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Abbiamo perso?

di Franco «Bifo» Berardi

Anche se gruppi di umani sopravviveranno, l’umanità non può sopravvivere. Una riflessione sulla sconfitta in compagnia di Amitav Ghosh, Swimmers e il documentario Rai su Lotta Continua

BIFO LC 1Nei giorni di Lutzerath, mentre qualche migliaia di ragazzine e ragazzini col cappuccio di lana calato sulle orecchie giocava a nascondino con la polizia dello Stato tedesco per impedire l’apertura di una miniera di carbone, ho visto Lotta Continua il documentario Rai di Tony Saccucci.

È pieno di immagini straordinarie sulle lotte Fiat, e offre prospettive diverse, anche contraddittorie, sulla storia di quella organizzazione e sul panorama sociale degli anni successivi al ’68.

Voglio precisare che non ho partecipato all’esperienza di Lotta Continua, perché dal 1967 mi riconoscevo nelle posizione di Potere Operaio, ma voglio anche precisare che fin da quegli anni mi sentivo spesso più vicino allo spontaneismo di Lotta Continua che al severo tardo-leninismo che dopo l’autunno del ‘69 prese il sopravvento in Potere Operaio.

Tra le tante cose interessanti mi ha colpito una frase di Vicky Franzinetti: “Noi abbiamo perso, e chi perde ha un debito immenso verso le generazioni successive.”

Mi ha fatto pensare, mi sta facendo pensare.

“Abbiamo perso.” Frase problematica. Avremmo potuto vincere? E come avremmo potuto vincere? Trasformandoci in forza politica parlamentare (tentativo peraltro compiuto e fallito) o prendendo le armi in centomila fino al bagno di sangue? O forse avviando un processo di secessione pacifica di un’intera generazione? Più o meno le abbiamo tentate tutte, queste strade, e nessuna era all’altezza del problema.

Ma quando parliamo dei processi storici, l’alternativa vincere o perdere non spiega molto, perché nel divenire reale non c’è alcuna simmetria tra gli obiettivi che ti proponi e quello che accade nel perseguirli: si chiama eterogenesi dei fini.

Nella sfera umana esistono giochi finiti, nei quali è possibile stabilire chi vince sulla base di regole condivise. Ed esistono giochi infiniti, nei quali le regole stesse sono oggetto di conflitto e di contrattazione, per cui non è mai possibile stabilire un vincitore. È così nel gioco dell’amore, è così nel gioco della storia delle lotte di classe, è così nel gioco della guerra.

Ma queste sono chiacchiere filosofiche.

La verità fattuale è che noi ci battevamo per l’uguaglianza e oggi l’1% della popolazione mondiale detiene il 70% delle ricchezze, ci battevamo per la libertà dal lavoro e lo schiavismo è tornato dovunque, e le 40 ore settimanali sono un ricordo. Volevamo la pace e dovunque oggi c’è la guerra. Volevamo la democrazia radicale e dappertutto domina il nazi-liberismo.

Dunque non c’è dubbio: abbiamo perso. Ma chi è quel “noi” che sta parlando? Non i militanti di qualche organizzazione, non il movimento, ma la società intera ha perso. E forse, dalla prospettiva che si delinea ora che la civiltà sociale si sta disintegrando, potremmo dire che a perdere è stata l’umanità civilizzata. Dicevamo infatti: socialismo o barbarie.

Ma esisteva una possibilità di evitare questa sconfitta? E il socialismo avrebbe potuto evitare l’abisso in cui ora stiamo precipitando?

Forse attribuivamo alla volontà una potenza che la volontà non possiede: la volontà può pochissimo. L’immaginazione può un po’ di più: ma forse abbiamo immaginato un possibile che non era possibile.

Si poteva evitare la soluzione finale che si va oggi delineando? Poteva il movimento del ’68 cancellare l’eredità di cinque secoli di violenza contro la terra?

Apprezzo l’onestà spietata di Vicky Franzinetti, ma penso che le sue parole siano sintomo di una sproporzionata fede nella potenza della volontà.

Il movimento a cui abbiamo partecipato affermò che l’uguaglianza e la fraternità sono il solo metodo che può permettere al mondo di sfuggire all’orrore. Ecco tutto. Non sbagliammo a dire questo. Era vero, ed è vero anche adesso. Ma è una verità inoperante, perché le condizioni culturali, psichiche e ambientali rendono l’uguaglianza utopica e la fraternità impossibile.

Dopo il ’68 globale l’uguaglianza e la fraternità furono aggredite e distrutte dalle truppe ideologiche ma soprattutto da quelle militari e tecno-finanziarie del nazi-liberismo.

Noi abbiamo perso e Pinochet ha vinto, e con lui ha vinto il sistema finanziario occidentale che ha aperto la strada alla Reazione Globale, all’estrattivismo del capitalismo globale.

