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lafionda

Brevi considerazioni sui candidati alla Segreteria del Partito Democratico

di Cristina Quintavalla

Quando Bonaccini – oggi uno dei principali candidati alla segreteria del PD – impostava la sua ultima campagna elettorale per la presidenza della Regione Emilia-Romagna sull’orgogliosa rivendicazione “Noi siamo l’Emilia-Romagna” evocava indebitamente la continuità con la lunga stagione di riforme e conquiste, che aveva reso questa regione un faro nel campo dei diritti e della giustizia sociale.

Quegli amministratori socialisti e comunisti avevano puntato su un forte intervento pubblico, nei Comuni e in Regione,come leva per garantire lavoro, servizi pubblici, prevenzione, aziende municipalizzate, cooperative.

Ora nell’ Emilia-Romagna a guida Bonaccini ( e certo non solo qui) è scomparsa la principale funzione delle istituzioni pubbliche – quella di contrastare la ferocia delle leggi del mercato capitalistico con interventi di redistribuzione della ricchezza e di tutela dei ceti meno abbienti – e si è affermata quella di garantire la concorrenza e di veicolare le risorse economiche dall’ambito pubblico a quello di imprese, banche e finanza.

Il Patto per il lavoro (leggasi: per le imprese), siglato già nella precedente legislatura in Emilia-Romagna, punta a sostenere le imprese nella corsa alla produzione “di valore aggiunto” in grado di renderle più attrattive e competitive sul mercato, attraverso lauti finanziamenti regionali ed europei, semplificazioni burocratiche, sgravi fiscali.

Le grandi imprese multinazionali, attive nel territorio regionale, che hanno sottoscritto con la Regione un Protocollo di intesa, denominato Retention, voluto dall’Advisory Board Investitori Esteri di Confindustria, hanno espresso “il loro interesse a difendere e proteggere questo sistema emiliano-romagnolo”. “Gli interventi per l’attrattività internazionale devono diventare strutturali: servono scelte stabili e continuative di politica industriale”, ha detto il presidente di Confindustria Emilia-Romagna.

Che fare per supportare il mantenimento e l’espansione degli investimenti delle imprese estere?

La Philip Morris, che ha usufruito di ogni forma di sostegno per il suo insediamento a Crespellano, ha assunto con contratti a termine, li ha rinnovati, ha beneficiato degli incentivi del Jobs act, e poi ha licenziato il surplus.

Circolavano ipotesi di un insediamento di 360.000 mq a Gavassa, destinato al colosso Silk Faw, con uffici e hotel.

La Regione vive di export? Ma di esso quanto proviene da lavoro povero, sfruttato, reclutato attraverso appalti a cooperative di mera manodopera, senza alcun diritto? Le vicende del comparto della lavorazione delle carni, della logistica, della raccolta nei campi hanno squarciato il velo sulle forme di interposizione del lavoro, sul caporalato, sulle false cooperative (v. Sentenza, relativa a Castelfrigo, n. 467/2021).

Quale ruolo, quali controlli, quali condizioni sono stati posti dalla Regione perchè quel profitto non fosse marchiato da uno sfruttamento di segno schiavile?

Perchè della competitività e attrattività delle imprese sul mercato deve farsi carico il potere pubblico? Questo è il drammatico cambiamento che si è imposto: la logica della compatibilità tra l’interesse privato dei grandi poteri economico-finanziari e quello pubblico.

Il mantra di Bonaccini è il seguente: noi stiamo dalla parte di tutti – lavoratori e imprese, pensionati e finanzieri, malati e sanità privata, banche e terzo settore, grandi proprietari di immobili e affittuari, dagli studenti alle famiglie. Non scontentare mai nessuno che conti – impresa, ceto privilegiato, lobby – stare nel mezzo e da lì cautamente muovere ogni tanto un timido colpetto a favore del popolo.

Il Tavolo regionale dell’imprenditoria già da due legislature chiede esplicitamente di superare i ritardi in materia di “apertura al mercato”, di “ dicotomia pubblico-privato”, di “mettere al centro l’impresa”, di subordinare ogni scelta della Regione alle sue ricadute sull’impresa, nonché di garantire “la partecipazione dei soggetti privati” nella stessa attività di programmazione regionale.

Gli industriali pretendono che vengano realizzati :

– il passante di mezzo di Bologna, il cui progetto, voluto da Autostrade per l’Italia, e sostenuto da Regione, Città Metropolitana di Bologna, Comune di Bologna, prevede il potenziamento fino a 18 corsie di tangenziale e autostrada di Bologna;

– la Bretella Autostradale Campogalliano-Sassuolo (a favore del grande comparto della ceramica), opera pericolosissima perché passa sulla riva destra del fiume Secchia e duplica la tangenziale che collega Modena a Sassuolo;

– l’autostrada regionale Cispadana, per collegare con una nuova autostrada di 67 Km il casello di Reggiolo-Rolo con il casello di Ferrara sud, che prevede un investimento di oltre 1,3 miliardi di euro;

– la Ti.Bre (impresa Pizzarotti), ovvero il collegamento tra A15-A22, di cui il primo lotto, una mostruosa colata di cemento in piena pianura fertile, è già stato realizzato;

– l’ allargamento dell’aeroporto di Parma (Unione industriali), da trasformarsi in cargo.

Queste grandi, costose, dannose opere sono tutte previste dal Piano regionale dei trasporti, che garantisce addirittura cospicui finanziamenti pubblici per la loro realizzazione.

