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mondocane

  • Soros a Roma: salvate l'operazione migranti!

  • Siria, non Nord-Corea, delenda est

di Fulvio Grimaldi

L’arma di migrazione di massa

La preoccupazione deve essere tanto forte, rasentando il panico, quanto è sporca l’operazione, se George Soros, da mezzo secolo grande stragista sociale, si è precipitato da colui che falsamente presume nostro presidente del consiglio (ma avrà incontrato anche quello effettivo). In ballo era l’urgenza di applicare una sutura veloce e conclusiva allo squarcio aperto nel corpo del reato dal benemerito procuratore di Catania,  Zuccaro, dai suoi emuli a Trapani e dall’altrettanto benemerito M5S, con il sostegno strumentale, non qualificante, ma utile, di qualche elemento politico e mediatico spurio. Uno squarcio che rischia di mandare in vacca l’intero gigantesco impegno profuso dal principe delle guerre per regime change nella destabilizzazione dell’Europa mediterranea e nella distruzione dei paesi da cui originano le migrazioni di massa.

Naturalmente è grazie a correttezza e trasparenza democratica che il conte Gentiloni, facente funzione apparente di premier, ha tenuto rigorosamente nascosto questo incontro, occorso senza preavviso e dettato dall’emergenza “taxi del Mediterraneo”. Avrebbe dovuto spiegare a parlamento e popolo in quale veste un capo di governo incontra un cittadino, sì, qualunque, ma anche l’assassino, negli anni ’90, della nostra valuta (da sostituire con il tumore dell’Euro), con relativa svalutazione del 30%, la perdita di 40 miliardi di dollari e la conseguente svendita a prezzo di saldi dell’apparato produttivo della settima nazione industriale del mondo. Un soggetto, dunque, da chiamare subito i carabinieri e far rinchiudere in attesa di sentenza di fine pena mai.

Il premier zuzzurellone non ha riferito una cippa né al parlamento, né ai media, né alla moglie. La notizia la dobbiamo alla foto e al lancio di un’occhiuta agenzia. Cosa il  comparione e il compariuccio si siano detti non risulterà né nelle cronache, né negli annali,

ma noi lo sappiamo perfettamente. “Allontana da me questo calice”, ha esclamato, tra l’impositivo e il supplicante, la testa della piovra, “salva i miei tentacoli a mare, blocca l’inchiesta”. Più o meno così. E Gentiloni: “Stai tranquillo, abbiamo già mosso le nostre pedine, a partire dai solidali istituzionali Boldrini, e Grasso, dagli amici magistrati, comandanti, capitani, a passare dal correo etilico Juncker e dalla cosca di Bruxelles, e a finire con la bassa forza umanitarista politico-mediatica. Quella dei Formigli, Saviano, Fratoianni, Zoro (“Gazebo”), Manconi (che, sul “manifesto” complice vomita oscenità su Zuccaro), Bonino, tutta la lobby talmudista, correligionaria di Soros, con Furio Colombo in testa” (avreste dovuto vedere quest’ultimo, paonazzo, occhi di fuori, bava alla bocca, al limite dell’’ischemia, che sbraitava nella “Gabbia” di Paragone contro chi lì, secondo lui,  attaccando le ONG marinare si faceva promotore di interminabili ecatombi marine.

 

Grecizzare l’Italia e tutto il Sud

E’ forsennata e disperata la virulenza di questa storica armata dello speculatore ungherese, attivata in difesa della decina di Ong che, a vele, radar, droni, transponder ed equipaggi spiegati, su navi da 11mila euro di costo al giorno, battenti spesso bandiere di comodo, o, addirittura, di paradisi fiscali (il che dice molto), quali finanziate direttamente da Soros (e basterebbe questo), quali munificate da altre fonti, ma tutte in sintonia con il progetto mondialista sorosiano che implica il disfacimento di nazioni, tranne delle due o tre che fungono da arma sul campo dei banchieri globalizzanti. E’ l’inviperita reazione del rettile cui si sia pestata la coda. E’ che non si tratta solo di pizza e fichi, del business con soci trafficanti sulla quarta sponda e soci accoglienti a casa nostra. Qui è in ballo un progetto di portata epocale: la reductio ad unum del potere e del governo su quanto verrà lasciato campare, in schiavitù più o meno riconosciuta, sul globo terracqueo.

