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Tra Darwin e Hunger Games, ecco il nuovo ordine globale

di Alessandro Montanari

Capita sempre più spesso che le tornate elettorali, in Europa e nel resto del mondo, producano esiti sorprendenti. Tuttavia la Brexit, il referendum costituzionale italiano, l’affermazione di Trump e il tonfo dei partiti tradizionali in Francia non sono accidenti della storia ma tendenze che la storia sta gradualmente imboccando.

Così come la bellezza, infatti, lo stupore è negli occhi di chi guarda e, guardando, impiega categorie di giudizio sfocate. Da tempo, in effetti, l'offerta politica non si articola più sull’asse orizzontale “destra-sinistra”, quanto piuttosto su un asse verticale “sopra-sotto” che separa i pochi vincitori del modello globale da coloro i quali, invece, ne sono stati sommersi e sopraffatti. Concepita come disegno economico, la globalizzazione è stata rapidamente eretta al rango di ideologia e, allo stesso modo delle illustri antenate otto-novecentesche, pretenderebbe di accreditarsi come traguardo finale dell’umanità. Più che di umanità, tuttavia, sarebbe il caso di parlare di disumanità.

Liberamente ispirato alle teorie darwiniane sulla selezione naturale, lo schema globalista impone infatti a individui, imprese e nazioni di partecipare ad una gara per la sopravvivenza regolata esclusivamente dai principi primordiali della forza e della competizione per i quali il grande mangia il piccolo, il forte prevarica il debole e lo spregiudicato sfrutta l’onesto. La tua morte per la mia vita.

I sostenitori della globalizzazione non spiegano come una società tanto carica di conflitti, tensioni e frustrazioni possa perpetuare se stessa democraticamente; ma se non lo fanno, forse, è perché il modello conduce alla degenerazione della democrazia in oligarchia. I dati di Oxfam descrivono bene la dinamica darwiniana del modello, confermando che concentra la ricchezza nelle mani di un numero sempre più ristretto di super-ricchi mentre espelle progressivamente ultimi e penultimi dopo averli aizzati gli uni contro gli altri. Come nel racconto distopico di Hunger Games.

Esasperazioni? Provocazioni? Giudizi parziali? Probabilmente sì, ma senza una fionda e qualche sassata il piccolo Davide non avrebbe potuto contrastare il gigante Golia. E i sassi in fondo sono armi leali: si raccolgono da terra e sono a disposizione di chiunque, come i dati oggettivi e le storie drammaticamente vere dei vinti della nostra era. Ecco perché i voti oggi infrangono le luccicanti vetrine del prevedibile. Perché in realtà sono sassi.

Comments

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Claudio
Saturday, 13 May 2017 17:06
Mi sembra un ottimo pezzo, a parte però le lusinghe sulla democrazia dei nostri padroni, quelli di oggi, come quelli di ieri, che sono stati la necessaria premessa per arrivare alla putrescente situazione d'oggi, nonché sull'altra lusinga sempre più decadente del voto. A quanto mi risulta, i cambiamenti di un qualche rilievo politico, e non di facciata, com'è stato il recente referendum costituzionale italiano, sono avvenuti con la lotta e non per merito d'un voto, che è assi suscettibile ad essere manovrato o quanto meno influenzato dal potere e dagli enormi mezzi di convinzio0ne di chi comanda. Organizziamoci, dunque, per una dura lotta e lasciamo perdere i fantasiosi racconti sulla democrazia dei nostri padroni e sul voto, che serve soltanto a scegliere quale componente della borghesia debba stabilire con che mezzi e in che modi soggiogarci e sfruttarci a più non posso.
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