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Il punto chiave della riforma MES, e perché va bocciata

di Marco Cattaneo

La riforma del MES peggiora un trattato già di per sé orribile. La modifica principale riguarda la possibilità di utilizzare la capacità d’investimento del MES per intervenire sulla risoluzione delle crisi bancarie.

Il che equivale a dire “tappare buchi di banche in difficoltà”, dove le difficoltà nascono da politiche di affidamento o di investimento imprudenti.

Questa possibilità sarebbe condizionata a buoni parametri di finanza pubblica dello Stato che chiede di accedere al MES per sostenere le sue banche. Non ci vuole un genio per capire che i parametri di finanza pubblica saranno considerati adeguati nel caso (per esempio) della Germania e della Francia, e non nel caso dell’Italia.

In sintesi: se le banche italiane hanno problemi, dovremo come sempre cavarcela da soli. Se le banche tedesche o francesi vanno nei guai, si utilizzeranno soldi (anche) nostri.

Tutto questo per inciso non è un’ipotesi fantasiosa. È già accaduto nel 2011-2, quando siamo stati forzati (per decisione dell’ineffabile Mario Monti, ai tempi non c’era un trattato che disciplinasse il meccanismo) a mettere decine di miliardi per tappare i buchi tedeschi e francesi, presi (principalmente) su finanziamenti erogati in Spagna e in Grecia. Le banche italiane erano al contrario pochissimo esposte.

Totalmente ridicola poi l’affermazione, che pure parecchi commentatori hanno il coraggio di ripetere senza ridersi in faccia da soli allo specchio, che la ratifica deve passare perché “comunque l’utilizzo del MES è improbabile”. L’utilizzo, o è possibile o non lo è. L’Italia sta subendo pressioni dalla UE per ratificare il trattato, il che significa che l’eventualità di utilizzarlo esiste.

E dall’utilizzo del MES (da parte di qualcuno, che potremmo benissimo non essere noi) l’Italia ha solo da perdere.

Non è questione di “picchiare i pugni sul tavolo”. Non è questione di “negoziare qualcosa in cambio”. Non prendiamoci in giro raccontando che ratificando otterremo altro, tipo la revisione del PNRR o un’applicazione morbida della direttiva che punta a rendere green gli immobili.

La prassi UE è quella di imporre cose perché “sono giuste” a loro giudizio. E in contropartita ? nulla. Sono cose fatte per il nostro bene, dicono (e magari qualcuno di loro lo crede anche).

Questa prassi non è accettabile. Le proposte di riforma che vanno contro i nostri interessi vanno respinte. Punto.

 

Come (non) “acquisire credibilità”

Ancora a proposito della riforma MES: una motivazione che viene fornita da chi sollecita una rapida ratifica è la necessità di “acquisire e mantenere credibilità di fronte alle istituzioni europee e ai mercati finanziari”.

Questo discorso l’abbiamo sentito fare parecchie volte, nel corso delle tristi vicende che hanno afflitto il nostro paese dalla firma del trattato di Maastricht in poi.

Un esempio significativo è la modifica dell’articolo 81 della Costituzione, riguardante il pareggio del bilancio pubblico.

Lo scopo era mostrare al mondo che si prendeva un impegno irrevocabile e incontrovertibile a “risanare i conti pubblici”, per arrestare la crisi finanziaria che stava scuotendo il mercato dei titoli sovrani eurozonici e in particolare del BTP italiani. Qualcosa tipo Ulisse che si lega all’albero maestro per non sbarcare sulla spiaggia attratto dal canto delle sirene.

Di conseguenza:

L’8.9.2011 il Consiglio dei Ministri approvava il disegno di legge costituzionale.

Il 30.11.2011 la Camera lo approvava in prima lettura.

Il 15.12.2011 il Senato lo approvava in prima lettura.

Il 6.3.2012 la Camera lo approvava in seconda lettura.

Il 17.4.2012 il Senato lo approvava in seconda lettura.

Il 20.4.2012 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano promulgava la legge costituzionale.

Risultato ? lo spread BTP / Bund nei mesi successivi saliva, superando i 500 punti e raggiungendo quindi il livello di allarme che nel 2011 aveva portato al varo dei pacchetti di austerità e alla caduta del governo Berlusconi.

La crisi veniva sopita solo, a partire dal 26.7.2012, dal ben noto discorso di Mario Draghi che ha reso celebre le parole whatever it takes, cioè l’impegno di fronte ai mercati finanziari di intervenire per evitare la rottura dell’eurosistema.

Questo impegno poteva tranquillamente essere assunto un anno prima, evitando il pareggio di bilancio in Costituzione, i pacchetti di austerità, il varo del MES eccetera.

La garanzia su un debito pubblico emesso in moneta straniera, troppo forte per i fondamentali dell’economia, la offre solo l’istituto di emissione.

Tutto il resto non garantisce niente, non rende credibile niente, e produce solo danni.

Pesantissimi.

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