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L’inverno sta finendo e un anno se ne va

di Nestor Halak

E così siamo arrivati ad un anno dall’inizio dell’operazione speciale russa in Ucraina. È proprio vero che tutte le guerre iniziano per essere brevi, ma non va quasi mai così. Devo dire che nel febbraio del 22 non avrei mai indovinato che un anno dopo la situazione sul campo sarebbe stata quella che vediamo. Suppongo che ciò significhi che non sono affatto bravo nei pronostici. Influenzato da ciò che sostenevano gli esperti di parte russa, o almeno degli esperti che non facevano parte del coro di propaganda del circo mediatico occidentale, pensavo che l’esercito russo, descritto come molto forte e dotato di armi all’avanguardia, sarebbe stato in grado di aver ragione della resistenza ucraina nel giro di qualche mese. La precedente annessione della Crimea lavorava in questo senso.

Dopo il ritiro dai dintorni di Kiev, dai dintorni di Kharkov, dai dintorni di Sumy e da Kherson, ancora in autunno la maggioranza dei competenti prevedeva una devastante offensiva invernale russa che avrebbe finalmente deciso la guerra, prima in dicembre, poi in gennaio, poi in febbraio, ma febbraio è finito e l’offensiva non c’è stata: né Scott Ritter né Douglas Mac Gregor hanno indovinato, altri, come Mercouris e Berletic si sono più prudentemente mantenuti sul generico senza prevedere azioni particolari.

A dire il vero non si sono neppure viste le previste interruzioni di elettricità o carenze di carburanti in Europa. I russi, da parte loro, hanno solo detto che raggiungeranno i loro obbiettivi, ma specificandoli solo in linea di massima e non parlando affatto dei tempi.

Con questo si vuol dire che la Russia sta perdendo la guerra come insiste da sempre tutto il circo occidentale? Direi di no, la guerra, pian piano, la sta vincendo, ma stentatamente, non certo con quella dimostrazione di superiorità intrinseca che molti si aspettavano dall’”esercito più forte del mondo” appena un gradino sotto a quello “più forte della galassia”. L’impressione che ricava un osservatore neanche credulone, ma mediamente informato sulla prestazione dell’esercito russo in Ucraina è piuttosto modesta, non certo di inarrestabile potenza. Beninteso, qui non si parla del valore dei soldati in campo, ma della capacità di una macchina militare nel suo insieme di vincere una guerra contro un avversario decisamente inferiore, pur se pesantemente sostenuto dall’esterno. Qualcosa di simile, direi, alla guerra russo finnica del 39.

Il valore dei soldati mi pare, anzi, sorprendentemente alto da entrambe le parti. Penso che se al posto dell’esercito ucraino ci fosse stato un qualsiasi esercito occidentale, berretti verdi, John Wayne e Rambo compresi, si sarebbe già arreso da tempo. Difatti, ciò che più disturba è la vigliacca e disgustosa supponenza delle dirigenze politiche occidentali, che incitano e godono del massacro da loro stessi provocato su popolazioni che poi fingono ipocritamente di compatire. Fa anche riflettere, però, la bovina stupidità con cui un popolo rimbambito dalla propaganda si fa sterminare per difendere interessi altrui. È vero che a proposito di credulità e di sottomissione ad interessi stranieri ne sappiamo qualcosa anche noi, ma mi piace credere che se gli italiani fossero chiamati personalmente a partire per la guerra, quella vera, per difendere i soldi dello zio Joe, i più si dileguerebbero per strada e ben pochi di quelli giunti infine al fronte, combatterebbero davvero.

Molto più convincente di quella dell’esercito, mi pare essere la prestazione dell’economia russa, bersagliata dalle rabbiose sanzioni del capobranco e di tutti i cagnolini che fanno tanto rumore, ma si prendono pure qualche morso. Pare insomma che in campo economico, proprio dove ci si aspettava la situazione più difficile, la Russia abbia dato una dimostrazione di potenza molto più convincente di quella militare, probabilmente superiore alle migliori previsioni dello stesso governo russo. Anche la tenuta politica e sociale del paese appare decisamente superiore al previsto, specialmente se si tiene conto che gli occidentali speravano soprattutto nel deterioramento della medesima. Ma oramai sovrastimano sistematicamente il potere di attrazione del loro sistema, probabilmente ingannati dalla loro hybris e dai dati truccati di un’economia eccessivamente finanziarizzata, cioè sempre meno reale e sempre più di carta. Cioè di bit. Il fatto poi che i leader occidentali parlino oramai apertamente della volontà di distruggere la Russia smembrandola in diversi stati fantoccio e qualcuno addirittura di “rieducare” il popolo russo come tale (dichiarazione fatta dal capo di uno dei cagnolini da lecco baltici), non può che portare ad una maggiore coesione interna e avvantaggiare il Cremlino. Come capirebbe facilmente non dico un capo di stato, ché se ne è persa la razza, ma anche un capoclasse delle elementari.

