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fattoquotidiano

Lo scopo della guerra è un’Europa sottomessa

di Gian Giacomo Migone

Quella che Papa Francesco da tempo descrive come la Terza Guerra mondiale continua a mietere vittime e sofferenze in tutto il mondo. Quelle inflitte all’Ucraina ci sono particolarmente vicine, non solo per ragioni geografiche e culturali, ma perché ci troviamo in qualche modo in guerra contro noi stessi.

L’Ucraina è incontestabilmente parte dell’Europa e qualsiasi soluzione passata, presente o futura della guerra in atto deve prevedere la sua collocazione nell’Unione Europea, purché in coerenza con i principi cui essa s’ispira e che risultano indeboliti dalla logica di guerra.

Risultano sempre più insostenibili le sofferenze causate dalle carenza di riscaldamento, di acqua e anche di cibo, determinata da bombardamenti russi mirati, che si aggiungono alle devastazioni indiscriminate precedenti e ai rischi derivanti dagli attacchi ucraini alla centrale nucleare più grande d’Europa, ora in mani russe. Per non parlare del pericolo di una guerra nucleare per errore, sempre possibile in presenza di imperi in declino (Sarajevo, 1914, insegna).

La priorità della popolazione colpita, dell’Europa di cui fa parte, di due terzi della stessa opinione pubblica italiana, è che cessi il massacro in atto e si determinino le condizioni per una soluzione diplomatica del conflitto. Invece, ci comportiamo, si comportano le istituzioni comunitarie e i governi europei che ci rappresentano, come se, al contrario, lo scopo sia quello di prolungare ad infinitum la durata della guerra. La risoluzione del Parlamento Europeo, approvata martedì scorso, qualifica la Russia quale “stato sponsor del terrorismo e che usa mezzi terroristici”. Il giorno precedente l’Assemblea Parlamentare della Nato – organismo meno rappresentativo, ma meglio rispondente ai dettami di Washington – senza ambagi ha dichiarato che “lo stato della Russia, con il suo regime attuale, è uno stato terrorista”.

I pochi parlamentari che, con coraggio, hanno espresso il loro voto contrario, vengono accusati di essere dei traditori, amici di Putin (cfr. a questo proposito Massimiliano Smeriglio, il manifesto, 25 novembre), come se non sia del tutto legittimo schierarsi dalla parte di coloro che della guerra subiscono le conseguenze. Si osservi come si qualifichi quale terrorista la Russia attuale, in quanto stato, e non più soltanto il suo capo, Vladimir Putin, a suo tempo denunciato quale criminale di guerra dal presidente degli Stati Uniti, peraltro successivamente corretto da suoi collaboratori che escludevano un cambiamento di regime quale esito e scopo della guerra in corso.

Invece, ad oggi, proprio di regime change si tratta, soprattutto di continuazione della guerra, perché non occorre un Talleyrand o un Kissinger per comprendere che ogni passo anche minimo nella direzione di un arresto delle ostilità, se non di una soluzione diplomatica, peraltro in linea teorica tutt’altro che irraggiungibile, diventa impossibile, se si squalifica ab ovo la controparte.

Tutto ciò in un momento in cui una sorta generale di eterogenesi dei fini sembrava avere determinato le condizioni per un negoziato: da una parte la resistenza ucraina, con la riconquista di Kherson e la ritirata strategica delle truppe russe; dall’altra, il bombardamento sempre ucraino di un bersaglio polacco, riconosciuto come tale dagli alleati, ma anche benevolmente liquidato come un errore di mira, dal segretario generale della Nato.

E se fosse giunto il momento di denunciare che questa guerra, voluta, preparata e incubata da Washington e attuata da Mosca, in violazione di ogni principio di legalità internazionale e umanitaria, costituisce una lesione di diritti e d’interessi dell’Europa in quanto tale, colpita nella sua parte più esposta?

La formuletta banale, con cui i nostri politici locali – di maggioranza e di gran parte dell’opposizione – assicurano la loro fedeltà “europea ed atlantica” nega una realtà sempre più evidente. Che tra gli scopi di questa guerra, forse la principale, vi è quella di tenere l’Europa divisa e sottomessa, alleata subalterna e non potenziale concorrente e rivale, in un mondo non più bipolare, di continuo alimento dell’industria delle armi e della guerra. Una ragione in più per contrastarla con numeri e determinazione in continua crescita.

Comments

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Alfred
Tuesday, 06 December 2022 12:00
Rileggo questo articolo di gianandrea gaiani https://www.sinistrainrete.info/geopolitica/23951-gianandrea-gaiani-l-attacco-ai-gasdotti-nord-stream-il-bersaglio-e-l-europa.html ( non siamo della stessa parrocchia, ma dice cose interessanti) e mi chiedo altre cose, spero non troppo complottare:
- Per i nostri Padroni Usa come deve diventare (oltre al caos e dopo il caos) l'europa (o i singoli stati europei) per rientrare nei loro standard e nel ruolo che vorranno assegnarci?
- che posto avranno i cagnoni polacchi, i cagnetti baltici e i disperati superstiti (e suprematisti) ucraini nel tenere a bada quello che restera' a occidente dell' ex locomotiva Europa?
Credo che non abbiano risparmiato studi sugli scenari e su come gestirli.
Come non avevano risparmiato nel progettare situazioni e strutture per stay behind
I nostri governi cosa sanno?
 Si stanno e ci stanno suicidando increduli e ignari della volonta' ultima dei nostri Padroni?  o come per gladio esistono categorie di persone coinvolte (non da oggi) e che lavorano dietro direttive Usa?
Immagino che la Storia lo dira' ai superstiti, ma noi non dovremo mai dimenticare cosa e' stata ed e' la Nato per noi, non certo questo angelo salvatore di democrazie  che ci vogliono vendere. Se dovessero salvare qualcuno sceglierebbero il battaglione Azov, per affinita'

Cito dal link sopra
Circa i gasdotti esplosi sarebbe forse il caso di chiedere qualche chiarimento anche a Varsavia dopo che Radek Sikorski, eurodeputato presidente della delegazione parlamentare Europa-USA ed ex ministro degli Esteri, ha scritto su Twitter “Grazie Stati Uniti” sull’immagine della fuga di gas sulla superficie del Mar Baltico.
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