Le innumerevoli esperienze di lotta che si sono succedute nell’era successiva alla sconfitta del comunismo sono esperienze disperate perché prive di un orizzonte realistico: non c’è più una via politica per uscire dalla spirale illimitatamente distruttiva del nazi-liberismo. L’ultima prova di questa impossibilità l’abbiamo avuta, ancora, in Cile tra il 2019 e il 2022.

Dobbiamo per questo pensare che sulle nostre spalle pesa, come dice Vicky, un debito immenso?

L’ultimo libro di Amitav Ghosh (romanzo e saggio filosofico, antropologico e storico) mi fa pensare che no, che non avremmo potuto evitare la resa dei conti con la Terra.

Me lo chiedo davvero, senza avere una risposta, ora che vedo le scene di Lutzerath, ora che vedo le ragazze e i ragazzi di Ultima Generazione che si battono in quella landa gelida come passerotti un po’ spennacchiati aggrediti dal mostro smisurato dell’economia fossile e dall’apparato poliziesco dello Stato tedesco. Come le loro coetanee di Teheran, stanno affrontando una tempesta che non siamo riusciti a evitare.

Ho visto anche Swimmers, il film di Sally El Hosaini, una regista inglese d’origine egiziana: racconta la storia di due sorelle nuotatrici che fuggendo dalla guerra siriana rischiano il naufragio e infine trascinano a nuoto il gommone sgangherato nelle acque del mare che divide la Turchia dall’isola di Lesbo. Sul gommone trainato dalle sorelle Yasra e Sara, precariamente seduti, ci sono bengalesi e siriani accanto a nigeriani e afghani.

Anche questo a mio parere è un film da vedere: parla della tragedia che continua ai confini d’Europa, e che si ingigantisce per effetto delle guerre e del cambio climatico. Il comunismo avrebbe potuto evitare questa tragedia, come pensavamo negli anni ’68?

La maledizione della noce moscata, l’ultimo libro di Amitav Ghosh (romanzo e saggio filosofico, antropologico e storico) mi fa pensare che no, che non avremmo potuto evitare la resa dei conti con la Terra.

Secondo Ghosh il capitalismo globale trae origine da una prolungata guerra biopolitica che le potenze colonialiste scatenarono contro l’ecosistema del pianeta. Le popolazioni indigene che erano parte integrante dell’ecosistema planetario furono sterminate dalle guerre biopolitiche. Da quella devastazione il capitalismo industriale trasse la sua energia, provocando una mutazione climatica e biologica che la volontà politica non può più governare. Il processo di Terraformazione che rese possibile la creazione dell’industria moderna ha messo in moto processi irreversibili che hanno effetti devastanti sulla continuità della vita associata.

Ghosh scrive: “Le similitudini tra l’attuale crisi planetaria e gli sconvolgimenti ambientali che distrussero mondi vitali di innumerevoli popolazioni amerindie e australiane hanno qualcosa di perturbante”.

Ci siamo a lungo illusi che la civiltà potesse sopravvivere alle devastazioni prodotte dall’estrattivismo, dal super-sfruttamento nervoso, dall’inquinamento dell’ambiente fisico e mentale. Ma nel nuovo secolo cominciamo a renderci conto che non è così: anche se forse gruppi di umani sopravviveranno, l’umanità non può sopravvivere. Anzi, guardando il panorama psico-politico contemporaneo, si può pensare che l’umanità già non esiste più. I miei vecchi compagni di Lotta Continua, o almeno i loro ex dirigenti forse credono nell’esistenza di guerre nazionali giuste: quasi tutti hanno preso posizione a favore della guerra nazionale ucraina, e sostengono l’invio di armi a quei combattenti.

Dicono che è come ai tempi del Vietnam, ma non è vero niente: per tutti noi (e per i miei compagni di LC) quella era una guerra internazionalista contro l’imperialismo di un paese lontano. Questa di oggi è una carneficina nazionalista voluta armata e sfruttata dal nazi-liberismo atlantico che usa cinicamente la vita di milioni di ucraini e di ucraine per gli interessi dei grandi produttori di armi e per la spartizione del mercato dei combustibili fossili.

I miei vecchi compagni hanno perduto il bene dell’intelletto ma non per questo ho smesso di volergli bene, perché tutti questi (anche lo sterminio del popolo ucraino o lo sterminio del popolo palestinese) non sono che dettagli dell’Olocausto globale in corso. Di questo parla il libro di Ghosh, nel quale compare un nuovo attore, che gli storici moderni non hanno saputo vedere come soggettività: la Terra cui lo scrittore attribuisce una agency, un’intenzionalità che non siamo in grado né di comprendere né di governare:

“Chissà che entità e forze non umane artificiali e naturali non stiano perseguendo obiettivi loro propri, di cui gli umani non sanno nulla”.

