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I Laburisti perdono, ma è tutta la sinistra europea a fallire

di Lorenzo Vita

A sole cinque settimane dalle elezioni politiche del Regno Unito, il partito laburista di Jeremy Corbyn ha incassato alle elezioni locali una sconfitta colossale. Il suo partito ha perso ovunque, in Inghilterra, Scozia, Galles, e ha perso non solo seggi e posti di potere nelle amministrazioni locali, ma qualcosa di più importante. Il partito laburista ha perso centinaia di migliaia di elettri, ha perso in luoghi in cui dominava, ed ha considerato vittorie importanti risultati in città in cui prima era scontato che vincesse.

Il partito laburista non ha quindi solo perso le elezioni nei 4851 seggi municipali in gioco. Il suo risultato denota un crollo di consensi che si sono spostati verso i conservatori e i partiti identitari. In Inghilterra ha perso moltissimi seggi e molte città. In Scozia idem. In Galles ancora è maggioritario, ma è retrocesso moltissimo in termini di voti e di peso politico. Un esempio su tutti è Glasgow, dove dopo trent’anni di dominio laburista, il centrosinistra inglese ha lasciato il campo allo Scottish National Party. Nel 2012, Glasgow era dominata dal Labour. Oggi, nel 2017, è diventato il secondo partito con una perdita del 16% dei voti rispetto a cinque anni fa. Primo partito è diventato l’SNP che ha guadagnato otto punti percentuali, e il terzo partito, i conservatori, ha guadagnato altrettanti punti.

L’esempio di Glasgow fa comprendere quanto stia cambiando la cartina politica del Regno Unito rispetto a pochi anni fa. Brexit era già stato in questo senso un segnale importantissimo. Il centrosinistra inglese, che è tradizionalmente incardinato nel partito laburista, è ormai diventato un movimento senza capacità di rispondere alle esigenze del suo elettorato storico. Le esigenze di quella gente che prima votava convintamente Labour, oggi sono state conquistate dal centrosinistra identitario, come quello scozzese e gallese, oppure dai conservatori stessi. Altro esempio, le aree industriali dell’Inghilterra del Nord, un tempo bastioni del laburismo, e che oggi hanno deciso di virare nettamente verso i Tories di Theresa May. Quel distacco con la realtà, già evidente quando l’Inghilterra profonda votò per uscire dall’Unione Europea, si è ripetuto nelle elezioni locali. E con molta probabilità si ripeterà a giugno nelle elezioni politiche generali-.

In molti hanno puntato il dito su Jeremy Corbyn e sulla sua incapacità di pescare consensi. Del resto, la sua non è mai stata una leadership forte, né il partito l’ha mai veramente sostenuto. Anche in queste elezioni, molti fra i suoi stessi colleghi di partito l’hanno accusato di aver condotto una campagna elettorale priva di significato, dove l’idea di voler per forza affermare che le amministrative non c’entravano nulla con le politiche, ha in realtà sortito l’effetto opposto.

Ma il problema è molto più radicato di una semplice campagna elettorale. Anzi, è molto più esteso anche della semplice Gran Bretagna. Il centrosinistra, ovunque, negli ultimi anni, sta perdendo consensi. I partiti storici che rappresentano la sinistra europea stanno scomparendo o sono costretti a cambiare volto per non prendere storiche batoste elettorali. Partiti che un tempo erano il fulcro della democrazia dei vari Stati d’Europa, sono ormai ridotti a terzi o quarti partiti. Pensiamo al PSOE spagnolo, al PASOK greco, al Partito Socialista francese. Ma pensiamo anche al nostro PD, che ormai è forse il primo partito d’Italia ma con percentuali molto più ridotte rispetto a pochi anni fa e che è appena uscito da una sconfitta netta al referendum costituzionale.

Il vero nemico di Corbyn non è quindi stato soltanto Theresa May, che pure è stata formidabile in questa campagna avendo raccolto i voti populisti e moderati in una sola mossa. Il vero avversario del centrosinistra inglese è stato lui stesso, e cioè l’incapacità di rispondere alle domande che il suo elettorato pone continuamente. La sconfitta alle locali e la perdita di 350 seggi in tutto il Paese non sono quindi soltanto la sconfitta di Jeremy Corbyn. È la sconfitta di un sistema politico che ovunque, in Europa, non riesce più a individuare il modo per conquistare consenso. Ha perso il suo elettorato storico, non convince i nuovi elettori, ma soprattutto ha perso l’anima socialdemocratica che prima faceva essere i laburisti e i socialisti europei i primi partiti a livello nazionale. Un’anima che invece stanno riscoprendo i conservatori, che rialzano lentamente la testa, guadagnando spazio negli elettori delusi o che tornano nella loro casa.

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