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Solo uscendo dall’euro la Grecia potrà abbandonare la sua “valle di lacrime”

Xenia Kounalaki intervista Hans-Werner Sinn

Mentre ancora parecchi giornalisti italiani straparlano dei greci come di un popolo “colpevole di quello che gli sta accadendo”, in un’intervista  al quotidiano greco Ekathimerini, persino il “falco” tedesco Hans-Werner Sinn afferma che la Grecia è crollata nella sua tremenda depressione a causa dell’adesione all’euro, un errore madornale, e sottolinea la follia di un’unione monetaria che, non prevedendo né l’uscita, né alcuna forma di flessibilità,  è diventata una trappola

L’economista tedesco Hans-Werner Sinn ha proposto a più riprese l’uscita della Grecia dall’eurozona. Il capo dell’Istituto per la ricerca economica (Ifo) di Monaco di Baviera considera una sua missione personale spiegare e interpretare in termini semplici la crisi del credito europeo, sia per i propri connazionali e sia per gli europei in generale, sollevando spesso accuse di eccessiva semplificazione e populismo.

In un’intervista via e-mail con Kathimerini, Sinn spiega perché considera che la migliore soluzione per il dilemma greco sia una ristrutturazione del debito e un’uscita temporanea dalla moneta comune come mezzo per migliorare la competitività di questo paese in recessione.

 

Lei crede che la soluzione si trovi in un’uscita della Grecia dall’eurozona, seguita da una ristrutturazione del debito. Avete considerato le conseguenze per la Grecia e come, per esempio, potrebbe essere in grado di procurarsi i beni essenziali come il combustibile, data la sua ridotta base produttiva?

Ho proposto che in questo caso la Grecia possa ricevere finanziamenti dalla comunità internazionale per pagare le importazioni vitali come medicine e carburante. Un ritorno alla dracma e la svalutazione della moneta avrebbe il vantaggio, anche senza questa assistenza, che la Grecia smetterebbe di acquistare i prodotti agricoli stranieri. La maggioranza dei consumatori si rivolgerebbe ai produttori nazionali, che a loro volta vedrebbero un incremento nella produzione e sarebbero in grado di generare posti di lavoro. La Grecia potrebbe sviluppare il settore agricolo con  successo, come ha fatto anche Israele, che esporta prodotti in tutta Europa. Inoltre, ci sarebbe il rientro dei depositi da parte dei greci ricchi che hanno trasferito almeno 100 miliardi di euro all’estero al fine di metterli al sicuro. Una volta che tutto diventerà più conveniente, vorranno nuovamente investire nel loro paese. Questo porterebbe ad una rapida ripresa nel settore dell’edilizia, che potrebbe anche creare rapidamente nuovi posti di lavoro, nel giro di un anno o due. Infine, nel medio termine permetterebbe anche di ricostruire le industrie che c’erano prima; ma questa volta sarebbero più moderne e adatte alle esigenze di una nuova era.

Quasi tutte le crisi di credito nel mondo vengono affrontato attraverso ristrutturazioni del debito e svalutazioni delle monete nazionali, e non vedo perché la Grecia dovrebbe essere un’eccezione. Il popolo greco, che attualmente sta soffrendo per la disoccupazione di massa, trarrebbe i maggiori benefici dalla svalutazione. Lo status quo beneficia solo i grandi investitori in Grecia e all’estero, gravando di ulteriori oneri il popolo greco.

 

Lei crede che l’Eurozona potrebbe affrontare le conseguenze di un’uscita della Grecia? Un certo numero di suoi colleghi hanno recentemente riconsiderato le conseguenze di un tale sviluppo degli eventi, stimando che costerebbe all’unione monetaria decine di miliardi di euro.

Con una ristrutturazione del debito gli Stati europei semplicemente cancellerebbero dei crediti futuri, che in ogni caso non saranno in grado di riscuotere. Questa è una questione diversa dall’uscita della Grecia dall’eurozona. Prima i creditori affrontano la verità, meglio è. Solo un Grexit può rendere la Grecia di nuovo competitiva e dare al paese la possibilità di reggersi sulle sue gambe e risollevarsi senza generare nuovo debito.

 

Pensa che il governo tedesco sarà in grado di addivenire a una qualche sorta di compromesso con un governo di sinistra in Grecia, nel caso in cui SYRIZA vinca le elezioni del 25 gennaio?