L’eredità della colonizzazione appare irreversibile non solo sul piano fisico e biologico, ma anche sul piano sociale e su quello antropologico. Sul piano sociale il modo di produzione capitalistico non avrebbe potuto mai affermarsi senza lo sterminio, la deportazione e la schiavitù.

Dice Ghosh: “L’era delle conquiste militari ha preceduto di secoli l’emergere del capitalismo. Proprio tali conquiste e i sistemi imperiali che ne sono derivati hanno promosso l’ascesa inarrestabile del capitalismo.” E secondo Cedric Robinson “la relazione tra manodopera schiavistica, tratta degli schiavi e formarsi delle prime economie capitaliste è palese”.

Sul piano antropologico inoltre “fu la trasformazione degli esseri umani in risorse mute a permettere il balzo concettuale in seguito al quale divenne possibile ridurre all’inerzia la Terra e tutto ciò che conteneva… Solo dopo averlo immaginato come morto abbiamo potuto dedicarci a renderlo tale” (ancora Ghosh).

L’intero movimento storico della modernità ha raggiunto il suo punto di disintegrazione: questo è il senso del XXI secolo.

Non avremmo potuto evitare questa disintegrazione, se avessimo vinto. Si rassicuri Vicky Franzinetti.

La guerra mondiale asintotica nella quale siamo coinvolti dal 24 febbraio del 2022, non fa che accelerare la catastrofe ambientale definitiva: è guerra nazionale contro l’imperialismo fascista russo, che però è stata voluta sobillata e armata dall’imperialismo nazi-liberista atlantico.

Quella guerra – moltiplicatore spaventoso della catastrofe climatica e conseguentemente migratoria – è segno inequivocabile del collasso mentale, e della demenza senile da cui è affetto il genere umano.

Al di là dell’oscena retorica del nazionalismo (sia russo che ucraino), all’origine di questa guerra ci sta la questione energetica (il North Stream 2 e la volontà americana di rompere quel legame tra Germania e Russia).

Il risultato di quella guerra è un rilancio del fossile, proprio mentre lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento degli oceani e mille altri segnali ci stanno avvertendo che siamo fuori tempo massimo, e proseguire nell’economia fossile significa il suicidio della civiltà umana.

Lutzerath ce lo ricorda, e intanto il carbone è di ritorno.

Ghosh osserva che “i combustibili fossili sono le fondamenta su cui poggia l’egemonia strategica dell’Anglosfera” e che “la militarizzazione è l’attività che più contribuisce alla devastazione ambientale”.

Vada come vada la guerra, una cosa è certa: gli sforzi produttivi del prossimo futuro saranno dedicati più che mai a costruire armi sempre più potenti.

Non il finanziamento del sistema sanitario che il nazi-liberismo ha distrutto dovunque, non il finanziamento dei sistemi educativi, sbrindellati dall’offensiva privata e dal caos info-nervoso: la guerra sarà l’impegno principale degli Stati e dei sistemi produttivi.

“Esiste il gravissimo rischio che la nostra civiltà stia giungendo al capolinea. In qualche modo la specie umana sopravviverà, ma distruggeremo tutto quello che abbiamo costruito negli ultimi duemila anni” dice Hans Joachim Schellnhuber (citato da Amitav Ghosh).

Ecco allora che gruppi di disertori abbandonano la scena della storia per vivere tra le rovine della modernità, come i funghi che crescono proprio laddove tutto si decompone, come dice Anna Lowenhaupt Tsing ne Il fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo.

È lì che deve spostarsi la nostra riflessione: oltre l’individuo, oltre la specie, tra le rovine in decomposizione.


Riferimenti
Anna Lowenhaupt Tsing ne Il fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo. Keller, 2021
Amitav Ghosh: La maledizione della noce moscata Neri Pozza, 2022
Cedric Robinson: Black Marxism: The Making of the Black Radical Tradition, North Carolina Press, 1984
Sally El Hosaini: Swimmers, 2022