Ancora una volta sorprende la tranquillità, quasi l’indifferenza con cui i russi reagiscono ad ogni provocazione, atteggiamento che, si potrebbe pensare, favorisce il raddoppio delle provocazioni stesse: forse sottovalutano il valore di una controrisposta immediata o perfino del semplice strepito. Gli occidentali, infatti, se pensano di poter prevaricare impunemente, lo fanno volentieri, ma se c’è un prezzo immediato e visibile da pagare, ci pensano su. Non si può non ammettere che i russi sono costretti a combattere a casa loro contro i loro cugini e non contro il vero nemico personalmente. Del resto è una tradizione, anche nel diciassette le potenze occidentali non perdettero l’occasione di intervenire nella guerra civile, ovviamente a favore dei bianchi, inviando vettovaglie, soldi, armi e perfino truppe.

A questo punto della storia siamo sicuramente nel pieno di uno scontro geopolitico a livello globale che, comunque vada, cambierà il mondo. La guerra in Ucraina pare essere solo una parte dei giochi, anche se al momento è il più cruento ed acuto. Gli Stati Uniti sembrano volersi aggrappare a qualsiasi costo, anche molto al di là del ragionevole, al loro ruolo di egemone mondiale, nonostante oramai non ne abbiano più i mezzi. Per dirne solo una: per uscire dalla crisi degli anni trenta fu possibile trovare un Henry Ford che pagava i suoi operai abbastanza da poter acquistare le macchine che costruivano, mentre per uscire dalla crisi del 2008 si è riusciti a trovare solo un Mac Donald che ha fatto in modo che lo stipendio dei suoi operai non bastasse neanche a pagarsi un alloggio, tanto da costringere molti a dormire nella macchina di Ford in qualche parcheggio. Sempre che non sia vietato dalla polizia.

Si è passati dalla creazione della classa media, alla creazione del lavoratore “homeless”. Non è una ricetta che porta lontano, specie quando c’è una Cina che si vanta di aver liberato dalla povertà un miliardo di persone in pochi anni. E costruisce strade in Africa senza chiedere in cambio l’aumento della miseria interna né il darwinismo sociale, come ha sempre fatto la Banca Mondiale. Che poi mondiale non è, ma americana.

Eppure, quest’America impoverita e provincializzata sembra voler affrontare di petto i suoi due principali rivali, la Cina e la Russia, non dividendoli e combattendoli uno alla volta, ma attaccandoli contemporaneamente, con l’ovvio risultato di buttarli l’uno tra le braccia dell’altro. Il che pare sorprendente e anche stupido: mi fa venire in mente l’immagine di un pollo che corre senza testa, con tutte le galline europee gli starnazzano dietro.

Decisivo a questo punto mi pare l’atteggiamento del ricordato convitato di pietra, la pesantissima Cina, che difficilmente può continuare a mantenere l’atteggiamento sornione, ambivalente e sotto traccia che ha tenuto fino ad oggi. A questo punto pare indispensabile che assuma quel ruolo di grande potenza globale che i fatti le attribuiscono. Se vuole una globalizzazione, cosa che mi pare abbia finora dimostrato di volere, non può che proporne una in versione cinese: i tempi sono maturi per abbandonare quella americana.

Forse il piano di pace per l’Ucraina che hanno presentato recentemente è stato una sorta di ultima chance: rifiutarlo senza neanche discuterlo forse non è stata una buona idea. Se la potenza economica e demografica cinese fa davvero da spalla a quella militare russa, il risultato non potrà che essere la sconfitta americana ed il passaggio piuttosto rapido ad un mondo multipolare. O almeno così mi pare, ma data le mie scarse prestazioni a proposito di previsioni, non prendetemi troppo sul serio.

Fatto sta che i cinesi non hanno certo bisogno di prove dell’ostilità americana: mi sembra che difficilmente potrebbe essere concepita una provocazione più sfacciata e palese di quella in corso da sempre su Taiwan: sia gli Stati Uniti che l’Onu (risoluzione del 1971), riconoscono il governo di Pechino come unico governo cinese legittimo, il che fa di Taiwan una provincia cinese, ciò non di meno gli americani sovvenzionano, armano e addestrano apertamente una fazione separatista all’interno di questa provincia ovviamente contro la volontà cinese. Come reagirebbe Washington se i cinesi facessero altrettanto con un movimento separatista texano?

In ogni caso il ripristino dell’egemonia globale americana, nonostante che l’Europa sia oramai uno zerbino sotto i loro piedi, mi pare molto al di là delle odierne capacità degli Stati Uniti e l’unica alternativa praticamente realizzabile al nuovo mondo multipolare, pare essere la guerra termonucleare, che eliminerebbe alla radice il problema di chi comanda. Muoia Sansone con tutti i Filistei.

Va da sé che gli unici che abbiano mai usato l’atomica in guerra, per di più su un obbiettivo civile, per di più per due volte, per di più contro un nemico già sconfitto, per di più senza mai pentirsi ed anzi vantandosene, sono gli Stati Uniti, vale a dire la più grande democrazia e i più strenui difensori dei “diritti umani” che il mondo abbia mai conosciuto, ma lo hanno fatto solo in quanto erano ben sicuri di essere gli unici in possesso dell’arma.

Confido pertanto che non lo faranno di nuovo, non tanto perché penso che siano migliorati, anzi, mi sembrano peggiorati parecchio, ma perché sanno benissimo che gli altri adesso sono in grado di rispondere efficacemente.

Però, chissà perché, mi torna in mente l’immagine del pollo che corre senza testa, poi guardo i nostri leader in televisione e non mi sento affatto rassicurato.

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