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Cosa ha davvero in mente Varoufakis

Marino Badiale e Fabrizio Tringali

Poco dopo l'uscita del nostro libro sull'euro, l'editore ci regalò alcune copie di un recente testo sulla crisi: Y.Varoufakis, Il Minotauro globale, Asterios 2012.

L'autore era un professore greco, proprio colui che oggi è sulle prime pagine di tutti i giornali, in quanto nuovo ministro delle finanze del paese ellenico.

Scoprimmo poi che “Il minotauro globale” è la versione rivista di una parte di un grosso volume che Varoufakis ha scritto assieme a J.Halevi e N.J.Theocarakis: Modern Political Economics, Routledge 2011.

Nella prima parte esso ripercorre criticamente l'intera storia del pensiero economico, cercando di individuare le acquisizioni conoscitive che possono ancora essere utili (e che talvolta gli sviluppi successivi mettono da parte), senza però tacere gli ostacoli e le contraddizioni inevitabili che emergono ogni qual volta si tenti di costringere la complessa dinamica sociale nel letto di Procuste di una sistema formalizzato.

Nella seconda parte, quella che appunto diventerà “Il minotauro globale”, l'impianto analitico sviluppato nella pagine precedenti viene utilizzato come strumento di analisi degli sviluppi socioeconomici delle società occidentali, a partire dal secondo dopoguerra.

La lettura del “Minotauro globale” risultò molto interessante per noi, ma lo è ancora di più risfogliarlo adesso. Per capire cosa potrebbe avere davvero in mente Varoufakis, possiamo esaminare quali soluzioni per l'uscita dalla crisi egli indica nel suo testo.

A pagina 229 l'attuale ministro sostiene che la crisi dell'eurozona potrebbe essere risolta in modo semplice e rapido, in tre mosse:

- La BCE dovrebbe subordinare l'assistenza alle banche alla condizione che queste ultime cancellino una quota consistenti di crediti verso i paesi deficitari
- La BCE dovrebbe emettere propri bond e contestualmente incamerare una quota del debito pubblico di tutti gli Stati, pari al valore nominale del debito consentito dai trattati (cioè fino al 60% del PIL). I bond dovrebbero essere garantiti direttamente dalla BCE e non dai singoli Stati.
- La BEI (Banca Europea degli Investimenti), con l'assistenza della BCE, dovrebbe assumere il ruolo di riequilibratore fra i surplus e i deficit dei vari Stati. La BEI ha buone capacità di finanziare investimenti redditizi, ma le sue potenzialità non sono sfruttate. Il motivo è che per attivare i finanziamenti, gli Stati devono anticiparne una parte, ma non hanno il denaro per farlo (soprattutto quelli che hanno più bisogno dei finanziamenti). L'autore propone che gli Stati possano utilizzare a questo scopo risorse derivate dall'emissione di bond della BCE, la quale, in pratica, rastrellerebbe le eccedenze dei paesi in surplus (dando loro i bond) reinvestendole in quelli in deficit.

In estrema sintesi, quindi, le tre mosse sono: la cancellazione di una parte del debito pubblico; la copertura della BCE su una ampia quota della restante parte (fino al 60% del PIL); l'introduzione di un meccanismo di riequilibro fra le economie, che trasformi le eccedenze dei paesi in surplus in investimenti nei paesi in deficit.

Questi sono, probabilmente, i veri obiettivi del governo greco, i quali vanno ben al di là di una serie di richieste relative al debito o alle riforme. Perché è fin troppo chiaro che un taglio del debito di Atene, o un allentamento dell'austerity in quel paese, di per sè costituirebbero certamente  una boccata di ossigeno per il sofferente popolo ellenico, ma non risolverebbero assolutamente nulla senza una serie di cambiamenti nel "sistema dell'euro", in particolare volti a riequilibrare le diverse economie. Cosa che sul piano economico equivale a chiedere alla Germania di smettere di essere la Germania. Mentre sul piano politico, come lo stesso autore afferma, significherebbe privare la nazione tedesca del suo enorme potere contrattuale nei confronti degli altri membri dell'eurozona.

E' su questo terreno che si gioca la vera partita a livello europeo.

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