Comments

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Paolo Gustavo
Friday, 21 April 2023 19:26
L'intervento di Bifo mi sembra molto corretto, e malcompreso. Soprattutto da chi pensa che il capitalismo sia in crisi, cosa non vera: mai visto malati correre e picchiare così ferocemente: v. la dichiarazione di guerra di Biden alla Cina.
È vero che siamo -tutti- stati sconfitti. Abbiamo sottovalutato l'avversario? Non è rilevante, perchè anche se molti l'hanno fatto, e oggi sappiamo che con le forze in gioco non potevamo vincere, non potevamo neppure non combattere.
Il nostro miglior sociologo, Guido Martinotti, diceva che il '68 era come l'esplosione di una molla, il risultato della compressione in pochi anni di una trasformazione sociale che in altri periodi e paesi aveva occupato secoli. E questa molla abbiamo cercato di dare una direzione e una testa.
Il guaio di quella sconfitta è che, a differenza di altre, il nemico dopo è diventato ancora più forte, ha cambiato anche caratteri, e ha pure smembrato l'opposizione. E soprattutto è avvenuta nel momento sbagliato, quando il pianeta ha superato i limiti della sua resistenza allo sfruttamento e distruzione. Avremmo potuto fermarla? Su questo non sono pessimista come Bifo e Gosh, ma ormai è irrilevante.
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mirco
Monday, 06 February 2023 12:39
«“Abbiamo perso.” Frase problematica. Avremmo potuto vincere? E come avremmo potuto vincere? Trasformandoci in forza politica parlamentare (tentativo peraltro compiuto e fallito) o prendendo le armi in centomila fino al bagno di sangue? O forse avviando un processo di secessione pacifica di un’intera generazione? Più o meno le abbiamo tentate tutte, queste strade, e nessuna era all’altezza del problema.», scrive Bifo.

Ma la realtà è un'altra: solo la prima delle “strade” è stata effettivamente tentata, mentre sia quella dei centomila che prendono le armi, sia quella che avrebbe comportato una presa di distanza radicale dallo stile di vita capitalistico sono rimaste lettera morta. La vera sconfitta sta nel fatto che, quando “la guerra arriva nella cantina e nel fienile”, non c'è più l'operaio che “ride e prepara il suo fucile”, ma ci sono quattro stronzi con la bandiera della pace e quella ucraina che fanno a gara a chi sostiene di più i diritti e la sovranità dei nazifascisti.

Bifo, come tanti altri, crede nella pace senza rendersi conto che la pace serve a mantenere lo stato di cose, che per lui è bellissimo anche se dice di odiarlo, con tutte le sue belle riviste, case editrici, centri sociali filo-ucraini, posti di lavoro più o meno garantiti, youtuber “rivoluzionari”, influencer “proletari”, operatori culturali che divulgano merda come fiumi in piena e...fascisti al governo. Sì, caro Bifo: la pace sociale e la pacificazione generale che avete accettato alla fine degli anni '70 hanno portato i fascisti al governo. C'è voluto un po' di tempo, ma alla fine il risultato è stato raggiunto. Responsabili sono tutti coloro che si sono autosuggestionati circa la loro capacità di impedire questo esito pacificamente. Serve una rivoluzione culturale. Serve un ritorno a quando non si condannavano tutti i fascismi senza condannarne nessuno, ma si condannavano i fascisti per quello che erano, erano stati e sarebbero stati in futuro. E si condannavano sul serio, non con le petizioni e le raccolte di firme o aspettando le sentenze delle corti. Pacificazione e indignazione portano a dove siamo oggi. Con i compagni in galera e i camerati al governo. Serve un atteggiamento molto diverso e serve alla svelta.
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Alessio
Friday, 03 February 2023 11:38
Non c'è niente di più vero che "..come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa...". Il che significa non si può analizzare la fase del 68 e del post 68 con la coscienza che essi hanno di se stessi.

"Abbiamo perso?" si domanda Bifo affermando di si.

Ancora una volta il <<'68>> ed il suo <> spiegato dalla rappresentazione che esso ha di sè.

Fortunatamente, sono nato a gennaio del 1968 e considerando le cose dappresso, rilevo che si trattava di come la fase ancora ascendente della accumulazione ricomponeva alla funzione della produzione del valore le spinte conflittuali inevitabili che il capitalismo come sistema unitario mondiale produce continuamente, rideterminandole come sommatorie di individualità indistinte o come singoli produttori (che include gli sfruttati) nuotare ancor più vorticosamente nel mare del mercato.

Diciamola tutta quel "noi" non aveva compreso il capitalismo come movimento storico e la sua traietoria; oggi quel "noi" non ha il coraggio (o la possibilità oggettiva) di ammetterlo.

Dunque si rimane ancorati al proprio limiti sentenziando "ah regà non c'è più nulla da fare, lasciate perdere" e curate le sole vostre individualità, salvatevi come "individui". La cosa peggiore quindi, non è lo schiattamortismo, l'aspetto peggiore di questo ragionamento e "sfogo" pubblico è che di fronte alle evidenze delle forze oggettive di un modo di produzione storicamente determinato, qui viene proposta come unica via di uscita la strada dei singoli individui che possono salvarsi contrapposta ad un qualsiasi esperimento (pur fallace che possa essere) di tipo "collettivo", approccio, appunto, che è complementare al modello democratico liberale del capitalismo che si fondò sulla libera concorrenza dei liberi produttori individuali per poi sussumerli tutti nel mercato mondiale e nella produzione del valore. Ma nel XXI secolo questo movimento storico che è il capitale inzia davvero a scricchiolare ("crumbling") e e con questo anche la sua forza basata sulla violenza espropriatrice.