 

Svuotare i granai, riempire gli arsenali e le Ong

Svuotare i granai e riempire gli arsenali (parafrasando a rovescio il buon Pertini) è il meccanismo al quale gli ammiragli e i mozzi di Soros sono addetti nella sua fase intermedia. Quella della presa in consegna di bibliche popolazioni in fuga da terre rubate, spogliate e devastate dai similsoros delle potenze occidentali, del loro trasbordo nelle terre a perdere dell’Europa e dalla loro consegna a caporali e sfruttatori sotto comando di altri similsoros..In paesi sottomessi e con le pezze al culo, come il nostro, consegnato dai similsoros in alto alle cure terminali di cerusici, saltimbanchi e fattucchiere, non deve muoversi foglia che Soros non voglia. Il conticino Gentiloni ha battuto i tacchi, il ghigno dello stragista globale lo vedete nella foto. Ora si tratta di vedere se il procuratore Zuccaro di Catania terrà duro, se non gli troveranno addosso calzini celesti, se non se ne occuperà chi di magistrati impertinenti in Sicilia solitamente si occupa, se l’intelligenza politica dei 5 Stelle saprà prevalere sui tentacoli dell’orco talmudista ungherese. Un’intelligenza implicitamente riconosciutagli dal New York Times, propagandista di tutte le malefatte di Soros, come del Pentagono e di Big Pharma,, quando li ha anatemizzati per aver espresso sui vaccini i dubbi che avvelenatori globali come i farmaceutici meritano ogni volta che battono le palpebre.

In tale evenienza gli ipocriti che lacrimano sulle guerre, le miserie, le disperazioni e gli annegamenti, che i loro mandanti provocano organizzando povertà, desertificazione, spopolamenti, trafficanti, scafisti di carrette a galla per 2 miglia, pirati umanitari, caporali, Buzzi e Carminati, si troveranno a corto di lacrime. Meno Ong, meno morti in terra e in mare. E non veniteci a parlare di “Medici senza Frontiere”, o di “Save the Children”. Che andrebbero salvati perché buoni. Come dire, buttarne qualcuna per salvare le più grosse. Chi non si ricorda di questi animatori e utilizzatori finali di tagliagole ai tempi di Libia e Siria? Quelli che “bisogna liberarsi di Gheddafi perché rimpinza di Viagra i suoi soldati per farli stuprare meglio donne e bambini”. Quelli che, fianco a fianco con i noti “Elmetti Bianchi”,  “Assad ci bombarda gli ospedali e ammazza bambini”. E poi quegli ospedali non c’erano, o erano intatti.

A sconfiggere l’arma di migrazione di massa si fa il bene dell’umanità in tutti gli emisferi.

 

Nordcorea, arma di distrazione di massa

A tentare previsioni strategiche si rischia di rovinarsi la reputazione. Ma voglio rischiare. Credo che tutta la sarabanda trumpiana sulla Corea del Nord non preluda per niente, né oggi, né domani, a un attacco, magari nucleare, a quel paese. Serve a due cose. Primo, a giustificare l’installazione in Corea del Sud  del THAAD (Terminal High Altitude Area Defense), detto “scudo missilistico anti-nordcoreano”, ma in effetti sistema da primo colpo nucleare contro la Cina. E, secondo, da diversivo rispetto all’invasione della Siria che il concentramento di truppe giordane e americane sembra minacciare e di cui nessuno parla.

