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vocidallestero

Come e perchè Governo, Università e Industria fanno mancare il lavoro in campo scientifico e hi tech

di Eric Weinstein

Perché  negli Stati Uniti si è deciso di spalancare le braccia a lavoratori altamente qualificati – scienziati e PhD – provenienti dall’estero e disposti ad accontentarsi di un visto temporaneo? La spiegazione ufficiale: perché negli Usa la scienza era a rischio per mancanza di lavoratori. Ma Eric Weinstein in questo articolo racconta come – muovendosi da autentico detective economico – ha trovato le prove che l’intento, consapevole quanto nascosto, era tutt’altro, e tristemente prevedibile: tenere schiacciati i salari e i diritti dei lavoratori, anche nel settore tecnico-scientifico

“Le future carenze di offerta di lavoratori avranno conseguenze devastanti per la scienza e l’ingegneria”.

È stato un mantra che ci siamo sentiti ripetere per gran parte degli anni Ottanta. E tuttavia, la prevista caccia ai talenti non si è mai materializzata: al contrario, i fatti mostrano che il tasso di disoccupazione di chi ha preso da poco un dottorato in ambito tecnico-scientifico è schizzato verso l’alto. In realtà, la maggior parte degli economisti americani sembravano convinti che l’idea stessa di carenza di lavoratori difficilmente abbia senso in un’economia di mercato, dal momento che basta semplicemente alzare i salari per attirare più persone.

Alla fine degli anni Novanta, nel corso delle mie ricerche sull’ immigrazione, mi sono convinto che la nostra politica sull’immigrazione qualificata negli Stati Uniti da un punto di vista razionale semplicemente non quadrava.

Più studiavo la situazione, più mi diventava chiaro che i gruppi di Washington che pretendono di parlare a nome degli scienziati degli Stati Uniti (per esempio la National Science Foundation-NSF, la National Academy of Science-NAS, l’Association of American Universities-AAU, la Government-University-Industry Research Roundtable-GUIRR) si sono in realtà schierati dalla parte dei datori di lavoro, nella lotta tra questi e i lavoratori del settore scientifico: e che si sono sforzati di indebolire il potere contrattuale degli scienziati sugli aspetti economici, sia attraverso interventi sul mercato del lavoro sia manipolandolo.

Sempre più spesso dalle mie ricerche sembrava risultare che negli Stati Uniti gli interventi sul mercato del lavoro scientifico portati avanti da governo, università e industria, in particolare dopo che il sistema universitario ha smesso di crescere organicamente, nei primi anni Settanta, erano estremamente problematici.

Nel 1998 stava diventando ormai evidente che i veri problemi legati alla forte immigrazione qualificata erano effettivamente compresi abbastanza bene da un’intera classe di attori politici, che tenevano nascoste le leve usate per influenzare le scelte politiche. Il gruppo NSF/NAS/GUIRR sembrava simulare la propria incompetenza, pubblicando studi sul mercato del lavoro che palesemente ignoravano i salari e le dinamiche di mercato, per focalizzarsi esclusivamente sull’aspetto demografico.

Alla fine degli anni Novanta mi sono convinto che, per orchestrare un modo per far diminuire gli stipendi degli scienziati, ci fosse stato bisogno di uno studio economico competente, fatto per orientare le peculiari scelte politiche che hanno portato a inondare il mercato di persone in possesso di un dottorato di ricerca in una materia scientifica (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Perché questa teoria fosse corretta, lo studio economico tenuto riservato avrebbe dovuto essere stato fatto studiando sia il lato offerta sia il lato domanda, in modo che la parte riguardante la domanda potesse successivamente essere rimossa, con la conseguente bizzarra pubblicazione di studi concentrati esclusivamente sul lato offerta.

Trasformandomi per un periodo in investigatore in campo economico, ho iniziato un minuzioso vaglio della letteratura in materia e ho scoperto che proprio uno studio di questo tipo aveva immediatamente preceduto la pubblicazione degli sciocchi studi demografici utilizzati per giustificare di fronte all’opinione pubblica l’Immigration Act del 1990. Questo autentico ago si trovava nel pagliaio dei documenti che la NSF è stata costretta a consegnare quando la Camera ha aperto un’indagine sulla stessa NSF per la diffusione di falsi allarmi sulla carenza di scienziati.