Caro Bifo, credo tu viva ancora nel comodo appartamentino nel centro di Bologna. Un consiglio: esci, fai la spesa, mangia, dormi, guardati un film, ma "statt' a casa!"
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Alfred
Friday, 03 February 2023 12:25
Perche' buttarla sul personale, delimitare Bifo o chi altri?
Una lotta ha bisogno di persone, si dovrebbe imparare a fare proselitismo, non escludere.
Bifo fa parte di una generazione che ci ha provato. Da tanti punti di vista e con molte lotte.
Con le lotte qualcosa si e' ottenuto anche a livello istituzionale e di modifica delle vite individuali chi si ricorda oggi di una cosa chiamata equo canone che forse anche Bifo nel suo appartamentino bolognese ha fatto applicare?
Diritti nel mondo istituzionale borghese, ma sono stati utili, per l'affitto si poteva non spendere la totalita' del salario.
La sua conclusione parla della sua eta', anche anagrafica e dimentica che le battaglie si possono perdere, ma bisogna puntare a vincere la ... guerra
Non e' facile per nessuno (tra quelli sopravissuti all'eroina e ad altre disgrazie) passare da anni di esaltazione e forza al riflusso e a questa palude.
La sconfitta delle lotte non fu una cosa dovuta a volonta' o a scazzi e varie ed eventuali (non solo)

