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sollevazione2

Che guerra è questa?

di Moreno Pasquinelli

Esattamente un anno prima dell’offensiva militare russa, il 30 marzo 2021, scrivevo:

È venuto così avanti il tanto strombazzato “ordine policentrico o multipolare”. Concetto non solo ambiguo, ma fasullo e deviante. Il concetto farebbe pensare ad un equilibrio, per quanto disarmonico e conflittuale, tra potenze nascenti e declinanti. Concetto fasullo visto che non solo non c’è alcun equilibrio, c’è invece squilibrio, così che dovremmo dire che siamo dentro ad un “disordine multipolare”. Sì, per chi scrive il mondo sta entrando in quella che per convenzione è stata definita la Trappola di Tucidide: è già in atto tra potenze nascenti e declinanti una competizione dura per la supremazia mondiale e detta competizione ha un’alta probabilità di sfociare in una guerra su larga scala».

Ci sono qui impliciti un paradigma teorico e una tesi geopolitica. Il paradigma è che non si può passare da un ordine mondiale ad un altro in maniera pacifica, ma solo attraverso grandi sconvolgimenti tellurici, grandi guerre incluse. La tesi geopolitica è che questa “guerra su larga scala” sarebbe stata appunto quella tra la potenza al tramonto, gli U.S.A. e quella nascente la Cina.

Debbo fare ammenda. Se il paradigma si va riconfermando esatto, la tesi geopolitica no: la guerra “su larga scala” contro l’imperialismo americano è infatti iniziata nel cuore dell’Europa e non in Estremo oriente. Con la Russia che funge da avanguardia e da katéchon, non la Cina.

La radice di questo errore? Un determinismo di fondo di matrice economicista. Ciò malgrado avessi scritto, proprio a premessa in quel mio intervento che:

«Non c’è bisogno di ricorrere all’empirismo scettico di D. Hume per capire che nella dimensione del divenire storico-sociale non c’è rapporto univoco e lineare tra causa ed effetto. Si può anche essere più assertivi ed affermare senza possibilità di smentita che: (1) posta una causa da questa possono venire multipli e imprevedibili effetti; (2) viceversa, ogni effetto, ogni fenomeno, è il risultato dell’interazione di diverse cause; (3) così che l’effetto è, per sua natura, più ricco e fecondo di possibilità della causa o del concorso di cause che l’ha prodotto».

Infatti cosa ci dice la tempesta scatenatasi in Ucraina? Che la storia non procede mai in modo lineare, che è segnata da sorprese, eventi inattesi, accidentalità: da rotture catastrofiche che fanno epoca.

Come conseguenza della tesi geopolitica che la “guerra su larga scala” sarebbe stata tra U.S.A. e Cina (quindi non imminente), pur considerando quella russa la variabile decisiva dell’equazione mondiale, affermavo che la Russia putiniana non avrebbe accettato, posta la sua opposizione all’imperialismo americano, un ruolo di comprimario tale da favorire l’ascesa della Cina come prima potenza mondiale. Chiudevo quindi col pronostico che Mosca avrebbe evitato di “essere trascinata in una guerra su larga scala”.

L’offensiva russa in Ucraina, visto che la guerra non è esplosa in Asia tra America e Cina, ma in Europa tra Russia e blocco atlantista, smentisce il pronostico ma conferma la principale: la Russia putiniana, con una temeraria mossa del cavallo, considerata irricevibile l’agenda dai tempi lunghi cinese, sfidando in campo aperto l’imperialismo americano, ha impresso un’accelerazione formidabile al tempo storico del passaggio dal vecchio ordine monopolare quello nuovo che per convenzione semantica chiamiamo “multipolare”. La Russia è stata costretta a ricorrere ad un atto di forza non solo per fermare l’aggressione strategica americana, ma per impedire qualsivoglia nuovo ordine mondiale che sorga a sue spese, che la emargini come paria e/o come mera potenza regionale dipendente. C’è, nel comportamento dell’élite russa un crudo realismo politico, la presa d’atto che nelle relazioni tra stati e potenze vale la stessa legge che governa le società classiste: o sei dominante o sei dominato.

Se tutto questo è vero non è esatto affermare che la guerra che sta conducendo la Russia putiniana è soltanto difensiva. In quanto l’esito del suo contrattacco strategico è fattore eversivo destinato a plasmare il mondo che verrà, essa è anche una guerra apertamente offensiva e oggettivamente antimperialista —questo duplice carattere dell’attacco russo, questa formidabile accelerazione del rimo con cui la storia viene costretta a ballare, è appunto ciò che ha terrorizzato le codarde e servili classi dominanti europee, ma anche infastidisce il gruppo dirigente raccolto attorno a Xi Jinping.

Le differenze e le distanze tra Mosca e Pechino non afferiscono solo alla sfera geopolitica e geoeconomica. Le radici sono più profonde, sono spirituali, afferiscono alla diversa concezione della storia e del tempo. L’élite cinese non chiede solo più tempo, non solo rifugge da accelerazioni soggettiviste, ha una concezione circolare del tempo e ciclica della storia. Quella russa è invece figlia di una teologia escatologica della storia, incessante movimento in avanti, fino all’atto destinale, apocalittico, conclusivo. Su queste fondamenta si può comprendere la fierezza nazionale russa, che impasta un moderno sciovinismo nazionalistico con l’antica vocazione missionaria universalistica di matrice cristiana.

Contrariamente all’élite politica bideniana, quella cinese sembra considerare il conflitto in Ucraina una lontana guerra regionale europea. Errore. A seconda di chi vince o perde, cambierà il mondo e la storia prenderà una direzione o l’altra. Il conflitto è dunque, per queste sue implicazioni, di portata mondiale. Le conseguenze sarebbero profondissime, sia in caso di sconfitta del blocco occidentale o, al contrario, in caso di disfatta della Russia.

Alcuni non si capacitano e non riescono a concepire come un’élite conservatrice come quella putiniana si sia decisa a sferrare un contrattacco tanto sfrontato ed eversivo contro il mostro americano. È perché intossicati di occidentalismo e eurocentrismo, si rifiutano di comprendere che quella russa è nel senso più profondo una lotta esistenziale per la vita e per la morte. A noi, rivoluzionari d’Occidente, serve assolutamente che la Russia viva, e che il vero imperialismo quindi riceva una memorabile lezione.

La verità è dunque che la Russia sta combattendo anche per noi, che la nostra salvezza è legata alla sua e dipende dall’esito della guerra. Parafrasando Carl Schmitt “Il soldato è l’ultima sentinella dell’umanità”.

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