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lafionda

La guerra e l’ultimo invito a cambiare strada

di Giuseppe Lorenzetti

Stando ai sondaggi, la percentuale di italiani contrari all’invio di armi in Ucraina è massiccia e questa opinione, con buona pace dei media mainstream che si impegnano con dedizione nella causa di trasformare in eretici tutti coloro che contestano l’attuale approccio alla guerra, sembra rimanere costante nel tempo, se non addirittura rafforzarsi dall’inizio della crisi in Ucraina.

Al di là dei sondaggi, sempre più persone con cui mi capita di confrontarmi, compresi – incredibile ma vero – numerosi giovani, si dicono non favorevoli alla strategia adottata dal governo del proprio Paese. Forse, nonostante tutta la manipolazione mediatica messa in campo, nonostante una gran parte degli adolescenti e non solo sia letteralmente abbandonata a sprecare la propria vita davanti a uno schermo, e nonostante la più totale follia nella gestione politica e sanitaria dell’”era covid” abbia messo duramente alla prova la conservazione di un pensiero logico in buona parte dell’italico genere umano, ci sono ancora parecchie persone che sono in grado di stupirsi di fronte all’assunto “Servono armi per fare la pace.”

Lo stupore, dote sommamente umana, prende forza e si fa breccia. In tanti appoggiano la causa, anche tra gli intellettuali, tra cui il giornalista Michele Santoro, l’artista Moni Ovadia, il fisico Carlo Rovelli, il giurista Ugo Mattei e tanti altri; fino ad arrivare ad una vera e propria proposta di referendum. Sul tema guerra il controllo del dissenso tiene meno. Faceva più paura essere tacciati di “antiscientificismo” piuttosto che di “filoputinismo”, ma ora è inutile piangere sul latte versato (verrà il momento). Ciò che conta è che sempre più persone si stiano rendendo conto di essere – mi tocca, ahimè, usare questo termine per chiarezza espositiva – prese per i fondelli. E non sto parlando di quattro soldi o di qualche poltrona in parlamento, ma di una presa in giro che oggi costa il rischio, sempre meno irrealistico visti anche i più recenti avvenimenti, dello scoppio di una guerra nucleare.

Detto ciò, ci chiederemo, ma come è possibile che in un Paese formalmente democratico il governo non rispetti l’opinione della maggioranza della popolazione? La risposta superficiale è presto detta. Ci viene infatti in aiuto un ex primo ministro italiano che, ospite a La 7, ha avuto il grande merito, di rispondere sinceramente a una domanda, spiegando alla giornalista che lo intervistava che, se l’attuale governo italiano non si fosse adeguato alle politiche dettate dagli Stati Uniti e da Bruxelles, semplicemente, sarebbe già stato fatto cadere. Ma questo motivo non è sufficiente a spiegare l’attuale situazione, perché il quesito si potrebbe riproporre similmente: com’è possibile che gli italiani accettino che le scelte politiche del proprio governo non dipendano dai cittadini che, in teoria, dovrebbe rappresentare bensì da un Paese straniero?

La risposta più “profonda” va cercata, come al solito, dentro di noi. Abbiamo perso fiducia nel nostro potere personale e siamo diventati succubi dell’idea che qualunque azione faremo non servirà a cambiare le cose. Spesso le stesse proteste che vengono organizzate si limitano a manifestare frustrazione e non sono animate da una reale speranza di poter trasformare la realtà e costruire un’alternativa, come ci ha chiaramente mostrato il grande fallimento morale del Movimento 5 stelle. Strano ma vero, in un mondo sempre più secolarizzato, la vera azione politica deve ritrovare le sue basi spirituali, perché solo un uomo interiormente libero può veramente lottare per la libertà, così come solo un uomo interiormente prospero può lottare per la prosperità e solo un uomo interiormente vero può lottare per la verità.

Forse allora, possiamo vedere il rischio di una terza guerra mondiale come un ultimo invito all’uomo, sempre più dimentico di sé stesso (e a cui, non a caso, viene ora più che mai concretamente proposta un’alternativa al pensiero, con la cosiddetta intelligenza artificiale) di ritrovare le proprie radici ed invertire la rotta. L’unica strada percorribile è quella dell’educazione di noi stessi e delle future generazioni; educazione intesa aristotelicamente come accompagnamento fiducioso all’espressione del nostro potenziale o cristianamente come esortazione ad ascoltare e seguire la chiamata del nostro desiderio.

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