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Il Grande Reset è fallito? Riflessioni su Davos 2023

di Ilaria Bifarini

Un Forum di Davos decisamente sottotono quello che si è da poco concluso nell’innevata cittadina svizzera. A pesare sono state più le assenze che le presenze: mancava il presidente americano Biden, probabilmente occupato dagli scandali dei documenti riservati, ma non c’era neanche la sua vice Kamala Harris; hanno disertato tra gli altri Macron e il nuovo premier britannico Sunak, mentre l’Italia è stata rappresentata dal Ministro dell’istruzione. Dei capi di Stato del G7 era presente soltanto il cancelliere tedesco Scholz. Tanti i miliardari, ben 116 per l’esattezza, ma non sono stati avvistati i volti più iconici della plutocrazia globalista, come Soros e Bill Gates. Il magnate di Tesla nonché nuovo patron di Twitter, l’anticonformista ed eccentrico Elon Musk invece, oltre ad aver dichiarato di aver declinato l’invito al consesso svizzero perché noioso, proprio nei giorni del summit ha lanciato delle accuse sferzanti, definendo il Forum di Davos come un governo mondiale non eletto che il popolo non ha chiesto e non vuole.

Ad attaccare senza mezzi termini questo famigerato organismo, che solo due anni fa, in piena (psico)pandemia, annunciava fermamente e trionfalmente un Great reset della nostra civiltà, è stato anche il giovane e promettente governatore della Florida Ron Desantis: “Vogliono gestire tutto e trattano i cittadini come servi e contadini. Stanno indebolendo la nostra società”. Ma le loro politiche, ha specificato, quando arrivano in Florida sono destinate a perire.

Il WEF, emblema della narrazione turbo capitalista, sembra un gigante con i piedi di argilla che si sta sgretolando. Sintomatica di tale declino è la presenza dell’ex ministro degli esteri Di Maio, personaggio dalla caratura e reputazione quantomeno deboli.

Possiamo dunque esultare e affermare perentoriamente che il distopico e transumanista progetto del Grande Reset è fallito? Ni.

Senz’altro l’encomiabile lavoro di denuncia da parte della libera informazione di questo disegno tanto disumano quanto sfacciatamente proclamato ha sortito i propri effetti. Molte persone hanno potuto appurare con il proprio giudizio, consultando e analizzando documenti ufficiali e inopinabili, che il modello di Davos segue un’agenda distruttiva del nostro tessuto economico, sociale e in definitiva della nostra civiltà occidentale. D’altra parte però un’informazione pubblica del tutto prona ai diktat delle politiche globaliste, catastrofiste ed eco-misantropiche continua a fare da cassa di risonanza a una narrazione altrimenti minoritaria, così come i vari capi di Stato in Occidente, anche quelli appartenenti all’area conservatrice, se ne fanno solerti esecutori.

Pieno e incondizionato sostegno all’Ucraina, secondo un surreale pacifismo guerrafondaio, e attuazione di assurde politiche “Green”, dalle quote di emissione di CO2 che gravano sulle aziende nazionale all’introduzione di alimenti a base di insetti e cibo artificiale nella nostra alimentazione: sono questi i cavalli di battaglia dall’agenda globalista, ribaditi a Davos. La stampa ha riportato con entusiasmo le dichiarazioni della premier finlandese Sanna Marin, per la quale occorre supportare l’Ucraina “per cinque, dieci, quindici anni”, fino a quando non vincerà la guerra. Atterrati coi loro jet privati superinquinanti, Ceo di banche e grandi multinazionali hanno discusso su come decarbonizzare l’economia mondiale per ridurre il tanto discusso riscaldamento climatico di presunta origine antropica, caldeggiando l’acquisto da parte di governi di cibo sintetico da somministrare in mense aziendali e ospedaliere. La guerra alla nostra cucina tradizionale e alla connessa filiera enogastronomica è una delle nuove frontiere dell’ecologismo misantropico e malthusiano.

Nessun moto di indignazione è stato sollevato né da parte dell’informazione ufficiale né tantomeno dal mondo politico per l’inquietante ammissione del vice-cancelliere tedesco Habeck durante il consesso:

“Ad agosto abbiamo distrutto il mercato (del gas) facendo impennare i prezzi per fare scorte”.

Una dichiarazione di una gravità inaudita, che avrebbe dovuto portare all’istituzione immediata di una nuova Norimberga. Famiglie e aziende terrorizzate e messe sul lastrico da un’esplosione dei prezzi energetici (e conseguente inflazione generale) studiata a tavolino per portar avanti le politiche bellicistiche della Nato e il piano di razionamenti in linea con le politiche neocologiste e decresciste. E invece tutto tace.

Più che del Grande Reset, la cui piena realizzazione sembra oggi scontrarsi con un multipolarismo antiglobalista e un’opposizione di nuovi personaggi carismatici, dobbiamo temere il blackout cognitivo e mentale in cui è sprofondata la politica e l’informazione pubblica, con effetto contagio sull’opinione pubblica.

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