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ilsimplicissimus

La rabbia degli sconfitti rivela la loro miseria

di ilsimplicissimus

Se riuscite a mantenere il sangue freddo e se non avete una mitragliatrice in casa, circostanza che potrebbe far nascere la tentazione di usarla, può essere divertente e istruttivo immergersi nella rabbia senza fine e immancabilmente segnata dalle stigmate della volgarità intellettuale degli sconfitti del Si, siano essi politici, commentatori di giro, clientes, ideologi un tanto al chilo, genuflessi per vocazione, cambiamentisti al soldo o semplicemente ottusi, arancioni apolidi riempiti di biglietti verdi, confindustriali, banchieri o oligarchi di Bruxelles e Berlino. Brucia che gli italiani abbiano osato difendere la Costituzione e l’idea di società che essa implica, che soprattutto i giovani abbiano rifiutato le manipolazioni e gli illusionismi di cui sono vittime, che il gigantesco sistema mediatico mobilitato per l’occasione abbia fallito, che le minacce finanziarie evocate da mesi non abbiano fatto presa e che nemmeno le estorsioni di voto praticate da molte aziende abbiano avuto successo.

Se si può capire il livore cieco di certi piddini messi di fronte al fallimento di un progetto e al pericolo che sparisca o si riduca la mangiatoia, non si sa da dove nasca quello di commentatori, giornali, televenditori di news tutti furibondi per il fatto che gli elettori non abbiano seguito i loro consigli, gli stessi del resto che danno ormai da un decennio mentre tutto crolla. La rabbia svela tutti i loro retro pensieri. Devono pur campare, certo, ma ormai sembrano diventati kagemusha dei ricchi e dei loro pensatoi dove si sprigionano gli effluvi di un classismo rovesciato spregevole e anacronistico insieme. Il fatto è che il voto italiano è per molti versi un segnale di crisi  per le oligarchie globaliste e liberiste molto più chiaro del Brexit o dell’elezione di Trump, sia sul piano pragmatico che su quello della narrazione. Di certo le elites anglosassoni avrebbero preferito altri risultati, ma sono pienamente in grado di gestire una Gran Bretagna fuori dall’Ue ( del resto era già piuttosto appartata prima) o di indirizzare Trump e poi comunque il voto della fascia più giovane dell’elettorato si è dimostrata la più sensibile e conformista rispetto agli illusionismi e alle parole d’ordine, alla sottrazione di democrazia nascosta sotto il bon ton di formule rituali e l’edonismo da pub.

In Italia invece è stato l’esatto contrario: i giovani si sono posti a difesa della vecchia Costituzione, odiata dai poteri liberisti come ultimo ostacolo al loro nuovo medioevo, avvertendo l’inganno e la retorica di un cambiamento che è solo un gioco di prestigio parolaio, così come le sciocchezze sullo scontro generazionale. Le fumisterie idiote sono state respinte e chi ha votato per il cosiddetto “nuovo” sono stati i pensionati, facendo sprofondare nel suo luogo naturale il grottesco renziano. Ma con questa rivendicazione in favore della democrazia e dei diritti ad essa connessi hanno anche mandato in crisi la costellazione di potere che in Italia ha curato gli interessi del capitale globale, spesso di casa persino al Quirinale e contemporaneamente hanno messo un bastone fra le ruote della governance europea e dei suoi meccanismi: con la crisi bancaria, sintomo di una malattia giunta all’ultimo stadio grazie ai medici di Bruxelles, diventa chiaro che il Paese o sceglie la strada della sottomissione greca con il degrado civile e conseguenze esplosive o sarà costretto a sottrarsi all’abbraccio mortale dell’euro e dell’Europa per salvare ciò che rimane dell’industria e della propria economia.

Tutto questo non era implicato nell’uscita della Gran Bretagna, sia perché non ha la moneta unica, sia perché era fuori da molti trattati capestro che non aveva voluto firmare: la demonizzazione dell’uscita derivava più che altro da una questione simbolica, ma con l’Italia – benché la posta appaia più marginale – è diverso perché pone un macigno sulla bilancia dell’europeismo finanziario, mercatista e mercantilistico, ovvero il ritorno ai diritti e alla centralità del lavoro: diventa la cruna dell’ago attraverso il quale si deciderà o un profondo cambiamento dell’unione continentale in maniera che si configuri come area di sviluppo comune e non di sfruttamento, impoverimento, degrado, oppure la sua dissoluzione. Quindi è chiaro come i fautori dello status quo non trovino pace, che abbiano il dente avvelenato e il cervello disancorato, che quanto prima cominceranno a remare contro: tanto peggio per noi, tanto meglio per loro. Non se l’aspettavano e non si aspettavano nemmeno che il loro pupillo gli mettesse in guai del genere, tutto teso a consolidare ciecamente il proprio potere personale e di clan. A questo punto dobbiamo fare tesoro dell’esperienza greca e iberica: cominciato il guado o si va avanti o si finisce peggio di prima, per di più bagnati e infreddoliti. Dopo avere evitato che la Costituzione venisse aggredita e in definitiva ridotta a carta straccia, bisogna cominciare a realizzarla.

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