Faccio domande, forse retoriche.
Pensate che Gladio (di cui si e' ignorata a lungo l'esistenza) fosse una struttura goliardica?
I carri armati a Bologna pensate fossero un caso di impazzimento cossighiano o una prova generale?
Sono vere le voci sull'eroina dispensata e promossa a piene mani anche negli angoli piu sperduti del Paese?
Quali rapporti vi erano tra i numerosissimi e armatissimi (compresi ordigni per stragi) camerati e le istituzioni italiane/Usa?
Secondo voi, se le lotte si fossero avviate a una qualsiasi vittoria, anche parlamentare e, al ribasso, socialdemocratica, che cosa avrebbero fatto la Nato e i gladioti?
sono esercizi utili per libri fantapolitici.
Ma possono fornire molti spunti
Per non parlare di interessi finanziari nel nostro pollaio e oltre, piu le mani sui sistemi di comunicazione e la connivenza istituzionale con la peggiore criminalita'organizzata, ecc
Resto dell'idea che erano lotte giuste, ma sottovalutavano mezzi e forze che si contrapponevano. Queste forze le abbiamo viste in azione, subite, sappiamo quanto possono e cosa fanno, da questo dovremmo imparare, senza demolarizzarci.
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Alfred
Friday, 03 February 2023 09:40
Quanta foga e volonta' contro ... Bifo?
Non ho visto il documentario e non voglio rifarmi a dinamiche di soli movimenti italiani. Non erano i soli nel mondo.
Se oggi c'e' una verita' sotto gli occhi di tutti e che uno dei piu ricchi al mondo ammette candidamente (Warren Buffet) e' che la guerra di classe esiste e che dalle ultime lotte nel mondo (non solo nel nostro pollaio) il vincitore e' la sua classe, quell'uno per cento, omogeneo nelle varie aree globali, piu o meno.
Con questo oggi dobbiamo fare i conti tutti, chi e' con Bifo, chi e' contro di lui.
Se acrimonia deve essere direi che il bersaglio non puo' essere rivolto al passato, ma al futuro.
Dal passato si impara, forse.
una mia parente diceva che e' difficile imparare dai propri errori e quasi impossibile da quegli degli altri, ma non e' il mio mantra di riferimento.
facciamo conto che si impari a far meglio, da li in poi si deve guardare avanti e lottare per il futuro.
Volete proprio sapere se penso che fosse ineluttabile perdere? si, lo era, ma era solo un round e le ragioni sono tante, compresa la sproporzione tra le forze dei movimenti di quegli anni e la potenza di fuoco (mediatica, in soldoni, in istituzioni, in cattiveria estrema ecc) che i movimenti tutti non percepivano nella sua interezza e pervasivita'. Ribadisco, nella storia e' solo un round, ce ne saranno altri. Se proiettiamo nel futuro le sconfitte del presente o del oassato, inutile dire come finira'.
Saluti
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Michele Castaldo
Friday, 03 February 2023 07:08
Noi abbiamo perso? Scusa Bifo: noi chi? e perso cosa?
Se il "noi" si riferisce a chi pensava in quegli anni di essere vicino al cielo e alla possibilità di assaltarlo, quel noi ha perso. Se poi si pensava a un mondo nuovo e diverso grazie alla volontà di volenterosi, si è persa una illusione. Dunque esce sconfitto chi pensava e la cosa pensata. Altrimenti detto: esce sconfitta l'illusione di aver capito il mondo e come trasformarlo.
Qual'è il paradosso, caro Bifo? Che negli anni in cui il modo di produzione capitalistico, come movimento storico ormai divenuto mondiale, mostrava ancora segni di vitalità, "noi" - ahi noi! - pensammo di poterlo abbattere. Noi tutti, in modo particolare i grandi “pensatori”, eravamo solo dei dilettanti allo sbaraglio . Oggi che quel moto-modo storico ha imboccato, per motu proprio, cioè per le sue leggi di funzionamento, il viale definitivo della sua crisi e si aprono nei fatti prospettive nuove, anche se non ancora identificabili, Bifo e i bifiani - alla Mark Ficher- recitano il de-profundis. Si invoca un suicidio collettivo sull'esempio di Fisher piuttosto che ammettere di NON AVER CAPITO COS'ERA IL CAPITALISMO? Ecco la stupidità dell'uomo individuo individualista. Fece danni allora illudendosi e illudendo, e fa danni oggi tentando di scoraggiare chi si sforza di leggere nelle leggi oggettive del modo di produzione un movimento «finito», proprio perché era iniziato. Perché sennò menzionare i 500 anni, caro Bifo, se non per voler dire che ormai siamo a « fine storia » come sostengono i liberisti sulle orme di Hayek e Fukuyama?
Dammi retta Bifo: in certi casi il silenzio è d’oro!
Michele Castaldo
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Franco Trondoli
Friday, 03 February 2023 10:11
Devo dire che mi ritrovo in quello che dice Michele Castaldo.
Individualmente però non contiamo nulla.
E quel "nulla" è una condizione esistenziale pesante.
Cordiali Saluti
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AlsOb
Friday, 03 February 2023 06:48
Quando la fiera rivolta francese riuscì a rimuovere il presidente De Gaulle e i protestari si sentirono soddisfatti della inverosimile sostituzione con il grigio, anonimo e neoliberale Pompidou, fu chiaro che la rivoluzione colorata aveva raggiunto il suo principale scopo.
In accordo con Marx, appare più che ragionevole, specie dopo uno straordinario, inimmaginabile e unico boom economico come quello italiano, attendersi, per le trasformazioni sociali e culturali indotte, situazioni e dinamiche di conflittualità più intense, con la possibile comparsa di manifestazioni caratterizzate da gesti di insofferenza e ribellismo più accentuati. Tuttavia non dovrebbe essere scontato aspettarsi che gli spontaneisti ribellisti apparentemente ambiziosamente rivoluzionari si trasformino, in gran parte e velocemente in agenti complici di una operazione di spietata e retrograda restaurazione di potere di classe assolutistico nella forma del neoliberalismo fascista. Al di la del frustrante e soggettivo sentimento di scontentezza e percezione di sconfitta, l'ppariscente dato storico è rappresentato dalla fragilità intellettuale e ideologica evidenziata da molti e loro irriflessiva conversione con tutta la sinistra al dialettico ruolo di promotori del neoliberalismo fascista.
La classe dominante, spaventata e avversa a ogni incontrollato successo del capitalismo, per gli sgraditi effetti conflittuali e “ontologico sociali”, con la strumentale e scaltra trasformazione in fenomeni mediatici e politici di quelle che erano diventate screditate teorie, relegate tra il folclorico e il superstizioso, riuscì a imporre, senza incontrare quasi resistenza, una impressionante virata paradigmatica e di potere, rappresentata dal neoliberalismo dogmatico fascista, che economicamente riproduce una struttura schiavistica neomedievale di sfruttamento, socialmente una marcata divisione di classe e diffusa estensione del sottoproletariato, antropologicamente scadimento delle prospettive di vita e psicologiche con la passiva accettazione della condizione individualista in perenne stato di incertezza e scommessa, con relativa autocolpevolizzazione per gli insuccessi, e moralmente una programmatica e radicale svalutazione e amputazione spirituale della persona umana.
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AlsOb
Friday, 03 February 2023 06:33
Quando la fiera rivolta francese riuscì a rimuovere il presidente De Gaulle e i protestari si sentirono soddisfatti della inverosimile sostituzione con il grigio, anonimo e neoliberale Pompidou, fu chiaro
Quando la fiera rivolta francese riuscì a rimuovere il presidente De Gaulle e i protestari si sentirono soddisfatti della inverosimile sostituzione con il grigio, anonimo e neoliberale Pompidou, fu chiaro che la rivoluzione colorata aveva raggiunto il suo principale scopo.
