e assolutamente destinati a circolare ILLIMITATAMENTE).

Ma fin dalle proposte originarie, ho sempre affermato che i CCF devono essere attribuiti per una varietà di applicazioni e per DETERMINATI IMPORTI MASSIMI SU BASE ANNUA.

Per il superbonus, così come per qualsiasi altra applicazione, si sarebbe dovuto dire – ma siamo ovviamente del tutto in tempo per correggere il tiro nel futuro – che le erogazioni avevano un limite annuo: per esempio, i primi 20 miliardi che fanno regolare richiesta ottengono il credito, gli altri slittano all’anno successivo.

Il limite annuo è necessario anche e soprattutto perché diversamente si rischia di far partire più interventi di quelli che la capacità produttiva del settore riesce poi effettivamente a effettuare: e questa sicuramente è una distorsione, con effetti inflazionistici.

Quello che il governo deve fare è contenere l’aliquota e fissare un tetto annuo. Ma NON limitare la cedibilità.

Tra l’altro la cedibilità illimitata consente anche di introdurre un’altra variante che in questo blog è stata spesso proposta e analizzata: attribuire ai crediti un tasso d’interesse (una maggiorazione di valore se l’utilizzo viene volontariamente differito).

Il tasso d’interesse spingerebbe parecchi percettori a ritardare l’impiego dei crediti per scontare tasse, appunto perché il valore del credito cresce nel tempo e lo può quindi rendere un investimento interessante.

Parecchi crediti fiscali circolerebbero senza essere utilizzati per molti anni, e in qualche misura, forse, mai.

L’erogazione di crediti sarebbe quindi compensata non solo dalla retroazione fiscale (il maggior gettito consentito dalla crescita di PIL prodotta dall’incentivo, che va messo in conto, come non si stanca di ripetere l’onorevole Andrea de Bertoldi – e come ovviamente questo blog ha sempre affermato) ma anche dal differimento di utilizzo.

Le soluzioni tecniche, in altri termini, esistono e sono portata di mano. Se la UE è ostile alla Moneta Fiscale la ragione è tutta un’altra: è ostile perché la Moneta Fiscale FUNZIONA BENISSIMO ma ha il “difettuccio” (dal punto di vista di chi vorrebbe centralizzare tutte le decisioni di politica economica) di ridare autonomia agli Stati che la introducono.

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