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ilchimicoscettico

A proposito di "studia!" (e leggere libri)

di Il Chimico Scettico

"Studia. Non farlo perché ti dicono che devi: fallo per te. Fallo per riuscire a leggere un post e capire davvero quello che dice" (https://www.donboscoborgo.it/se-vuoi-fregare-il-sistema-studia/). Sarebbe a dire che si deve studiare per comprendere un post su un social network? Cioè "studia, non essere un analfabeta funzionale"?

Questa sconcertante frase è di Enrico Galiano, insegnante e scrittore (https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Galiano), che nello stesso brano dice di essere figlio di venditori ambulanti, ma ha studiato e quindi...

Il punto è complesso e sfaccettato. Cominciamo da "Leggere libri". Benissimo. Quali?

La prima cosa che mi verrebbe in mente, così, di getto, è questa:

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E no, temo che non ci siano i libri di Hawking, per dirne uno. Leggere e cosa leggere non è materia neutra. Dietro al mio ricordo di Hesse c'è una considerazione generale. Quando si parla di leggere si parla di cultura, che come diceva qualcuno è quello che rimane quando si è scordato tutto il resto. E vengo da un tempo in cui perlopiù si riteneva che una cultura personale dovesse essere fondata sui classici. Cos'è un classico? Un'opera che non perde di valore e significato nel tempo, che nel passare dei decenni o dei secoli continua a trovare lettori e apprezzamento. Un classico riesce ad essere contemporaneo, anche se spesso con quel che è ritenuto contemporaneo ha ben poco a che fare.

Una delle caratteristiche dei tempi recenti è che la produzione di contenuti è proliferata all'inverosimile, grazie alle piattaforme digitali. E il 99,9% di questa produzione è destinata ad essere dimenticata in tempi molto veloci. In questa produzione di contenuti usa e getta è chiaro che la classicità ha un posto limitato, anzi, il rapporto con classicità diventa difficile (basta pensare alle recenti vicende di "riscrittura" o correzioni di classici, da Dahl a Agata Christie). Questa cultura dell'effimero è perfetta per la diffusione di ideologie parimenti usa e getta, e in questo quadro secondo me è da interpretare "Studia. Non farlo perché ti dicono che devi"., considerando dove va a parare. Da qualche anno ormai il "leggere" e lo "studiare" sono usati politicamente: ci sono "giusti" che "leggono" e "studiano" e che scagliano addosso all'avversario politico/ideologico lo stigma dell'ignoranza, dell'analfabetismo funzionale o del rossobrunismo etc etc. Ma la triste realtà che ho percepito in cinque anni di presenza social è che l'ignoranza è distribuita in modo equilibrato tra le due fazioni (e per l'intelligenza vale lo stesso).

Da cui quando si invita a leggere o studiare di solito si invita a leggere e studiare ciò che è "giusto", cioè quello che è funzionale al sistema di credenze di quanti, polemicamente, lanciano questi inviti. Quindi?

Quindi forse per "non farsi fregare" è meglio studiare Kant e leggere Dickens, Kafka, Melville, Joyce, Musil, Dostoevskij, Bianciardi, Anna Maria Ortese, Svevo. Ma qua casca l'asino, perché la formazione media dell'individuo medio non consente di capire Kant e rende difficile leggere anche Dickens. E anche per questo quando costoro si allargano alla "scienza" è mediamente un disastro, altro che criticare l'altrui comprensione del testo...

Quanto a Galliano, che come la maggioranza dei soggetti che pubblicano libri oggi ben difficilmente diventerà un classico, la parabola del figlio di ambulanti che ha studiato e quindi ce l'ha fatta è il classico caso di aneddotica ad hoc, per quanto sia comprensibile il suo personale orgoglio per "avercela fatta". In primo luogo perché di gente che ha studiato e non ce la fa ce ne è sempre stata tanta (e oggi più che mai), in secondo luogo perché questi argomenti vengono usati regolarmente per distogliere dallo sfascio del sistema scolastico italiano, che è quello che dovrebbe formare gli individui con le basi dell'istruzione, basi il cui livello è in caduta libera da una trentina di anni. Già, lemaledettebasi, queste sconosciute...

Ricordatevi di chi si scandalizzò per l'Ecclesiaste, καιρὸς τοῦ περιλαβεῖν καὶ καιρὸς τοῦ μακρυνθῆναι ἀπὸ περιλήμψεως "un tempo per abbracciare, un tempo per astenersi dagli abbracci". Oggi il tempo per abbracciare è tornato da un bek po' e questa è una delle ragioni per cui l'Ecclesiaste è un classico mentre chi oggi scrivediscienza e allora si scandalizzava non lo sarà mai.

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