In accordo con Marx, appare più che ragionevole, specie dopo uno straordinario, inimmaginabile e unico boom economico come quello italiano, attendersi, per le trasformazioni sociali e culturali indotte, situazioni e dinamiche di conflittualità più intense, con la possibile comparsa di manifestazioni caratterizzate da gesti di insofferenza e ribellismo più accentuati. Tuttavia non dovrebbe essere scontato aspettarsi che gli spontaneisti ribellisti apparentemente ambiziosamente rivoluzionari si trasformino, in gran parte e velocemente in agenti complici di una operazione di spietata e retrograda restaurazione di potere di classe assolutistico nella forma del neoliberalismo fascista. Al di la del frustrante e soggettivo sentimento di scontentezza e percezione di sconfitta, l'ppariscente dato storico è rappresentato dalla fragilità intellettuale e ideologica evidenziata da molti e loro irriflessiva conversione con tutta la sinistra al dialettico ruolo di promotori del neoliberalismo fascista.
La classe dominante, spaventata e avversa a ogni incontrollato successo del capitalismo, per gli sgraditi effetti conflittuali e “ontologico sociali”, con la strumentale e scaltra trasformazione in fenomeni mediatici e politici di quelle che erano diventate screditate teorie, relegate tra il folclorico e il superstizioso, riuscì a imporre, senza incontrare quasi resistenza, una impressionante virata paradigmatica e di potere, rappresentata dal neoliberalismo dogmatico fascista, che economicamente riproduce una struttura schiavistica neomedievale di sfruttamento, socialmente una marcata divisione di classe e diffusa estensione del sottoproletariato, antropologicamente scadimento delle prospettive di vita e psicologiche con la passiva accettazione della condizione individualista in perenne stato di incertezza e scommessa, con relativa autocolpevolizzazione per gli insuccessi, e moralmente una programmatica e radicale svalutazione e amputazione spirituale della persona umana
la rivoluzione colorata aveva raggiunto il suo principale scopo.
In accordo con Marx, appare più che ragionevole, specie dopo uno straordinario, inimmaginabile e unico boom economico come quello italiano, attendersi, per le trasformazioni sociali e culturali indotte, situazioni e dinamiche di conflittualità più intense, con la possibile comparsa di manifestazioni caratterizzate da gesti di insofferenza e ribellismo più accentuati. Tuttavia non dovrebbe essere scontato aspettarsi che gli spontaneisti ribellisti apparentemente ambiziosamente rivoluzionari si trasformino, in gran parte e velocemente in agenti complici di una operazione di spietata e retrograda restaurazione di potere di classe assolutistico nella forma del neoliberalismo fascista. Al di la del frustrante e soggettivo sentimento di scontentezza e percezione di sconfitta, l'ppariscente dato storico è rappresentato dalla fragilità intellettuale e ideologica evidenziata da molti e loro irriflessiva conversione con tutta la sinistra al dialettico ruolo di promotori del neoliberalismo fascista.
La classe dominante, spaventata e avversa a ogni incontrollato successo del capitalismo, per gli sgraditi effetti conflittuali e “ontologico sociali”, con la strumentale e scaltra trasformazione in fenomeni mediatici e politici di quelle che erano diventate screditate teorie, relegate tra il folclorico e il superstizioso, riuscì a imporre, senza incontrare quasi resistenza, una impressionante virata paradigmatica e di potere, rappresentata dal neoliberalismo dogmatico fascista, che economicamente riproduce una struttura schiavistica neomedievale di sfruttamento, socialmente una marcata divisione di classe e diffusa estensione del sottoproletariato, antropologicamente scadimento delle prospettive di vita e psicologiche con la passiva accettazione della condizione individualista in perenne stato di incertezza e scommessa, con relativa autocolpevolizzazione per gli insuccessi, e moralmente una programmatica e radicale svalutazione e amputazione spirituale della persona umana
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Andrea
Friday, 03 February 2023 00:07
Eh, no, caro Bifo.
Il fatto che la TUA volontà non abbia potenza non significa che non ci sia potenza nella volontà di qualcun altro.
Chi, come te, si definisce "agitatore culturale", non ha capito che l'"agitazione" senza una preventiva, precisa focalizzazione di obbiettivi, e di mezzi con cui renderli possibili, con tanto di prefigurazione di mezzi alternativi in caso di fallimenti intermedi, non è altro che l'accelerazione di una sterile entropia: il tuo nemico di classe, è vero, ha più strumenti, e scarica l'entropia sulla classe che tu rappresenti, o supponi di rappresentare, ma il fatto che tu desuma da libri di altrui seghe mentali il perché e il per come della sconfitta TUA e di coloro che hai voluto rappresentare (loro malgrado...), è già un pessimo segnale. Il segnale del fatto che non hai capito nulla. Neanche dopo esserti messo alla testa di una battaglia che tu, e quelli come te, avete fatto di tutto per perdere: le spese di guerra però le stanno pagando altri.
Chi abbia studiato un minimo, ma davvero un MINIMO, ride in faccia a chi, come te, s'incazza con una pletora di ragazzini borghesi che hanno abbastanza mezzi per andare in Germania ad agitarsi per una battaglia di retroguardia, mentre altri ragazzini in miseria crepano, nel tuo silenzio, sotto le armi costruite da quegli stessi yankee di cui "Ultima Generazione" non è altro che uno spin off di distrazione. E costruite in uno squallido "giardino" da difendere in cui evidentemente non si vede oltre la siepe. E tu dimostri che non si vuole vedere
Se avessi studiato Galileo un minimo, dico UN MINIMO, non ti saresti fatto infarloccare dall'imminenza della... catastrofe climatica. Vai in Palestina, in Libia, in Congo o in Venezuela a parlare della catastrofe climatica, e vedi cosa ti rispondono, non rimanere nella tua confortevole Bologna: dove, è evidente, non ci sono altri problemi rispetto a quello asserito dai giardinieri a cui tira il culo che ci sia un mondo che se ne sbatte dei loro... allarmi climatici, utili più che altro al Build Back Better del tuo amico Biden, che ha paura che un economia di carta, a cui basta quel minino di energia che viene da buffi specchi al silicio e ridicole ventole in acciaio, rame, neodimio e vetroresina, si faccia sorpassare dall'economia concreta che i suoi, e tuoi, concorrenti emergenti stanno cavalcando per liberarsi di quelli come noi.
A proposito di silicio, acciaio (a cui sono necessari sia il ferro che il... carbone), rame, neodimio e vetroresina: parliamo di estrattivismo, dott. Berardi?
Ce lo meritiamo Bifo. E ce lo meritiamo anche perché la massa di noi si è fidata di chi ha giocato con l'immaginazione al potere, cioè della faciloneria di chi pensa che ci siano soluzioni facili a problemi complessi. Come Bifo.
Se avessi perso solo tu non sarebbe un problema. Il problema è che non è così. Li ho visti, quelli della tua generazione, mettersi davanti ai ragazzini a rimproverarli del fatto che non fanno assalti al cielo come i tuoi, che pontificano che “in Toscana fanno batterie impilando la carta stagnola”, come se loro avessero ottenuto qualcosa in più di ciò che sta riducendo quei ragazzini a schiavi, e pure poco svegli. Come gli yankee che, dopo avere perso vent'anni di guerra contro dei pecorai di montagna (che per me è un complimento) vengono in Europa a insegnare come vincere la guerra contro i Russi. E noi giardinieri gli crediamo, con quei bei risultati che si vedono.
Il fallimento è il tuo. E di chi, come me, anche solo per un attimo ha preso sul serio te e quelli come te.
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Alfred
Thursday, 02 February 2023 21:29
Il movimento a cui abbiamo partecipato affermò che l’uguaglianza e la fraternità sono il solo metodo che può permettere al mondo di sfuggire all’orrore. Ecco tutto. Non sbagliammo a dire questo. Era vero, ed è vero anche adesso. Ma è una verità inoperante, perché le condizioni culturali, psichiche e ambientali rendono l’uguaglianza utopica e la fraternità impossibile...