Stesso gioco nella sanità, dove il sistema sanitario pubblico, fiore all’occhiello della Regione, è depotenziato dall’avanzata di spinte privatistiche. Già nel precedente Patto per il lavoro era stato proposto di istituire una nuova forma di welfare integrativo, con un fondo regionale per la sanità integrativa, alimentato da risorse derivanti anche da privati.

Bonaccini ha destinato risorse alla sanità privata, anziché utilizzarle per finanziare un Piano Sociale e Sanitario che preveda un incremento degli investimenti per le dotazioni tecnologiche, per il personale e per l’edilizia socio sanitaria. E’ stato rinnovato al ’23 l’accordo siglato con l’Associazione dell’ospedalità privata, per aumentare la sua quota di prestazioni specialistiche e di ricoveri a spese del servizio sanitario regionale, per una spesa pubblica di 8 milioni di euro a carico dello stato e di 7 milioni a carico della Regione. Sono stati appaltati diversi reparti di ospedali: ostetricia-ginecologia di Mirandola, i servizi di pronto soccorso degli ospedali di Ferrara, Correggio e Scandiano, il servizio Cuptel dell’Ausl di Reggio, la fornitura di servizi medici ospedalieri per le Ausl di Modena e Reggio Emilia.

Dove c’eranel passato un sistema sanitario tra i migliori del paese, si è andata affermando una sanità a doppia velocità: da una parte quella pubblica, dall’altra quella privata per chi può pagarsi premi assicurativi e polizze, attraverso banche, assicurazioni, o contratti aziendali.

L’approvazione del Piano dei rifiuti e delle bonifiche si muove in continuità con i piani precedenti: non prevede l’abbandono degli inceneritori, ben sette attivi sul territorio regionale, e delle discariche. Sulle discariche si dice che non se ne apriranno di nuove, ma con grande probabilità se ne farà una gigantesca a Finale Emilia, spacciata come ampliamento della pre-esistente.

La legge urbanistica regionale annulla ogni pratica pianificatoria, conferendo ad accordi operativi coi privati la diretta contrattazione dell’attività edificatoria, su proposta dei privati, da approvare entro 60 giorni! Tutto questo in ottemperanza a quanto richiesto dall’ANCE che già da alcuni anni, chiede di sostenere la ripresa economica (parola magica!), “favorendo nuovi investimenti – i suoi – in coerenza col Patto per il lavoro”.

La ciliegina sulla torta è rappresenta dalla reiterata richiesta di Bonaccini dell’ Autonomia differenziata per l’Emilia-Romagna. “Noi sì che sappiamo come si deve governare…”. Come?: col mantenimento del criterio della spesa storica, che favorisce le regioni storicamente più finanziate dallo stato; col trattenimento del gettito fiscale e il suo autonomo utilizzo, che favorisce le regioni più ricche; col superamento dei lacci e lacciuoli nell’autorizzazione di grandi opere, semplificazioni burocratiche ed accelerazione delle pratiche, che favoriscono le regioni che operano per l’inserimento dei grandi gruppi economici nella potente area economica mitteleuropea.

L’operazione Emilia-Romagna coraggiosa, concepita nel 2019 a Bologna per associazione di ceto politico, tutto di area PD e di Sinistra italiana, senza radicamento a livello territoriale, e di cui la Schlein ha beneficiato, è servita a coprire da sinistra la giunta Bonaccini, a disseminare l’illusione che le peggiori decisioni prese – cementificazioni, privatizzazioni, incenerimento dei rifiuti, trivellazioni, autonomia differenziata, sostegno alle imprese – potessero essere ritirate o mitigate.

Il risultato è stato quello di riproporre la arcinota strategia codista della sinistra, che si sottomette a chi detiene il potere per opportunismo.

La presenza della Schlein come vicepresidente è passata sostanzialmente senza lasciare un segno: né produzione di atti autonomi, né capacità di controbilanciare l’azione di governo di Bonaccini, che è proseguita senza alcun ostacolo. Si ricorderà che la Schlein, in qualità di euro-deputata, non esitò a votare Tajani alla presidenza del Parlamento europeo. E’ la stessa che non si è degnata di prendere una posizione, seppur sollecitata, contro il Passante di mezzo, guardandosi persino dal partecipare alla manifestazione del 22 ottobre a Bologna, dove 30.000 persone hanno condannato il modello di sviluppo regionale.

Come ci si può d’altro canto candidare alla segreteria del PD senza fornire le adeguate rassicurazioni sul proprio buon senso politico? Quello che deriva dalla consapevolezza di chi comanda, sposta voti, decide della carriera politica di qualcuno?

E’ stata la più votata? Certo, ma non esistono libere elezioni.

Esiste un’organizzazione scientifica del consenso, fondata su sistemi elettorali (come quello votato dalla Regione Emilia-Romagna nel 2014), che distorcono la reale rappresentanza popolare, e

su una pianificazione scientifica della comunicazione, commissionata a grandi agenzie (v. l’americana Social changes, che avrebbe sostenuto Bonaccini, poi divenuto presidente regionale; Elly Schlein, poi divenuta vicepresidente regionale; Marilena Pillati, poi divenuta presidente del Consiglio regionale; la consigliera Petitti).

Ci siamo forse dimenticati della creazione a tavolino, in qualche studio all’ombra delle Torri, delle Sardine? Improvvisamente un movimento sorse dal nulla, senza radici, identità, prospettive, funzionale alla campagna elettorale. Gli si fece riempire le piazze emiliano-romagnole e poi lo si lasciò miseramente rifluire.

Questa è la forza strabordante del potere costituito. Questi sono i candidati alla segreteria del PD.

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