L’iniziativa, che vedrebbe aumentare l’attuale numero di effettivi militari Usa in Siria dai mille che operano in congiunzione con il mercenariato curdo nel nordest e si apprestano a far sloggiare l’Isis da Raqqa, a ben più di 2.500, sembrerebbe una risposta al piano elaborato ad Astana, Kazakistan, da russi, turchi e iraniani, con il netto dissenso dei ribelli moderati invitati alla riunione. Dall’ennesimo incontro kazako dei tre paesi impegnati a trovare una qualche sistemazione al conflitto, è uscito un memorandum. Prevede la creazione di quattro enclavi in Siria che i russi e iraniani chiamano “aree di riduzione del conflitto (“de-escalation zones”), ma che per i turchi mantengono la vecchia denominazione di “aree di sicurezza” (“safe zones”). Quelle vagheggiatre da Erdogan fin dall’inizio dell’aggressione. La collocazione e delimitazione  di queste zone non è molto chiara: provincia di Idlib, parti delle provincie di Latakia, Homs e Aleppo, Est Ghouta, a oriente di Damasco, e provincie meridionali di Daraa e Quneitra.

 

Quattro “aree di sicurezza”, quattro pezzi di una Siria da frantumare

Cosa ne viene al popolo siriano che, per bocca del suo presidente, rivendica fin dal primo giorno la liberazione di ogni pollice del territorio nazionale occupato dai nemici? Ne verrebbe questa situazione: Una larga area a nordest occupata, con il concorso  e sotto la guida Usa, dai curdi dell’YPG, comprendente vasti territori arabi su cui i curdi hanno operato pulizia etnica. L’area di nord ovest, attorno a Idlib, occupata dai turchi insieme ai presunti surrogati “moderati” dell’Esercito Libero Siriano. Sacche frammentate sotto controllo Isis e Al Qaida (Al Nusra., ecc.) nell’ovest sotto il Golan e nel Sud attorno a Daraa, che però dalle forze lealiste stanno venendo riprese giorno dopo giorno, a dispetto della fattiva protezione israeliana.

I russi avevano già avanzato, tempo fa, una proposta di nuovo costituzione siriana. Federale. Ovviamente subito respinta da Damasco, perché vista come preludio alla spartizione che il sionimperialismo progetta da decenni. Ora Mosca ci riprova, stavolta, ahinoi, con l’apparente – e, forse, forzato - consenso del governo di Assad. Le quattro aree di “riduzione del conflitto” in parte si sovrappongono a quelle sottratte con la forza militare jihadista, turca, americano-curda. Dovrebbero materializzarsi ai primi di giugno e ne sarebbero “garanti” i tre paesi che le hanno inventate ad Astana, con però l’invito ad altri di associarsi. I garanti si impegnerebbero a far terminare ogni attività bellica. Con quanta adesione delle varie e, in parte incontrollabili, bande jihadiste è da vedere.

Da vedere resta anche se la progettata invasione di truppe Usa e giordane dal Sud del paese si inserisce nel quadro tracciato da russi, turchi e iraniani ad Astana, o se si tratta di mossa finalizzata a impedire che russi e iraniani possano mantenere voce in capitolo sul futuro della Siria.In ogni caso si tratta di sviluppi tutti non solo sospetti, ma fortemente negativi per chi contava sulla difesa ad oltranza dell’integrità e sovranità della Siria. Puzza maledettamente di prodromo alla spartizione del paese in varie parti e sotto diversi controlli: qualcosa ai curdi, qualcosa ai turchi, una fetta alla Giordania, protettorati israelo-americani, una ridotta lasciata agli sciti e ad Assad. Una situazione ingovernabile, foriera di interminabili contese. L’ideale per Israele, Golfo e Occidente. In ogni caso è garantito il lungamente vagheggiato oleodotto Qatar-Mediterraneo che Damasco aveva rifiutato preferendogli quello dall’Iran.

Peggio non poteva andare a un popolo che si è battuto con determinazione ed eroismo senza uguali, e soffrendo l’indicibile, per la causa più giusta del mondo. In un vertice a due Putin-Erdogan a Soci, il presidente russo ha dichiarato che le relazioni tra Turchia e Russia sono tornate ottimali. Forse ha anche pensato che il Turkstream, il gasdotto Russia-Tirchia, val bene una messa islamico-ortodossa. Preghiamo gli dei di essere smentiti.

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