Leggendo mi e' venuto in mente che abbiamo dimenticato di condannare la rapacita' e l'avidita' e cercare di bandirle come il peggior nemico della convivenza sociale.
Non e' solo questione di fratellanza e uguaglianza, si tratta di considerare questi due aspetti dell'umano una patologia del vivere sociale.
Abbiamo lasciato che diffondessero rapacita'e avidita' come bibbie.
Scusate la poca profondita', ho rispolverato due film che mi hanno fatto incazzare per i tipi umani e le dinamiche
Trovo che se qualcuno ha vinto (la lotta di classe vinta dalla classe vinta dai sodali di Warren Buffet, direi) lo ha fatto promuovendo leve umane che Gekko spiega cosi:
Greed is right, greed works. Greed clarifies, cuts through, and captures the essence of the evolutionary spirit. Greed, in all of its forms; greed for life, for money, for love, knowledge, has marked the upward surge of mankind. And greed, you mark my words, will not only save Teldar Paper, but that other malfunctioning corporation called the USA. Thank you very much.''
Gordon Gekko, Wall Street, 1987

"Someone reminded me I once said "Greed is good". Now it seems it's legal. Because everyone is drinking the same Kool-Aid."
Gordon Gekko, Wall Street - Il denaro non dorme mai, 2010
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