Il titolo dello studio era questo: “Il canale di accesso per il personale tecnico-scientifico: lezioni dal passato applicate ai cambiamenti futuri di interesse per responsabili politici ed esperti di risorse umane.” Lo studio non aveva data e non era firmato. Alla fine ho raccolto tutto il mio coraggio e ho chiamato la National Science Foundation, chiedendo di poter parlare con l’autore dello studio. Dopo un po’ di esitazioni non ben motivate, mi passarono al telefono una persona che non avevo mai sentito nominare, che si presentò come Myles Boylan. Dalla nostra conversazione emerse chiaramente che lo studio era stato fatto nel 1986, come previsto, immediatamente prima dei famigerati e ora infamati studi sulla carenza demografica di scienziati.

Come avevo previsto, risultò anche che l’autore non era affatto un esperto di demografia, ma che era un competentissimo PhD in economia, pienamente consapevole di come funzionano i meccanismi che agiscono sull’andamento dei salari. Come lo studio rende chiaro, il problema da risolvere non riguardava i talenti, ma il loro prezzo: i datori di lavoro in campo scientifico erano allarmati dall’eventualità di dover pagare stipendi competitivi rispetto a quelli di mercato a dottori di ricerca americani che avessero molte opzioni di lavoro tra cui scegliere. L’obiettivo dello studio non era come individuare i talenti, ma come indebolire la loro capacità di contrattazione con i datori di lavoro, utilizzando lavoratori stranieri per minare la capacità negoziale dei nuovi dottorati.

Questo studio è stato l’anello fondamentale di una catena di prove che porta a una visione completamente diversa delle reali origini della legge sull’immigrazione del 1990 e della classificazione dei visti H1-B (visto di lavoro temporaneo in Usa concesso a chi sia in possesso di qualifiche accademiche e abbia un’offerta di lavoro in un settore specializzato da parte di un ente americano, NdVdE). Secondo questa spiegazione alternativa, l’industria americana e Big Science hanno convinto la Washington ufficiale a mettere in atto una serie di politiche che avevano poco a che fare con qualsiasi preoccupazione demografica. Il loro obiettivo era invece liberare i datori di lavoro americani del settore scientifico dalla necessità di pagare il pieno prezzo di mercato previsto per il lavoro altamente qualificato. Puntavano a inserire nel mondo della ricerca dipendenti classificati come “stagisti”, “studenti” e “post-doc”, a tutto beneficio dei datori di lavoro. Il risultato sarebbe stato rendere la forza lavoro in campo scientifico più docile e flessibile nei confronti delle direzioni e dei ricercatori senior, cercando di far sì che questo settore del mercato del lavoro sia sempre inondato di titolari di visti estremamente vantaggiosi per il datore di lavoro, che non hanno diritti legali sufficienti a rispondere ai richiami legati a salari migliori presenti sul mercato del lavoro negli Stati Uniti.

Un obiettivo correlato è stato spostare l’orientamento verso la costruzione di “ponti” con l’Asia e in particolare con la Cina, in modo che scienziati di alto livello, tecnologi e docenti potessero far tesoro dell’occupazione e delle opportunità di business tecnologico legate all’espansione asiatica (e in particolare cinese). Questo, a sua volta, avrebbe procurato ai datori di lavoro e ricercatori in campo scientifico negli Usa l’accesso al prodotto dei sistemi educativi asiatici, che puntano molto su esercizi ripetitivi, sull’apprendimento meccanico, sull’obbedienza, e prevedono sistemi di concorrenza basati su test, dando loro sollievo rispetto ai modelli statunitensi che, a confronto, sollecitano una maggiore creatività, capacità di mettere in discussione quanto viene insegnato, indipendenza e irriverenza verso l’autorità.

Ho sostenuto questa tesi in uno studio pubblicato dal National Bureau of Economic Research. Fino a poche settimane fa, era disponibile sul loro sito web. Mentre compaiono altri studi  che sono in sintonia con le mie conclusioni e mentre l’amministrazione Trump studia una possibile revisione della legislazione in materia di visti, sono grato per l’incoraggiamento e la volontà di ripubblicare il mio studio di INET.

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