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Londra, la Wagner, il “terrorismo”…

di Francesco Piccioni

Un impero sull’orlo di una crisi di nervi si vede da come diventa illogico, autocentrato, incapace di produrre una “narrazione” che sia condivisibile – sia pure con molto sforzo – dal resto del mondo.

Gli esempi sono innumerevoli, come i nostri lettori sanno. Ma ieri qualcuno è riuscito è riuscito a superare i livelli di stupidità fin qui in auge ai piani alti dell’imperialismo euro-atlantico.

Come sottolineano enfaticamente tutti i giornali stamattina, “La Gran Bretagna pronta a classificare la Wagner ‘organizzazione terroristica’”. Il lettore distratto incamera l’informazione senza pensarci su, e prosegue…

Ragioniamoci, invece. Ma prima di tutto sgombriamo il campo dalle possibili sciocchezze in stile social. Una società privata che arruola mercenari è ovviamente una fogna dell’umanità, e la sua sola esistenza è una minaccia per “tutti gli uomini di buona volontà”. Vale per la Wagner di Progozhin (l’unica russa) come per le decine di altre attive per conto di Usa, Israele, Canada, la stessa Gran Bretagna.

Quello che fanno è uccidere per denaro, come qualsiasi killer di professione che agisce altrettanto “privatamente”. Orrore puro, insomma…

Usciamo però dalla sfera della morale e torniamo alla politica internazionale.

Abbiamo ricordato più volte come l’Onu non sia mai riuscita a dare una definizione universalmente accettata di “terrorismo”. Per ogni potere statuale, infatti, è in genere “terrorista” qualsiasi organizzazione che provi a resistergli, specie se ricorrendo alle armi. E spesso il mio “terrorista” è il tuo “combattente per la libertà” (lo era anche Osama Bin Laden, fin quando ha combattuto contro i sovietici…).

Il problema, a livello di definizione “legale”, è complicato dal fatto che il “diritto di resistenza” è contemplato tra quelli rispettati dalla carta dell’Onu. E molti popoli che vivono sotto dominazione straniera (pur essendo all’interno di confini statuali che non li riconoscono), oppure movimenti di opposizione a dittature, godono di un riconoscimento internazionale ampio, anche se variabile nel tempo e nello spazio (basti pensare ai curdi o ai palestinesi, per restare vicini a noi).

Dunque, a livello mondiale, gli unici organismi legittimati a classificare come “terrorista” una qualsiasi organizzazione sono – o “sarebbero” – quelli dell’Onu, che possono perciò anche erogare sanzioni, autorizzare interventi militari, ecc.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, però, questa facoltà “giuridica” è stata assunta in prima persona dagli Stati Uniti e, per estensione, dall’alleanza Nato. E veniamo infatti da un trentennio di “guerre asimmetriche” – tra Stati che hanno l’intero arco delle potenzialità militari (dall’arsenale nucleare in giù) e Stati “deboli” (Somalia, Iraq, Libia, Jugoslavia, Afghanistan, ecc.) – in cui la decisione era presa alla Casa Bianca e l’Onu avallava, oppure non veniva neanche interpellata.

Il “discorso pubblico” euro-atlantico è diventato perciò automaticamente “legge”, senza quasi più necessità di trovare conferme “giuridiche” in consessi internazionali. “Noi vogliamo fare questa guerra e la facciamo”, e il nemico è – sempre – “il nuovo Hitler”.

Trenta anni in cui si è andata affermando nei fatti – e di conseguenza nelle “formulazioni legali” – un diritto basato sulla forza, espressione diretta dell’interesse dell’imperialismo occidentale.

Ora sono cominciati i problemi, per questo tipo di impostazione e la relativa “narrazione”.

Fin quando “il nemico” era infinitamente più debole (i Saddam, i Milosevic, i Gheddafi, ecc.) questa finta “legalità internazionale” poteva svolgere la sua funzione impunemente. Bastava una boccetta agitata davanti alle telecamere (da Powell) per legittimare un’invasione

Russia e Cina, a quei tempi, pur essendo palesemente in disaccordo, non avevano la forza (economica, politica, militare) per mettersi di traverso.

Le cose hanno preso a cambiare lentamente, ma in modo inesorabile, negli ultimi quindici anni (dopo la “grande crisi” del 2007-2008). Fino a precipitare con la rovinosa fuga degli Stati Uniti dall’Afghanistan, nell’agosto 2021.

Lì tutto il mondo ha preso atto che “il gendarme globale” non era più in grado di dettare legge, pur essendo ancora, ovviamente, un “soggetto molto pericoloso”.

La stessa presa di coscienza non è però avvenuta all’interno della classe politica euro-atlantica, e ancor meno al livello della “comunicazione” giornalistica. Continuiamo a vedere, sentire, leggere commenti da quattro soldi in cui “gli altri” soggetti internazionali (tutti, nessuno escluso) sono trattati come feccia senza diritto di parola, mentre il “faro della civiltà” – e della “legalità internazionale fondata sulle regole” (ma non si dice mai “quali”) – continuerebbe a brillare tra Washington, Londra, Bruxelles.

La decisione britannica sulla Wagner – se sarà effettivamente presa – suona perciò come una “stecca” in un coro che sta cambiando spartito. Londra prova a intonare una vecchia canzone mentre il resto del mondo suona un’altra musica.

Se è infatti la forza il fondamento del diritto, i rapporti di forza decidono di cosa si può fare e cosa no. Il resto sono chiacchiere o, al massimo, “sanzioni” mirate sui boss principali della Wagner, che magari non potranno più comprarsi una casa a Chelsea o parcheggiare uno yacht a Portofino.

Robetta, che non cambia l’inerzia della Storia…

Quando la guerra torna ad essere “simmetrica” – tra entità dotate grosso modo dello stesso potenziale militare – non ha più senso ragionare in termini di “autorità” presuntamente “legale”. E come fa sorridere uno Zelenskij che straparla di una “Norimberga” per Putin, così fa sorridere un Suniak che decide in solitudine chi va chiamato “terrorista” e quindi “punito”.

Il processo di Norimberga si è potuto tenere perché i rapporti di forza mondiali erano stati rovesciati (con l’azione decisiva dell’Unione Sovietica, tra l’altro) e il nazismo era stato spianato fino all’ultimo metro.

Prima d’allora nessuno aveva perso tempo a parlare di “processi” a Hitler, Mussolini o ai gerarchi.

La sortita britannica, insomma, rischia di somigliare a quelle reazioni verbali – ma concretamente impotenti – di chi era abituato a comandare e non si rassegna ad essere diventato “uno qualsiasi”.

E bisogna anche sperare (o fare in modo) che se ne renda conto al più presto. Prima di trascinarci tutti nell’ultima guerra…

Comments

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renato
Saturday, 13 May 2023 18:51
"....e al dio degli inglesi... non credere mai...." (F. De Andrè).
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