Sì, certo. C’è sempre spazio per cercare un compromesso.

 

Lei appoggia l’attuale politica del Cancelliere Angela Merkel per quanto riguarda l’Europa, o sostiene un cambiamento nella strategia? Italia, Grecia e Spagna fanno pressioni per un cambiamento. Lei crede che la Merkel dovrebbe cedere a queste pressioni?

La Cancelliera Merkel ha acconsentito alla condivisione del rischio d’investimento attraverso i pacchetti di salvataggio e le azioni della Banca Centrale Europea. Questo ha protetto gli investitori di tutto il mondo e soprattutto le banche francesi, come pure le banche e le compagnie di assicurazione tedesche. Il risultato, tuttavia, è stato un calo degli spread sui tassi di interesse. Questo crea la tentazione di generare nuovo debito, il che significa che il problema si è aggravato anziché risolversi. L’Europa è a rischio a causa di un’enorme montagna di debiti che minaccia di schiacciarla, dato che i limiti sul debito si sono dimostrati inefficaci. C’è un solo principio che conduce alla disciplina del debito: la mutualizzazione del debito da parte dei creditori. Questa è precisamente la ragione per cui credo che ci debba essere un vertice europeo sul debito finalizzato a offrire sollievo ai paesi, alle banche private e alle banche centrali, così come una revisione dell’eurozona.

 

Crede che l’adesione della Grecia all’eurozona sia stata un errore?

La Grecia si è fatta del male da sola aderendo all’eurozona, perché l’introduzione dell’euro ha causato una bolla del credito inflazionistica che ha privato il paese della sua competitività. Tassi di disoccupazione giovanile intorno al 50 per cento,  e al 25 per cento sulla della popolazione in generale, sono le terrificanti conseguenze. E i responsabili di tutto questo sono i politici, sia in Grecia che in Germania.

 

Lei crede che il partito eurofobico Alternativa per la Germania abbia una qualche influenza sulle decisioni del governo?

Personalmente non ho alcun legame con questo partito in particolare né con qualsiasi altro. Tuttavia, credo che questo nuovo partito influenzerà le decisioni del governo tedesco, che sta cercando di non perdere voti.

 

Come immagina l’Eurozona tra cinque anni? Nel suo ultimo libro, “La trappola dell’euro,” lei ha previsto un futuro di crisi per parecchi decenni. Cosa possiamo fare per impedirlo?

Credo che sia saggio preservare l’eurozona. Ma abbiamo bisogno del vertice di cui parlavo. Ma soprattutto abbiamo bisogno che l’euro diventi più flessibile. Un’unione monetaria che prevede solo entrate e non uscite è una prigione. Vorreie vedere delle riforme che consentano a un paese di uscire dall’euro in maniera ordinata e di svalutare la propria moneta. Dopo un periodo di alcuni anni, durante i quali potrebbe stabilizzarsi o cambiare rotta, creare nuove strutture economiche e attuare le riforme, lo stesso paese dovrebbe avere la possibilità di rientrare nell’eurozona. In realtà, se fosse per me, garantirei che questo paese potesse avere una partecipazione limitata nel Consiglio della BCE. La prospettiva di rientro nell’eurozona aumenterebbe la spinta per le riforme del paese. Provare a migliorare la competitività all’interno dell’eurozona, attraverso un lungo periodo di stagnazione e riduzioni di salari e prezzi, sarebbe un lungo cammino in una valle di lacrime che distruggerebbe la società greca.

 

Un’eurozona più piccola, composta solo dai paesi del centro sarebbe più efficace di quella che abbiamo oggi?

L’unione monetaria ha senso per definizione, ma deve essere basata su una rigorosa disciplina sulla questione del debito, che può essere raggiunta solo attraverso la sua mutualizzazione  da parte dei creditori. Pensiamo agli Stati Uniti. Lì, né il governo federale, né la Federal Reserve offrirebbero assistenza economica agli Stati in crisi come Illinois o California. Questa è la ragione per cui il federalismo americano funziona. Io ho ripetutamente messo in guardia sul pericolo di una rottura o di un restringimento della zona euro. Tale soluzione radicale sarebbe negativa tanto quanto rendere impossibile per un paese di lasciare l’unione monetaria. L’estremismo ideologico non può salvare l’eurozona; essa ha bisogno di soluzioni flessibili che possano essere applicate caso per caso.

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