Print Friendly, PDF & Email

linterferenza

Schlein o Bonaccini? L’eterno ritorno dell’identico

di Fabrizio Marchi

Con la scesa in campo di Elly Schlein, seguita a quella di Stefano Bonaccini, si è ufficialmente aperto il confronto interno al PD per la successione di Enrico Letta. Di certo nessuno, forse neanche all’interno del Partito Democratico, sentirà la mancanza di uno dei leader più grigi e sbiaditi di tutta la storia della Repubblica. Ciò detto, andiamo a dare un’occhiata ai due candidati alla segreteria.

Elly Schlein è il tipico prodotto dell’intellighenzia liberal e del salotto borghese politically correct. Figlia di un importante accademico e politologo americano e di una professoressa universitaria (più un fratello matematico e una sorella diplomatica), attiva sostenitrice a suo tempo di Barack Obama, cofondatrice del movimento “OccupyPD” (un “movimento” di alcuni giovani del PD in posizione critica rispetto alla decisione dei vertici di dar vita ad un governo delle larghe intese nel 2013), femminista militante, attivista lgbtq, europarlamentare, vicepresidente della Regione Emilia Romagna ed eletta alle scorse elezioni politiche alla Camera dei Deputati.

Il suo primo intervento (o uno dei primissimi) in aula è stato completamente incentrato nel ribadire che la società è tuttora dominata dal patriarcato e che il “femminicidio” è soltanto la punta dell’iceberg di una violenza sistematica e sistematizzata subita dalle donne proprio a causa del dominio patriarcale. Ogni commento è superfluo.

Stefano Bonaccini, dal 2014 Presidente della Regione Emilia Romagna, è invece il tipico esponente del “partito-stato” emiliano, di quel sistema di potere locale “pidiessino-diessino-pidino” composto da dirigenti di partito, amministratori locali, imprenditori e manager di imprese (l’Emilia è il bastione della Lega delle Cooperative) che ha fatto del cosiddetto “buon governo” e dell’”efficientismo amministrativo” il suo cavallo di battaglia (nonchè di tutta l’ala cosiddetta “migliorista” del suo partito). Fin da giovanissimo iscritto al PCI, che di lì a pochissimo sarebbe stato sciolto da Occhetto, ha costruito la sua carriera legandosi al carro dei potenti vicerè pidini emiliani, Vasco Errani e Pierluigi Bersani.

Due persone con storie e formazioni diverse ma entrambe “peggiori”. O “migliori”, a seconda dei punti di vista. Difficile stabilire infatti chi dei due sarà in grado di restituire linfa (o affossarlo completamente) ad un partito in stato comatoso, incalzato “a sinistra” dal partito di Conte e a destra dal cosiddetto “terzo polo” di Calenda e Renzi.

Si tratta in realtà di due personaggi vecchi, politicamente parlando. Bonaccini, un grigio burocrate privo di ogni carisma e appeal mediatico, rappresenta il (disperato) tentativo di resuscitare la salma dell’ultimissimo PCI già in via di trasformazione verso il PDS, cioè un partito ancora, sia pur timidamente, socialdemocratico che di lì a poco sarebbe riuscito nel capolavoro di dissipare la storia, la forza e il radicamento sociale di cui disponeva per diventare un partito neoliberale tout court. Troppo tardi. La tragedia c’è già stata, facciamo volentieri a meno della farsa.

Schlein è ancora più obsoleta, nonostante le apparenze. Come altrimenti definire una persona che pensa che l’attuale società capitalista (lei non si sogna neanche di definirla tale…) sia tuttora dominata dal patriarcato? Tutta la sua battaglia congressuale si baserà sul suo essere donna, lgbtq e giovane anagraficamente. Altro non c’è. Il vuoto pneumatico riempito di nulla.

Difficile stabilire con chi dei due al timone il processo di auspicabile dissoluzione (per lo meno io lo auspico e mi impegno in tal senso) del PD sarà più rapido. Schlein farà sicuramente il pieno della parte largamente maggioritaria del mondo femminista, di quello lgbtq e della borghesia “progressista” legata al PD per interessi di classe ancor prima che ideologici. Ma oltre quello non può andare.

Bonaccini tenterà di battere due strade, a mio parere. Da una parte cercherà di riallacciare un dialogo con il mondo del lavoro cercando di recuperare e consolidare il rapporto con la CGIL che da un po’ di tempo sta scricchiolando anche perché Conte si sta lavorando ai fianchi Landini. Dall’altra, da buon amministratore, continuerà a giocarsi la carta dell’uomo del “fare”, pragmatico, concreto. Due strade, peraltro, difficilmente conciliabili, perché vorrei capire come sarà possibile far convivere la difesa degli interessi e dei diritti dei lavoratori con quelli dei cittadini appartenenti alla fasce più deboli di quelle regioni che faranno inevitabilmente le spese di quell’autonomia differenziata di cui lo stesso Bonaccini è fervente sostenitore. Insomma, fritto e rifritto all’emiliana. Tutto già visto.

Credo, ma non ne sono sicuro, che ai fini della auspicabile dissoluzione o comunque del forte ridimensionamento del PD (che sarebbe comunque il preludio al suo scioglimento) forse dobbiamo augurarci che prevalga la Schlein.

Ciò detto, resta, naturalmente, in tutta la sua drammaticità, l’assenza di una moderna e autentica forza Socialista, popolare e di classe e le immani difficoltà che abbiamo di fronte a noi per costruirla. Ma questo è ancora un altro discorso, infinitamente più serio…

Add comment

Submit