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nicomaccentelli

Quale 1° maggio?

Il 1° maggio è festa dei lavoratori e non del lavoro

di Nico Maccentelli

Sarebbe da contestare il concetto di festa, con tutto il suo strascico di concertoni CGIL-CISL-UIL, a causa dei quali le lavoratrici e i lavoratori hanno ben poco da festeggiare: decenni di svendite a favore del mantra capitalistico che dagli anni ’80 in poi ha introdotto nella politica economica italiana e in quella europea occidentale il neoliberismo, ossia la messa a profitto di ogni pezzo di società e di stato sociale. Con un’Unione Europea che è nata su questi presupposti e che prosegue il suo ruolino di marcia a vantaggio non dei popoli europei e delle classi lavoratrici, ma dei gruppi della finanza e delle multinazionali.

Ma anche volendo festeggiare, sarebbe fuorviante festeggiare il lavoro, ossia quelle catene salariate sempre più merce rara nella competizione globale tra capitali e nelle guerre tra poveri al ribasso. Più oggetto di divisione nelle classi sociali che vivono del lavoro, che di unità retorica.

Sarebbe fuorviante festeggiare anche i lavoratori in sé se li pensiamo per quelli che sono nelle loro condizioni materiali di forza-lavoro semi-schiavizzata, che da contraltare al mitolavorismo non sono altro che soggetti-merce e soggetti-consumo nella logica nasci-produci-consuma e crepa.

La vera festa sta in quello che propugnavamo quarant’anni fa, nel “vogliamo tutto” di Nanni Balestrini, nella riappropriazione di ricchezza sociale nella forma non solo di beni, ma anche di servizi, nel reddito sociale, nel pane certo, ma anche e soprattutto nelle rose.

Ecco, questo è il 1° maggio che intendo: non nella celebrazione delle nostre condizioni di sfruttati e di miseri alienati, ma nella pratica rivoluzionaria di superamento del lavoro salariato, di socializzazione dei mezzi di produzione e riproduzione sociale, in un movimento costituente dal basso che abolisce lo stato di cose presente, nel Comunismo.

Questo è ciò che ci ha sempre distinti da ogni riformista e che certa sinistra di classe ha disimparato sposando certe retoriche. Troppi berlingueriani di ritorno.

Il 1° maggio è lotta dei lavoratori e non festa del lavoro. Lotta di chi si vuole liberare dal lavoro salariato e quindi dal capitalismo in quanto sistema opprimente e vampiro di relazioni sociali.

Un accenno anche al presente, all’attualità politica. Non so se ve ne siete accorti, ma in questi 40 anni, dopo l’emergenza contro di noi, lo stato liberale capitalista, passata la paura di un movimento antagonista e di una guerra civile a bassa intensità, ci ha preso gusto e di emergenza in emergenza siamo arrivati ai giorni nostri. L’emergenza è il modo di esercitare il dominio di classe. Dunque, il modo di governare delle classi dirigenti sul resto della società.

Dire 1° maggio “contro il governo dei nostalgici del ventennio” è una doppia corbelleria. Primo perché in questa partitocrazia bipartisan ci sono gli esecutori delle politiche neoliberiste e destra e sinistra non c’entrano nulla. Secondo perché il fascismo classico è finito da un pezzo. E se prima era principalmente strumento dei nuovi padroni del paese, gli USA con la strategia della tensione, le bombe stagiste, oggi è stato soppiantato da un altro fascismo: quello delle democrature, ossia involucri vuoti di quelle che erano democrazie liberali, che sempre con l’emergenza, il terrore e il consenso mediatico imposto dai grandi network di regime ci stanno portando verso il tutto per tutto di un unipolarismo atlantista in evidente perdita di egemonia, il che prevede anche una guerra su vasta scala.

Chi devia in un binario morto la lotta di classe e ciò che dovrebbe essere lotta politica rivoluzionaria è il nuovo riformismo e parlare di fascismo oggi nei termini in cui sono stati posti da gran parte del cosiddetto antagonismo è un bell’assist al PD e alle forze che sono più affini alle oligarchie finanziarie mondiali e globaliste, ossia le sinistre dem, lib-lab, un affinamento del revisionismo post-socialdemocratico in veri e propri apparati politici, sindacali e mediatici al servizio del pensiero unico e del dominio del capitale neoliberista.

Questa compagneria è la stessa che non ha compreso la portata e la strategia che con l’operazione pandemia è stata portata da queste oligarchie a tutto il corpo sociale e in gran pare dei paesi. Una strategia di guerra sociale interna per assuefare al disciplinamento sociale e soggettivo le grandi masse e che converge esattamente con la guerra che ha avuto una gestazione di anni.

Ecco allora che un primo maggio di lotta ha più senso non nelle scontate liturgie di parti minoritarie delle classi lavoratrici, che sono destinate a riprodurre pratiche endemiche e non estensive, ma nella lotta politica diretta contro le politiche neoliberiste e i reali nemici diretti delle classi lavoratrici: la guerra, il controllo sociale che del resto pertiene proprio il rapporto capitale/lavoro, quindi l’UE, la NATO. Oggi si tiene a Pesaro una grande manifestazione, purtroppo non organizzata da forze comuniste, libertarie e democratico-popolari, ma che vedrà la presenza di queste. La manifestazione è contro uno dei pezzi importanti della costruzione di una società disciplinare e di guerra sul nostro territorio: i biolaboratori della guerra bio-batteriologica.

Dopo quello di Trieste, a Pesaro ne vogliono costruire un altro, per altro in una zona con un importante rischio idro-geologico e ad alta densità abitativa. Chi ha creduto alle favolette del pipistrello e del pangolino spacciandole per scienza, ovviamente non dà peso a queste pratiche e dispositivi di guerra interna ed esterna.

Ma c’è una sinistra antagonista che questi aspetti, vedendo milioni di cittadini e lavoratori viverli sulla loro pelle, ha voluto approfondirli e condividere un percorso comune con il vasto movimento di massa anti-pandemico, andando oltre il dileggio e le demonizzazioni che provenivano non solo dai media di regime, ma dagli stessi compagni di strada.

Bene, questa lotta ha pagato e il prossimo salto è quello organizzativo. Portiamo in dote a queste nuove pratiche antagoniste il patrimonio storico della lotta di classe della sinistra rivoluzionaria. È un’ibridazione necessaria, è il passaggio politico che costruirà la saldatura tra proletariato rivoluzionario e settori di ceti medi devastati da questa grande concentrazione di capitali nello smantellamento dello stato sociale e nell’attacco all’economia di prossimità, alle piccole attività, al tessuto produttivo e terziario italiano.

Siamo solo all’inizio di un nuovo percorso. Buon Primo Maggio!

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